Teatro

Un matrimonio di mandorle e sangue

9 Febbraio 2015

Se detestate la melensa retorica di sanvalentino, con i tavolini apparecchiati per due e le candele anche nelle bettole; se non volete deprimervi davanti alla finale di Sanremo, vi invito a un matrimonio. Uno di quelli divertenti, con la fisarmonica che suona, e i sorrisi che corrono assieme alle lacrime, con la sposa bellissima e lo sposo ubriacone, con il celebrante divertente e i testimoni consapevoli di rendere falsa testimonianza.

Insomma, un matrimonio come ce lo sogniamo tutti, con i versi di Shakespeare e il sapore del lambrusco, con pochi amici veri e giarrettiere a volontà: poi, di solito, finiamo invece a colpi di torta di sette piani e 400 invitati a farci fotografare in posa.

Ma un matrimonio di quel genere, semplici semplici, si può vivere, e proprio la sera di sanvalentino. Allora spegnete sanremo, che tanto non lo canta nessuno, e andate in centro a Roma, al teatro Arciliuto, uno spazio appartato e accogliente, dove va in scena Tracce di mandorle e sangue.

Lo spettacolo è un piccolo, strano, curioso, oggetto: metà concerto, metà recital, e metà (ebbene sì, tre metà) improbabile storia d’amore.

Gaia Insenga e Fabrizio Emigli
Gaia Insenga e Fabrizio Emigli

La cosa sorprendente dello spettacolo è che agisce in un candore estremo, in una semplicità diretta e arruffata che lo muta subito in emotiva e simpatica condivisione. La struttura è basica: una narratrice (la brava Gaia Insenga, anche autrice) si muove dentro e attraverso le musiche e le canzoni di Fabrizio Emigli. Lei diventa Giulia, la sposa; e lui diventa Elio, lo sposo. Ne vien fuori un affresco, composto quasi da “frammenti di un discorso amoroso” popolare e postmoderno: una cerimonia in minore, che ripercorre, tappa dopo tappa, tutta l’escalation della coppia, non senza ironia. L’incontro, il colpo di fulmine, la convivenza, la crisi, la paura, il ritorno, il distacco: chi non c’è passato?

Nulla di nuovo, dunque, ma tutto, in questo lavoro, suona semplicemente e teatralmente immediato, di una naiveté struggente: e se pure quelle scene l’abbiamo viste (e vissute) mille volte, siamo pronti a immedesimarci sempre di nuovo.

Merito certo di Gaia Insenga, di quel suo candido sorriso, dei toni che usa, delle parole che tesse assieme, mescolando citazioni, ricordi, sogni: ecco apparire, qua e là, una Giulietta shakespeariana, innamorata e forse meno infelice dell’originale, ma ecco evocati anche Fellini, Valduga, Buzzati, Benni e altri autori, in una drammaturgia che è un collage sottile e divertente.

E il merito va anche a lui, allo sposo, ovvero Fabrizio Emigli: la bella faccia da gigante buono, compone versi che hanno il sapore di una quotidianità vissuta e disincantata. La voce sembra richiamare, di tanto in tanto, De André, o De Gregori, o Fossati o addirittura il compianto Stefano Rosso! Di quest’ultimo ha la sferzante ironia, degli altri magari la poesia o l’ariosa composizione. Ma di fatto, Emigli non è epigono di nessuno di quegli artisti: pur muovendosi in un cantautorato d’autore, ha una sua cifra raffinata, un timbro robusto e al tempo stesso dolcissimo, quasi “lontano”, evocativo di situazioni che trovano lirismo nella minimalità. Romano di Testaccio e anima del celebre Folkstudio di Roma, Emigli ha alle spalle riconoscimenti importanti, collaborazioni di rilievo: ha da poco pubblicato l’album Stelle in eccedenza e il singolo E poi più niente, dove si trovano ancora quei ricchi ritratti umani, fatti di piccoli cedimenti e slanci di passione, che sono anche dello spettacolo.

Fabrizio Emigli
Fabrizio Emigli

Con Insenga e Emigli, in scena ci sono ottimi musicisti: dal fisarmonicista Edoardo Petretti (il “testimone dello sposo”, che si esibisce in uno “stacco” in romanesco davvero notevole), all’ottimo Alessandro Papotto ai fiati (un “celebrante” molto laico); al chitarrista Massimo Alviti (il testimone della sposa). E dunque: la prossima – e al momento unica – data di Tracce di mandorle e sangue è il 14 febbraio. Lasciate perdere sanremo e sanvalentino, tutti questi santi che non portano a nulla: meglio andare a questa sconclusionata, arruffata, umanissima, festa di matrimonio. Perché, in fondo, ancora ci crediamo.

per info: www.arciliuto.it e www.fabrizioemigli.it

 

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.