Teatro
Un teatro stabile nel carcere di Volterra, e ora Punzo guarda all’Europa
Il 2023 sarà l’anno giusto. Quello da ricordare per la Compagnia della Fortezza di Volterra e il suo infaticabile motore, il regista Armando Punzo, colui che quel gruppo di teatranti ha inventato e diretto dentro il carcere nella storica fortezza medicea dell’antica città toscana fondata dagli etruschi. Proprio alcuni giorni fa ha ricevuto la notizia di esser stato scelto per ricevere l’ambito riconoscimento del Leone d’oro alla carriera nella prossima edizione della Biennale Teatro di Venezia, diretta ancora per questo anno dalla coppia di teatranti formata da Stefano Ricci e Gianni Forte. E ora finalmente l’annuncio dell’ok al progetto del teatro stabile tra le possenti mura del luogo di detenzione. Sarà il primo in Italia e rappresenta anche il coronamento finale di un sogno inseguito per trentacinque anni. Nasce praticamente con i primi lavori della Compagnia, fondata nel 1988, e cresce lungo un percorso fatto di fatica e sacrifici costellato da allestimenti importanti e un impegno costante e quotidiano dentro uno spazio difficile. Così racconta quei lontani esordi Armando Punzo. “Quando siamo entrati in carcere per la prima volta nel 1988, pareva impossibile far nascere un teatro dentro quelle mura. “L’impossibilità” in un carcere si manifesta concretamente nella sua struttura, nella sua funzione, nelle leggi scritte che lo regolano e in quelle non dette che lo abitano. E quell’impossibilità non era solo un’idea, era anche una sensazione fisica che si manifestava in noi stessi e in chi guardava dall’esterno: si stava forzando un limite culturale che era negli altri, ma anche in noi stessi.
Impossibile come scelta, come utopia, come necessità, ma anche come stato o condizione. L’impossibile come attitudine della mente e del corpo attraverso cui spingersi alla ricerca di una propria espressione. E’ da sensazioni fisiche ed emotive che hanno via via preso corpo le prime suggestioni che ci hanno portato a far nascere il progetto de “I teatri dell’Impossibile”, di cui la Compagnia della Fortezza è fulgida incarnazione”. Con il passare del tempo e grazie a un lavoro regolare tra quelle mura “il teatro si è incuneato come terzo interlocutore nella quotidianità dell’istituzione carcere, da un lato, e dei detenuti, dall’altro. Sparigliando le carte in un piccolo universo chiuso e sconosciuto all’esterno – spiega ancora Punzo nella prima pagina del sito dedicato alla formazione teatrale- il teatro della Compagnia della Fortezza è riuscito a trasformare il carcere di Volterra -allora considerato uno dei più duri e punitivi d’Italia- in un istituto modello”.Durante l’inverno e la primavera si lavora alla realizzazione degli spettacoli che verranno come consuetudine presentati nel mese di luglio a Volterra per essere poi circuitati attraverso rassegne e festival in tutta la Penisola. La prima messa in scena fu “La Gatta Cenerentola” di Roberto de Simone nel 1989 seguita l’anno successivo da “Masaniello” di Elvio Porta e Armando Pugliese. E poi, via via, ogni anno un nuovo allestimento, molti dei quali hanno lasciato un segno importante nella storia del teatro contemporaneo italiano. Spettacoli come “Marat Sade” di Peter Weiss (1993), “I Negri” di Jean Genet (1996), “Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto (1998), le tragedie di Shakespeare “Macbeth” (2000) e “Amleto (2001) e più di recente “Pinocchio. Lo spettacolo della Ragione” (2008”), “Romeo e Giulietta. Mercuzio non vuole morire” (2012) fino ai recenti “Beatitudo” (2018), un’opera di culto, e la serie di “Naturae” aperta nel 2019 con “Ouverture” e proseguita con “La vita mancata. 1° quadro”) e “La valle dell’innocenza. 2° quadro” (entrambi nel 2020), “La valle dell’annientamento. 3° quadro” (2021) e “La valle della permanenza” 4° quadro” presentato l’anno scorso, raccontano la storia di una ricerca e un teatro nati e sviluppati con caparbietà e ostinazione. Si tratta di lavori, in modo particolare questi ultimi, che vanno ad indagare nel cuore stesso dell’esistenza umana.
Regalando emozioni aprono interrogativi. Dice il regista napoletano a proposito dell’ultimo allestimento, quello sulla Valle della permanenza: “è la rivelazione, la riscoperta in noi di qualità dimenticate, negate, soppresse. è frutto della contro-scrittura che si è generata in questi otto anni, come un filtrato luminoso che si opponeva alla mancanza di luce e speranza che avevamo riscontrato in noi e negli altri.” E, alludendo alla nostra contemporaneità: “Non possiamo credere di essere arrivati alla fine della storia, è innaturale e non serve a migliorare la nostra esistenza, le relazioni tra gli uomini, una diversa idea di comunità fatta di persone sensibili e il futuro della nostra terra. L’homo sapiens è solo una fase, dobbiamo lavorare per guadagnarci l’homo felix, dobbiamo far crescere in noi la ricerca della libertà, dell’amore, della felicità. dobbiamo ricominciare a sognare un nuovo uomo e imporlo alla realtà”.
