Teatro

Verso Paradiso, il teatro delle Albe sulle tracce di Dante Alighieri

27 Giugno 2021

Inseguendo il Paradiso. La terza, ultima meta di quella imponente lettura teatrale della“Commedia”di Dante a Ravenna, pensata, studiata e realizzata dal teatro delle Albe per il settimo centenario della scomparsa del Vate è ancora da venire. Tappa ambiziosa e necessaria che nelle sue biennali cadenze,“Inferno” (2017) prima e “Purgatorio” poi (2019), ha dischiuso emozionanti e inediti percorsi, collegando contemporaneità e passato, stimolando così, in termini popolari, la riscoperta di un’opera esemplare per la nostra stessa esistenza, avrebbe dovuto sigillare il cerchio con l’ultima cantica, proprio di questi giorni. Un allestimento che, come i precedenti pensati e diretti da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, sarebbero stati un partecipato momento pubblico, forma mirabile di teatro civile che lega la poesia alla scena, il verso all’immagine e alle visioni. Ma la pandemia ha costretto a rivedere i piani, ripensare l’azione, lasciare un segno, una tangibile traccia che come un filo ricollegasse l’oggi al domani. Ecco così aprirsi le pagine della bella rivista on line “Doppiozero” che ha iniziato a raccogliere testimonianze e umori ispirati dal grande arazzo del fiorentino. Spazio della scrittura come “spazio di un’attesa condivisa, un racconto-diario scritto da Marco Martinelli e racconti-sapere di studiosi e amici del Sommo. Fili differenti per “dialogare con l’ago” e tessere visioni”. Nasce così la decisione di procedere comunque nel progetto di tenere in tensione lo stato di attesa per l’ultimo evento comunque previsto per il prossimo anno. Fedeli in questo alla voglia e alla passione di “mettere in vita” la “Divina Commedia”, sapendo che è “la potenza stessa del poema che “mette in vita chi si avventura all’interno”.

L’Opening Act della maratona tenutasi a Ravenna dal tramonto di venerdì all’alba del sabato. “Verso Paradiso” del teatro delle Albe (foto Zani-Casadio)

Ed ecco così, in collaborazione e coproduzione con Ravenna Festival, diretto da Cristina Muti, Antonio De Rosa, Franco Masotti e Angelo Nicastro l’idea di procedere “Verso Paradiso”con una chiamata a tutte le attrici e gli attori di Ravenna, con le musiche di Luigi Ceccarelli. Nella testa di Martinelli e Montanari il desiderio di lanciare un segno di speranza in un happening della durata di una sola notte: dal tramonto alle prime luci dell’alba con una lettura integrale della terza parte della Commedia da parte appunto di ttu gli attori e attrici di Ravenna la sera di venerdì 25 giugno. Lettura accompagnati dalle musiche di Luigi Ceccarelli eseguite da Vincenzo Core, chitarra elettrica, Giacomo Piermatti, contrabbasso, Gianni Trovalusci, flauti, Andrea Veneri, live electronics, e con Mirella Mastronardi, voce; sound design di Marco Olivieri, disegno luci di Fabio Saijz, direzione tecnica di Enrico Isola.

Ed ecco così nello spazio dei Giardini Pubblici, nello sfondo la bellissima Loggetta Lombardesca del Cinquecento mentre nel cielo i contorni della coeva Basilica di Santa Maria in Porto si confondono in un cielo blu già notturno, le due guide, Martinelli e Montanari, hanno dato il via a una orazione in cui i versi di Dante hanno risuonato in tutta la loro bellezza musicale, esprimendo anche la forza di un esorcismo per il tempo che verrà.

Ermanna Montanari e Marco Martinelli aprono la lettura dei canti di Dante Alighieri in “Verso Paradiso” per il Ravenna festival (foto Zani-Casadio)

Non è poi tanto assurdo pensare che la “Commedia”sia un po’ il nostro Libro Tibetano. Una delle differenze sta sul fatto che le indicazioni per i momenti di passaggio sono criptiche e si annidano tra le pieghe di una scrittura solo apparentemente popolare. Sono canti da cantare e introiettare dentro di noi per trasmettere saggezza e verità. Un’opera cioè esoterica trasparente e cangianteCerto, la meta agognata del “Paradiso”terza e ultima tappa del viaggio non è stata ancora raggiunta. Ma il prossimo anno arriverà. E questo happening di una sola notte con la lettura integrale dei trentatré canti del “Paradiso” è stata come una preghiera laica. Marco Martinelli, è stato questo il senso della veglia di poesia?

