Teatro

Un giorno al Teatro Attis con Theo Terzopoulos

24 Gennaio 2024

Sono stato ad Atene per passare una giornata con Theodoros Terzopoulos nel suo Attis Teatro. È stata una giornata speciale, e per questo rimetto mano alla tastiera e provo a condividere, raccontando.

Il teatro Attis

Occasione della visita il nuovo spettacolo, Requiem, interpretato dalle straordinarie Sophia Hill e Aglaia Pappas. Ma ho avuto anche il piacere di assistere anche a una sessione di lavoro: le prove del coro di Orestea che il maestro greco presenterà questa estate nello splendido scenario del teatro di Epidauro. È la prima volta che Terzopoulos firma una intera Orestea di Eschilo (aveva allestito, nei decenni passati, singoli capitoli della trilogia) ed è la prima volta, questo sì sorprendente, che accetta di andare al Festival di Epidauro. Ottenute debite garanzie – sei mesi di prova, libertà assoluta di scelta sul cast, etc – Terzopoulos ha iniziato a lavorare al testo, mentre il suo storico “assistente-primo attore” Savvas Stroumpos cura il lavoro fisico del coro. E dunque mi sono trovato nella gradinata vuota, di questo teatrino incastonato nel cuore pulsante del popolarissimo quartiere Keramikos, con il mio quadernino in mano a seguire 4 ore di lavoro. Il gruppo è di circa 25 persone, attori e attrici, giovani e giovanissimi. Si inizia con il lungo riscaldamento basato sul metodo elaborato da Terzopoulos negli anni, incentrato – riassumo malamente – sulla potenza del respiro e dei flussi di energia che scaturiscono dalla zona pelvica subombelicale. È sorprendente il silenzio assoluto in cui si lavora, l’echeggiare del respiro, e poi fa quasi sobbalzare il dirompente arrivo della voce di tutti. Finita la pratica di riscaldamento, è poi la volta delle improvvisazioni individuali.

Un momento delle prove

 

Non c’è ancora il testo di Eschilo. Siamo anzi in uno stato preverbale, direi quasi materico, giocato su balbettii, suoni, glossolalie. Ma declinato violentemente tutto sul corpo, chiamato ad una incessante azione, ad una tensione continua, sotterranea e potentissima, in uno stretto – direi imprescindibile – collegamento tra respiro (interiore) e azione. Sono momenti intensi, sorprendenti. Stroumpos ha deciso di dedicare giornata alle signore attrici, sono brave, precise, generose, instancabili. Già si possono immaginare come Erinni. E nelle improvvisazioni si nota subito chi riesce ad andare più a fondo, nella tensione fisica, raggiungendo anche livelli di sonorità o bassissime o altissime, oppure facendo arrivare la voce e i suoni sino alla platea (nel caso, solo io, seduto lì) anche con impercettibili sussurri. E laddove l’esercizio di lavoro non riesce appieno, dove sembra rimanere ad uno strato più superficiale, ecco intervenire pacatamente Savas Stoumpos, che richiama alla nodale consapevolezza del respiro. Quando questo accade, la performer diventa subito una potentissima presenza scenica, quasi sciamanica. Non c’è trance, né estasi da perdizione, perché comunque rimane la consapevolezza viva di quel che si sta facendo: ma il livello di trasporto fisico-vocale è davvero sorprendente. Quando, poi, finite le prove, dico a Terzopoulos che quel che avevo visto mi faceva pensare a Artaud, lui risponde sorridendo sornione: «è Dioniso».

 

L’ufficio di Theodoros Terzopoulos

Eppure Antonin Artaud domina la scrivania dell’accogliente ufficio situato al primo piano di Attis, pieno di maschere, oggetti, locandine. «Questo appartamento era un bordello – spiega ridendo Terzopoulos – ma nel vero senso della parola. Una casa di appuntamenti. Molti mobili sono qui da allora!». Prima dello spettacolo, c’è il tempo per visitare la palazzina di fronte, con spazi per prove, un’altra piccola sala teatrale, e il nuovo archivio, dove si sta digitalizzando tutta la memoria del lungo viaggio teatrale del regista. Un faldone per ogni paese visitato: c’è mezzo mondo, ovviamente Italia compresa.

Terzopoulos nell’Archivio di Attis Theatro

 

Poi è lo spettacolo, la nuova creazione originale intitolata Requiem. Il lavoro chiude una tetralogia sui rapporti di coppia e di potere, che ha avuto come tasselli gli apprezzatissimi Alarm, Amor, Encore visti anche in Italia. Requiem è anche, di fatto, un sentito omaggio alla memoria di amici scomparsi: nel volgere di un breve tempo, Terzopoulos ha perso il fratello Charalambos Terzopoulos (anche scenografo della compagnia) e due storiche attrici del gruppo: Sofia Michopoulou e Aneza Papadopoulou, recentemente scomparsi.

Ma il lavoro non è una elaborazione del lutto privato, quanto un silenzioso rito, che chiama in causa Persefone e l’Ade, che evoca in una atmosfera tesa e misteriosa il compianto individuale e collettivo. Al centro dalla scena, illuminati da un cerchio di luce, due coltellacci piantati in terra. Luci soffuse che si riverberanno poi in due fasce bianche che costituiscono un elemento visivo forte della scena e chiudono le pareti laterali. Agli angoli, in fondo, due strutture totemiche in legno danno un senso quasi da edicola votiva o da totem primordiale. Entrano le due donne. Ma quel che domina è il silenzio, inframezzato da pochissime parole, dall’accenno di una canzone (Ne me quitte pas o Music for a while di Purcell, la musica è di Panagiotis Velianitis), da piccoli insignificanti rumori, o da movimenti appena accennati. I corpi, elegantemente vestiti, si muovono lenti, con gesti al tempo stesso ieratici e minimali. È il nulla che resta, è il buio che inghiotte, è un pianto trattenuto per morti improvvise. È forse, l’omaggio sottile alle tante donne uccise dai propri compagni o mariti.

Hill e Pappas in "Requiem", foto di Johanna Weber
Hill e Pappas in “Requiem”, foto di Johanna Weber

L’immensa forza della morte stende il proprio manto su questa piccola cerimonia: appena un’ora che diventa un tempo sospeso, un altrove assoluto. Hill e Pappas sono presenti e consapevoli, sono officianti di questo rito. Quel metodo di lavoro, che ho visto la mattina nelle giovani del coro, qui è acquisito, introiettato, portato all’essenza e al massimo della sua efficacia. Le due attrici apparentemente non fanno nulla: ma si avverte una intensità inusitata quando rasentano i muri, sembrano giocare, lentamente danzano, armate di quei coltelli che sono la testimonianza feroce della violenza. Svaniscono nel buio, ci lasciano in silenzio. Ciascuno pensando ai propri lutti.

Appena usciti, nel freddo inatteso che ha agguantato Atene per un paio di giorni, alziamo lo sguardo: il vessillo orgoglioso di Attis sbatte al vento. L’Acropoli è poco lontana. I miti sono qui: Dioniso forse sorride.

 

(la foto di copertina è di Johanna Weber)

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