Teatro
Un bando “reazionario”, Sardegna Teatro senza casa
Sardegna Teatro, la casa non c’è più. Un bando “reazionario” del comune di Cagliari rischia di mandare in stop una originale esperienza culturale che nel volgere di pochi anni ha dato lustro e dignità all’intera regione, promuovendo un modo di fare arte creativo, dinamico e soprattutto, lontano da schemi ammuffiti di spettacoli costruiti attorno all’attore di turno, meglio con aureola televisiva. Roba buona cioè per passerelle al foyer dove mostrare borse e cappellini. No, tutt’altro. In questi dieci anni e oltre di attività Teatro Sardegna, riconosciuto nel 2015 dal Ministero della Cultura Teatro di Rilevante Interesse culturale (Tric) ha aperto a Cagliari la casa del “Massimo” a gente di tutte le età e a tutte le ore del giorno. Non solo spettacoli, ma laboratori, prove, dibattiti, mostre. Uno spazio aperto a proposte e progetti che ha sfornato opere che continuano a girare il mondo come “Macbettu”, ritratto potente di una Sardegna persa nel mito (questi giorni in partenza per il Belgio) diretto da Alessandro Serra, insignito del prezioso Premio Ubu, oppure l’”Avvoltoio”, che racconta vicende sensibili di questa terra in un’opera originale con la regia di un maestro come Cesar Brie. Dei 21 progetti finanziati attualmente dal Ministero ben tre sono sardi, prodotti e curati da Sardegna Teatro nel cui grembo fino a ieri portava altre idee e progetti. Da oggi potrebbero essere a rischio perché, come hanno raccontato l’altra mattina in conferenza stampa i responsabili stessi hanno deciso di non partecipare al bando per l’assegnazione dello spazio comunale per due anni _ dopo la scadenza a giugno del precedente periodo di gestione passato di proroga in proroga _ . L’hanno fatto al termine di una approfondita riflessione sul bando stesso che “presenta non pochi errori e criticità”.
E ora? Tutto quel patrimonio potrebbe essere cancellato e dimenticato. La vicenda mette in luce, per l’ennesima volta l’estremo stato di precarietà in cui si trovano molti teatri in Italia. Spazi pubblici, luoghi di produzione che da un giorno all’altro rischiano di essere cancellati. Azzerati.
Quanto è accaduto queste ore a Cagliari ha infatti buone chances di ripresentarsi anche d’altre parti d‘Italia se non viene affrontato e sciolto il nodo degli spazi. Luoghi che non possono essere affidati al foglio di un bando o alla claudicante competenza di qualche funzionario. Anche in questo caso è l’ennesima prova del diffuso pressapochismo e incapacità di guardare lontano, quando si ha a che fare con la cultura. Male endemico del Paese purtroppo, che con cadenza ciclica rispunta qua e là a macchia di leopardo e consegna all’esterno l’immagine di una comunità incapace di governare e proteggere la produzione di cultura.
Il caso esploso in Sardegna è la conseguenza di una pagina gestita con evidente superficialità e scarsa attenzione da parte dell’amministrazione comunale di centrodestra diretta dal sindaco Paolo Truzzu che ha prodotto il bando per l’assegnazione dello stabile del Teatro “Massimo”, senza avviare un confronto preventivo con chi in quello spazio ha operato per dodici anni.
“Un bando che _ rilevano i dirigenti, il presidente Basilio Scalas e il direttore Massimo Mancini _ vacilla in più parti e ha vistose carenze”. E ora ne auspicano il ritiro. “Chiediamo agli amministratori comunali di fare un passo indietro, di annullarlo e riscriverlo, in quanto contiene errori di forma, delle palesi incongruenze, inesattezze, con degli aspetti persino grotteschi” ha ribadito Massimo Mancini. “Incongruenze” e “inesattezze” attorno ai quali i dirigenti di Teatro Sardegna avevano chiesto informazioni mai giunte. Solamente “una comunicazione informale che la richiesta era stata inviata oltre la scadenza del 24 luglio e quindi fuori tempo consentito. A oggi _ dicono nella conferenza stampa tenuta al “Massimo” _ non siamo ancora riusciti a trovare nei documenti del bando questa data di scadenza”.