“Che le montagne vanno scalate. Sempre. Senza paura. E il “Paradiso” è una “montagna sacra”, fai bene a pensare al Tibet. Un’ardua montagna, fatta di filosofia, teologia, e parole antiche di cui oggi non comprendiamo più il senso. Giorgio De Chirico, il pittore, si definiva “un moderno in fuga dal moderno”. Questo noi siamo, gente che non rinnega la “ragione”, ma che comprende quanto avevano ragione gli antichi, da Platone in poi: la “ragione” non è “tutto”. Il Tutto ci supera, e in questo Dante è al passo con la meccanica quantistica, con quella scienza contemporanea che si affaccia sul Mistero”.

“Verso Paradiso” a Ravenna Festival. Una suggestiva immagina della Loggetta Lombardesca e la basilica di Santa Maria in Porto (foto Zani-Casadio)

La rivista “Doppiozero”ha ospitato il tuo memoriale di una riflessione e di un lavoro iniziato nel 2017. Racconto in presa diretta di un confronto tra la poesia dantesca che si fa teatro delle Albe.

“Io e Ermanna ci siano innamorati di Dante sui banchi del liceo Dante Alighieri di Ravenna, negli anni Settanta del secolo scorso. Una storia lunga. Un destino. E poi nel 2017 Ravenna Festival ci ha messo a disposizione i mezzi e l’entusiasmo del coproduttore per realizzare l’attraversamento dell’opera, a lungo sognata negli anni. Nel ’17 Inferno,nel ’19 Purgatorio, e il Paradiso nel ’21, rimandato per Covid al ’22. Non potevamo far diversamente: Dante lo abbiamo affrontato con il metodo dell’assembramento dionisiaco, con centinaia e centinaia di cittadini, protagonisti con noi, come noi desiderosi di fare il viaggio dalla “selva oscura”. Vietato assembrarsi, vietato Dioniso, ergo si rimanda. Ma per non rimandare solamente, per non deprimerci… ci siamo inventati questa lettura integrale che è “Verso Paradiso”, una cascata di ore e di versi, intrecciati alle musiche di Ceccarelli, dal tramonto all’alba. Abbiamo chiamato a raccolta tutte le attrici e gli attori di Ravenna, senza distinzioni, senza esclusioni: gruppi d’avanguardia, attori singoli, teatro ragazzi, compagnie dialettali. Tutti è una parola sacra, diceva Aldo Capitini. Siamo più di settanta. In questo senso “Verso Paradiso” è un gesto politico, perché il Festival pagherà tutti i partecipanti, e questo, in tempi di pestilenza, assume un rilievo doppio”.

Una scena al teatro Rasi tratta dall’allestimento dell'”Inferno” edizione 2017, realizzato dal teatro delle Albe per Ravenna Festival (foto Demian)

Attraverso la poesia di Dante si può leggere il nostro tempo? Luca Doninelli nel diario di “Doppiozero” dice che la veglia è il luogo del mistero, prima fonte di stupore, il “logos” che non conosce fine né pause. Presagio che dopo la pandemia ci sarà un nuovo inizio?

“C’è sempre un nuovo inizio, dopo una catastrofe. In questo Dante, e la più feconda tradizione dell’Occidente, sono in sintonia con la miglior spiritualità d’Oriente. Si parlano in profondità. Evitiamo quindi facili e banali formule new age, ma al tempo stesso non dimentichiamo mai quanto l’umanità sia una, e quanto, nelle differenze, tenda a elaborare un pensiero che ci salvi dai pantani. Dalle “selve oscure”, dalle “dark forest”, come mi hanno insegnato i centocinquanta bambini e adolescenti con cui ho messo in scena il poema a Kibera, uno degli slum più terribili e pericolosi di Nairobi”.

Altro fuoco inestinguibile, afferma ancora Doninelli nel suo scritto sulla rivista “Doppiozero”dedicato a “Verso Paradiso”, è il desiderio, La sua assenza in realtà è un labirinto che non conosce uscita. Destra? Sinistra? Trovare la strada per rivedere le stelle come accadde nel canto dell’Inferno uscendo nel giardino nascosto del teatro Rasi accolti da una solida pianta con tronchi e rami robusti.

Scena dedicata a Joseph Beuys  tratta dal “Purgatorio” del teatro delle Albe edizione 2019  di Ravenna Festival (foto Demian)

“E’ il desiderio solo che conta. Se desideriamo, significa che siamo ancora vivi. In questo Doninelli ha perfettamente ragione, è degno erede dell’Alighieri. In quella solida pianta che hai ricordato, c’era appoggiata un’altissima scala azzurra che puntava al cielo. Quella scala è dentro ognuno di noi. E non importa, alla fin fine, se sei cristiano, buddista, ateo, o quello che vuoi, l’importante è quella scala azzurra, e la tua volontà di non perderla, di alimentarne la fiamma, di praticarne ogni giorno la scalata. Un free climbing dello spirito”.

