Teatro

Teatro: la vera novità sono le associazioni di categoria

26 Agosto 2020

Di ritorno da qualche giorno di vacanza, debitamente “tamponato”, mi sono fermato a pensare – per un istante, per quelle blande visioni che l’impatto con Roma sempre garantisce, e non sempre visioni positive – che uno degli aspetti importanti, forse il più importante che questa anomala stagione lascia come eredità è il rinnovato impegno “di classe”, di attori e attrici italiani e italiane.  Passati gli spettacoli, rinfrancati dalla presenza del pubblico, resta l’impegno, vorrei dire la “lotta di classe”, perché in effetti l’annosa questione del rimborso Covid ha portato alla luce, come è noto, la gravissima situazione in cui versa il settore dal punto di vista occupazionale. Erano richieste 7 giornate lavorative l’anno per avere il bonus: e non tutti hanno potuto dimostrarle. Lavoratori senza lavoro, direbbe Ascanio Celestini.

E mentre si riversano sulle prime pagine dei giornali le contraddizioni di un governo che riapre  stadi e discoteche, con conseguenze devastanti, e tiene chiusi i teatri, nel frattempo attrezzati alla massima sicurezza, si contano sul campo i pochi lavoratori che hanno avuto diritto alla “mancetta” di Stato, a quel piccolo, piccolissimo contributo che dovrebbe, avrebbe dovuto, compensare il mancato lavoro. Brutta aria, insomma, in un settore da sempre tenuto alla catena di finanziamenti scarsi, scarsissimi, mai sufficienti. 

Allora hanno fatto bene Emma Dante e i suoi “messaggeri”, l’altra sera, al Festival di Spoleto, ad aprire lo spettacolo leggendo un duro comunicato sulla situazione. Loro, come tanti altri, hanno riportato l’attenzione su quanto accade: è un comunicato che si riverbera già da tempo su tutti i palcoscenici “aperti”, in tutti i luoghi di spettacolo, che ricorda al pubblico (ma il pubblico dei presenti è già solidale) quel che il settore sta passando. Maestranze, artisti: costretti a stare, semplicemente, a casa. Vi pare possibile? A me non tanto.

Insomma, pensavo tra me, l’eredità di questa pandemia ha risvegliato la lotta di classe e un rinnovato – conflittuale, confuso, anche contraddittorio – desiderio di partecipazione. Di associazionismo. Così, a fianco della instancabile azione del Sindacato SAI-Sindacato Attori Italiani, afferente alla CGIL (ne scrivevo qui tempo fa) arrivano novità: i diretti interessati si sono mobilitati.

Sono dunque da salutare, davvero con salve di cannone a festa, due importantissime iniziative. Due nuove associazioni che si vanno ad affiancare ad altre realtà già esistenti e attive.

La prima è Attori Attrici Uniti, con la sigla A2U, una “comunità” – così si legge sulla pagina Fb –  “di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo che hanno sentito la necessità di unirsi e creare un terreno di confronto su tematiche legate al loro mestiere. Ci siamo organizzati in Tavoli-di-Lavoro per studiare e approfondire come richiedere maggiori tutele per la nostra categoria. Non è intenzione dei membri che ne fanno parte sostituirsi al sindacato, ma anzi creare un filo diretto con il SAI- Sindacato attori italiano (che afferisce alla CGIL), per sfruttarne le tutele e potenziarne la rappresentatività. Ci proponiamo altresì – scrivono i fondatori – di creare ponti con le altre realtà di professioniste e professionisti, nate in questo periodo emergenziale, al fine di concorrere all’obiettivo comune di contribuire, come soggetti attivi, a un ripensamento dell’intero Settore Spettacolo”. Molto attivo, il gruppo A2U è intervenuto nel dibattito pubblico, inviando lettere al Mibac e al ministro Dario Franceschini, alle altre associazioni di categoria, anche a noi critici – invitati, e giustamente – ad essere più consapevoli dei sistemi produttivi nazionali.

Vale la pena segnalare, infine, che A2U ha preso una netta (e attiva) posizione di assistenza e, direi, di costituirsi come “parte civile” nella recente vicenda di stupri seriali da parte di un soggetto finalmente denunciato e arrestato che usava subdolamente la pratica del “provino”, promettendo carriere, per aggredire le sue vittime. Sarà la magistratura a dare corso alle indagini, ma il fatto che la categoria sia solidale con le vittime di una pratica non certo isolata è davvero importante.

L’altra novità, che salutiamo con molto interesse, è l’Associazione U.N.I.T.A., Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo, composta da “attrici e attori che tutela la dignità professionale dei propri associati e promuove iniziative di informazione e formazione per lo sviluppo del settore spettacolo”. Sulla pagina web, si legge subito che U.N.I.T.A. collabora con altre esperienze simili: Nuovoimaie, artisti7607, Registro attrici e attori italiani. E si scopre che è stata fondata da oltre 100 interpreti del teatro e dell’Audiovisivo, con tesseramento, statuto, organi previsti, incarichi dovuti, proprio per “sostenere e promuovere la centralità del mestiere dell’attore all’interno del panorama artistico e culturale e nella formazione sociale di ogni individuo (…) nel rispetto della diversità delle anime, U.N.I.T.A. auspica di far convergere il maggior numero di energie umane all’interno di un unico progetto”. Collaborazione, monitoraggio, divulgazione, promozione, sostegno, sono le parole chiave del “manifesto” programmatico.

L’obiettivo, condiviso da tutte queste realtà, è di avere un sistema legislativo e previdenziale finalmente adeguato.

E mentre il primo ministro francese Jean Castex annuncia un piano straordinario per la cultura di oltre 2 miliardi di euro (nel contesto di un investimento da 100miliardi) appare chiaro che anche in Italia ci sarebbe grande bisogno di una simile presa di posizione. È auspicabile che il legislatore si occupi presto e in modo efficace di un settore rilevante del nostro vivere comune. Non tanto per il vecchio adagio del “petrolio” e del “si mangia non si mangia”, quanto per il nostro sistema culturale .  Con buona pace di Briatore, l’Italia è conosciuta all’estero più per Puccini e De Filippo che non per il Billionaire. La regressione culturale diffusa, sino all’analfabetismo di ritorno, è un segnale davvero preoccupante.

Servono dunque finanziamenti all’altezza e un disegno strategico che sappia guardare al futuro. Adeguare il Fus; tutelare i lavoratori, soprattutto se “intermittenti”; garantire gli spazi più piccoli che sono da sempre motore pulsante della creazione scenica; interloquire sistematicamente con chi vive il palcoscenico in vista delle necessarie riforme, sono prospettive ormai ineluttabili per qualsiasi intervento in materia di spettacolo dal vivo. I lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo lo sanno, e non si tireranno indietro. Dignità, consapevolezza, coscienza sono valori inestimabili per ogni Attore e Attrice, come per ogni lavoratore: lo sapeva bene Bertolt Brecht. Da questo occorre ripartire per la nuova e le prossime stagioni.

Con una nota a margine: non va dimenticato però, che l’eccesso di “sindacalismo” del settore ha portato in passato a dei “mostri” di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. Federico Fellini l’aveva raccontato benissimo in quel capolavoro che è Prova d’orchestra. Il talento (salvo rari casi) non coincide con gli scatti d’anzianità, né può garantito di diritto ai tesserati di questa o quella sigla. E in definitiva, quando si parla di teatro, con il talento occorre fare i conti.

(Nell’immagine di copertina: una scena de L’eccezione e la regola, di Bertolt Brecht)

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