Diversi gli errori riscontrati. “Il più assurdo di tutti, che suggerisce interpretazioni psicoanalitiche _ si afferma in una nota del Teatro Sardegna _ è riferito alla stagione del concessionario che deve essere garantita nel primo semestre del 2022. Il Teatro di Sardegna – attuale concessionario – ha fatto rinuncia formale della possibilità di poter tutelare la propria programmazione nel primo semestre del 2022. Però nei documenti allegati alla gara relativi alla stagione del concessionario, compare la stagione del circuito privato Cedac. Rinvenuto questo primo errore il 20 luglio la stessa stagione Cedac viene proposta come stagione di un partner del concessionario Teatro di Sardegna, che l’avrebbe approvata. Noi non approviamo le stagioni Cedac!”
Se l’amministrazione volesse tutelare il circuito privato osservano i teatranti “si assuma la responsabilità con un atto pubblico, azione che rientra nei suoi poteri”. Ma le critiche si estendono anche all’assenza dalla gara della gestione del bar, come alla mancata evidenza nella gara stessa l’assenza dell’agibilità definitiva del teatro stesso. Ancora: “il bando fa riferimento alla dotazione del Teatro Massimo di attrezzature tecniche esistenti in grado di garantire grandi spettacoli, tuttavia chiunque – a seguito di rapida verifica – potrebbe facilmente intuire che il materiale è utile nella migliore delle ipotesi per un reading”. Giusto per ricordare come, negli anni, il teatro abbia investito su se stesso e sullo spazio che ora sembra svanire. Ma c’è qualcosa di allarmante, ed è la visione che viene fuori da chi ha studiato e pensato questo documento che “presenta di fatto chiare indicazioni di politica culturale, laddove la cultura è intesa come mainstream che genera utili e che viene valutata in virtù di meri criteri quantitativi. Un bando che pesa l’azione culturale in termini solo di profitto tradisce il ruolo della politica nei territori”.
Una concezione che discende direttamente dall’articolo 1 del bando in questione “che indica nella principale finalità quella del “trattenimento”. Altro che teatro aperto, luogo di produzione di spettacoli e incontri culturali. Cioè l’esatto opposto di quanto è stato finora.
“E’ un bando frettoloso _ incalza Mancini _ Si presenta come sperimentale ma non lo è. Qui si nasconde il ritorno di un’idea di cultura di quaranta anni fa. Altro che sperimentale, è un ritorno indietro. Un bando frettoloso e anche un po’ reazionario”.
“L’amministrazione comunale manifesta una strana indifferenza _ ha evidenziato Scalas _ spero ci sia stato un errore di percorso. La sentiamo come un’offesa, siamo disponibili a un incontro con l’amministrazione comunale per ridisegnare la politica culturale della città a partire dalla gestione dei teatri”.
La verità, come ha messo in chiaro il presidente del Teatro Sardegna, è che non è mai giunto uno stimolo o una disponibilità all’incontro e al confronto con una realtà di lavoro che ha “contribuito a delineare l’identità del Teatro Massimo come quella di polo culturale della città. Questo è reso possibile anche dal riconoscimento da parte del Ministero della Cultura, avvenuto nel 2015 e confermato nel 2019, del Teatro di Sardegna come unico Teatro di Rilevante Interesse Culturale della Sardegna, completando la trasformazione da compagnia teatrale a istituzione produttiva nazionale”.
L’ultimo appello è alla giunta comunale che fermi la gara e apra la discussione, magari ridando il ruolo che compete alla Commissione Cultura per redigere un bando ex novo (promuovendo una proroga di 6 o dodici mesi, il tempo necessario cioè per varare un nuovo documento)
In alternativa, quelli di Teatro Sardegna chiedono di potersi confrontare per individuare “un percorso alternativo, lontano dal Teatro “Massimo”, che possa garantire a Cagliari la presenza del Teatro di Sardegna, sempre nel rispetto di procedure trasparenti come dovrebbero essere le gare ben redatte”. Infine attenzione ai posti di lavoro.Teatro Sardegna chiede _ richiamando l’attenzione anche dei sindacati _ di prestare la massima cura e tutela ai sette lavoratori legati al Teatro “Massimo” che “rischiano di non avere più un lavoro e a cui la semplice clausola sociale non può dare serenità”.
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