Dalle tenebre dell'”Inferno” alla luce del “Paradiso”. Ancora sul “desiderio”. In Nel nome di Dante, il tuo palpitante percorso autobiografico per “diventare grandi con la “Divina Commedia” pubblicato due anni fa da Ponte alle Grazie, citi l’Epistola XIII a Cangrande in cui Dante dice che ha scritto la “Commedia” per rimuovere i mortali dallo stato di miseria e condurli alla felicità. Il punto che “grida dentro di noi è proprio quello: il nostro desiderio”. Così rifletti, affermando che “Abbiamo fame di luce. E Virgilio, il “dolce padre” come lo chiama Dante. Glielo spiega per bene: se vogliamo arrivare alla luce, dobbiamo prima attraversare le tenebre. E passare attraverso l’inferno, il “cieco carcere”, il labirinto in cui l’umanità si trasforma in mostro, e guardare in faccia il male, in tutte le sue orride variazioni”. D’altra parte osservi come “noi contemporanei l’inferno lo conosciamo bene. Siamo specialisti di inferni, e soprattutto di inferni senza uscita”.

La scaletta azzurra posata sull’albero, scena conclusiva dell’ “Inferno” nell’allestimento del teatro delle Albe edizione 2017 per Ravenna Festival (foto Demian)

“Purtroppo spesso è così. E d’altronde, guardando come l’umanità sta distruggendo il pianeta, come dar torto agli apocalittici? Guarda il nostro meraviglioso Mediterraneo: un cimitero di morti, una tragedia che dura da decenni e che non pare aver fine, e dall’altra uno dei mari più inquinati dalla plastica, un immondezzaio a cielo aperto. Cosa rispondi, a un adolescente che ti chiede conto di come abbiamo trasformato il mondo in un inferno? Eppure. Eppure il tempo ci è dato, per cambiare rotta. E la rotta riguarda il nostro io quotidiano, il nostro spendere beneil tempo, il nostro non disperdere gli affetti, la bellezza, la sacralità dei nostri atti. Da lì inizia la vera rivoluzione, intendo quella che cambia silenziosamente le nostre vite, e in prospettiva le vite di tutti, non i proclami da salotto, il mettersi in posa da ribelli, il “sembrare della rivolta”, diceva Albert Camus”.

Nel Canto XI del “Purgatorio” Oderisi ricorda come Cimabue al massimo della celebrità fu superato nell’arte pittorica da Giotto. E lo stesso accadde in poesia tra i due Guido (Guinizelli e Cavalcanti). “E’ nato chi l’uno e l’altro caccerà dal nido”. L’ansia per la gloria, la ricchezza e il possesso condannerà l’umanità a una sua mutazione? Cosa accadrà nel “quarto pezzo”, cioè dopo il “Paradiso”?

Ultima scena del “Purgatorio” del teatro delle Albe nella edizione 2019 di Ravenna Festival. La scena è dedicata a Greta Thunmberg (foto Silvia Lelli)

“Ah, se intendi quello che abbiamo in testa io e Ermanna, come nuova opera dopo la Commedia, per ora è un segreto. La stiamo covando. Ma intanto Ermanna ha fondato a Ravenna una splendida Scuola di Vocalità, dopo una vita spesa ad attraversare la voce su tanti palchi del mondo. E l’ha intitolata“Malagola”, dal nome del palazzo ravennate in cui l’ha installata: un nome – è quello della famiglia patrizia che fece costruire il palazzo nel Settecento – quanto mai azzeccato per una scuola di vocalità, non trovi? Coadiuvata da Enrico Pitozzi, docente dell’Università di Bologna, sta immaginando di portare nella scuola poeti e artisti che possono dire molto sul mistero della voce, da Vinicio Capossela a Moni Ovadia, da Meredith Monk a Mariangela Gualtieri”.

Il Teatro. Quanto di questa lunga avventura dantesca resterà attaccato come seconda pelle all’arte delle Albe? Il teatro corale e partecipato, misto di antica laude e urlo di rivolta sarà la culla del dopo pandemia?

“Anche qui, e tu lo sai bene, è una lunga storia. Il teatro corale del Cantiere Dante è lo sviluppo di decenni di teatro corale con gli adolescenti, in quella che fin dai primi anni Novanta abbiamo chiamato non-scuola. E stiamo pensando di far sbocciare il Cantiere Dante, dopo il ’22, nel Cantiere Malagola, all’interno del palazzo, un luogo dove tenere aperto il confronto con i cittadini, il mettersi reciprocamente in gioco tra artisti e popolo, l’arte e la poesia”.

Più si avvicina la cantica del “Paradiso” e più circola la sensazione della crescita di attenzione verso un mondo nuovo. Sarà vera catarsi?

“Noi lavoriamo per questo”.

La processione nelle strade del centro di Ravenna in “Inferno”del teatro delle Albe per l’edizione 2017 di Ravenna Festival  (foto Silvia Lelli)
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