Così allo stesso modo è nata la sfida all’impossibile della Compagnia della Fortezza, ovvero “fare degli angusti spazi che fino ad oggi hanno ospitato la sua attività (alcune ex celle, il Teatro Renzo Graziani -una trentina di metri quadri anch’essi ricavati da ex celle-, un corridoio e -in alcuni periodi dell’anno, grazie alla disponibilità di tutti i detenuti che rinunciano alle attività sportive e ricreative- alcuni cortili all’esterno) il primo Teatro Stabile in Carcere al mondo”.
Ed ecco così il Grande Giorno. Il momento in cui si tocca con mano il sogno che è a due passi dalla realtà. Armando Punzo e la Compagnia della Fortezza, dentro le mura del carcere, proprio nel luogo ridotto che è la biblioteca, ed è stato il pensatoio, il luogo per eccellenza dove tutti gli allestimenti sono stati ideati, pensati e costruiti, circondati dagli amici e da chi ha contribuito in un modo o in un altro che si scalasse per la prima volta il cielo, ecco presentare quella che sarà la forma fisica del “primo Teatro Stabile in Carcere al mondo”.
Il progetto, promosso dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, è nato “dalla necessità di realizzare all’interno del carcere di Volterra uno spazio adeguato allo svolgimento di attività teatrali formative e professionalizzanti per i detenuti”. Ci sono tutti i rappresentanti delle istituzioni. Dal sindaco di Volterra Giacomo Santi alla direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccolo, gli inviati da Regione e associazioni del territorio. E poi i collaboratori di Carte Blanche, i detenuti attori della Compagnia della Fortezza e il mondo della cultura. A iniziare dal co-direttore artistico della Biennale Teatro Stefano Ricci, il giornalista televisivo Domenico Iannacone, Aniello Arena, attore storico della Compagnia.
A presentare l’opera l’ideatore stesso, l’architetto Mario Cucinella, fondatore e direttore creativo di MCA che così ha raccontato le premesse del lavoro di progettazione da realizzare in partnership con la Compagnia: “Con questo progetto abbiamo raccolto una duplice sfida: da un lato la necessità di dotare il carcere di uno spazio teatrale polivalente, leggero e flessibile, in dialogo con la storia del luogo, dall’altro creare un luogo di cultura nuovo per la Città di Volterra, immaginando uno spazio che si possa inserire nel sistema già esistente. Il progetto si propone infatti di accrescere l’offerta culturale a vantaggio di tutta la comunità e di promuovere la formazione professionale in ambito teatrale dei detenuti-attori; un nuovo spazio a disposizione della Città che consolida l’attività e l’impegno della Compagnia della Fortezza di Armando Punzo”.
Queste, in sintesi le linee progettuali dello spazio che sorgerà dentro il carcere e nei fatti permetterà di poter lavorare e rappresentare tutto l’anno. Sarà _ha spiegato ancora l’autore del progetto, Mario Cucinella, che al termine della sua narrazione ha regalato a Punzo il modellino in cartoncino bianco del futuro teatro _ un padiglione di 400 metri quadri per una capienza di 250 posti: “All’interno si potranno svolgere le attività proprie della produzione teatrale, incluse quelle professionalizzanti e spendibili sul mercato del lavoro. Inoltre, un ingresso che collegherà in maniera più agevole l’esterno con l’interno consentirà la fruizione degli spettacoli da parte del pubblico durante tutto l’anno”. Per quanto riguarda la sala, questa “sarà realizzata con un approccio sostenibile, utilizzando tecnologie a secco e materiali naturali per consentire il rapido montaggio/smontaggio”. In merito invece al condizionamento dell’edificio “è stato proposto un sistema per minimizzare le dispersioni termiche e garantire un elevato confort. Il progetto è quindi concepito come una macchina scenica e bio climatica, che consentirà lo svolgimento delle attività teatrali all’interno di uno spazio dagli elevati livelli di benessere ambientale e visivo”.
Il progetto, nelle intenzioni dei suoi realizzatori ambisce ad essere un modello e un punto di riferimento anche per altre città e realtà carcerarie che in questo modo si trasforman “ in istituto di cultura, luogo di produzione teatrale e laboratorio di umanità. Un progetto che favorisce un percorso non solo per la formazione professionale e culturale dei detenuti, secondo le loro abilità e attitudini, ma anche il loro reinserimento nel mercato del lavoro”.
A questo punto crescono anche le ambizioni. Armando Punzo guarda più lontano. Pensa infatti a come la scena possa attrarre e selezionare tra i detenuti, in campo nazionale, non solo i “i più dotati come attori”, danzatori, musicisti, drammaturghi e registi ma anche coloro che sono interessati a lavorare in campo scenografico, illuminotecnico, costumi, organizzazione e amministrazione. “Una compagnia formata in questo modo può lavorare tutto l’anno e produrre più spettacoli da portare in tournée nei festival e nei teatri più importanti d’Italia. E poiché da sogno nasce sogno, c’è già una nuova sfida all’orizzonte: la Compagnia della Fortezza nei teatri d’Europa”.
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