Teatro
Teatro, la guerra degli Orsetti Gommosi e il rischio della nostra estinzione
In giorni di conflitti veri eccone uno finto. Non segue le indicazioni dell’arte bellica codificate dal generale prussiano von Clausewitz, nel suo incompleto “Vom Kriege” (Della guerra), ma sfida invece le leggi della fantasia: cioè è senza regole. Da una parte stanno delle caramelle a forma di lillipuziani animaletti, dall’altra nientemeno che dei Dinosauri. E’ “La grande guerra degli orsetti gommosi”, allestimento di mini teatro, sotto forma di gioco da tavolo, regia di Angelo Trofa, con la partecipazione dei due attori, Valentina Fadda e Leonardo Tommasi (voce fuori campo di Tino Petilli) egregiamente nel ruolo di attori e players e l’incursione finale, con una malinconica ballad, della cantautrice Chiara Effe a sigillare uno spettacolo messo a punto nei mesi pandemici dai Batisfera Teatro e riproposto giorni fa in diciotto repliche al Lazzaretto di Cagliari. A vedere la scenografia minima ed essenziale che si popola via via di figurine vengono subito in mente quelle epiche zuffe combattute coi soldatini tra letti, tavoli e sedie nelle camere d’infanzia. Battaglie campali disegnate con strategie e inganni quasi fossero autentiche. Il game al limite dell’assurdo è congegnato nello stesso modo con un pizzico di divertente e sana follia. Già sulle figure dei protagonisti in campo si potrebbero raccogliere faldoni di storie. Quelle degli orsetti naturalmente e, soprattutto. Mini e lucide sculture, color rosso lampone, giallo limone, verde menta, color arancio e di recente anche bianco mela. A inventarli negli anni Venti fu un caramellaio tedesco, tale Hans Riegel che prese l’ispirazione dagli orsi ammaestrati che al seguito di circhi girovaghi approdavano a fiere e mercati di villaggi e città. Fu proprio Rigel a fondare il marchio divenuto poi celebre di Haribo, sinonimo di leccornie a base di liquirizie a forma di ruota e orsetti zuccherati. Questi ultimi furono confezionati con sciroppo di glucosio, gelatine, amido, cera d’api e aromi di frutta. Dopo cento anni ancora sono amatissimi e popolari. E saranno proprio loro che un giorno decideranno all’improvviso di dichiarare guerra alla nazione confinante, quella dei giganteschi e ingombranti Dinosauri.
Lo scontro, apparentemente senza motivi, è come un suicidio annunciato simile a quello dei lemmings, piccole creature che private di cibo finiscono per morire annegate nell’acqua. C’è sicuramente qualcosa di eroico e temerario in questo “beau geste” degli orsetti gommosi, nei fatti abbondantemente snobbati dai nemici ai quali un messaggero consegna la dichiarazione di guerra che finisce tra le scartoffie di burocrati impegnati a far girare la macchina statale di una civiltà organizzata, forse in realtà poco trasparente e persino fragile. Naturalmente quando i Dinosauri percepiranno l’odore della pugna, in puro stile guerresco daranno ordine alle truppe di schiacciare i nanetti, bruciare le città e piegare anche con gli stupri chi osa resistere (non c’è qualcosa di già visto questi giorni sul palcoscenico della storia?).
Al mattino gli orsetti, prima dello scontro campale, si presenteranno in schiere coloratissime e ben ordinate, un attimo prima di venire schiacciati dagli ottusi Dinosauri. C’è davvero dell’ineluttabile, persino eroico, in quello schieramento illuminato da fasci di luci di lampadine. L’atto estremo potrebbe suggerire persino l’immolarsi di un popolo sull’altare della libertà. Un gesto probabilmente pure messo nel conto che vedrà gli orsetti, gialli, verde, rossi, e color arancio e mela soccombere uno dietro l’altro sotto il peso dei potenti nemici.
Già, è vero: gli antichi dominatori del pianeta magari possono vincere una battaglia ma non la guerra… Un bel giorno, infatti, un asteroide li cancellerà dalla faccia dalla terra mentre gli orsetti, ancora oggi, continuano a fare capolino in feste e fiere… Insomma, riscatto e vendetta sono assicurati. Eppure lo scontro visto come fosse un colossal storico da venticinque concentrati spettatori che hanno seguito le evoluzioni dei nostri eroi, su un piccolo tavolo vestito da un panno nero, potrebbe essere in definitiva solo uno dei tanti che continuano ad accendersi in ogni angolo della nostra Terra. C’è del profetico quindi in questa “Grande guerra degli orsetti gommosi” perché, come spesso accade, il teatro riesce a vedere lontano. Persino prima di quanto accada nella realtà. Non è certo un caso che i cuori e l’attenzione, durante l’azione teatrale, siano volati nella tormentata terra di Ucraina dove c’è davvero chi lotta per la propria libertà contro un aggressore forte come i Dinosauri della storia. Nello stesso modo in cui felicemente intuì anche il grande Dino Buzzati. Lo scrittore, uno dei più geniali del nostro Novecento, inventore tra l’altro del capolavoro “Il deserto dei tartari”, si era lanciato anch’egli nel meraviglioso mondo dei plantigradi per raccontare la storia de “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” , la stessa che nel 2019 è diventata materia del film omonimo assai apprezzato di Lorenzo Mattotti, tratto appunto dal libro pubblicato dall’autore per i tipi di Rizzoli nel 1945.
In realtà, per amore filologico va detto che questo si differenziava dalla primissima stesura dell’opera apparsa inizialmente a puntate sul “Corriere dei Piccoli” nel gennaio del 1945 (e fino alla fine di febbraio) per un totale di sette puntate in cui si poteva leggere la pagina intera della saga illustrata ad hoc dallo stesso Buzzati che, oltre che scrittore era un eccellente disegnatore, illustratore e pittore. In quelle righe l’invasione che interessava la Maremma e la Toscana… verrà spostata sul libro successivo nelle antiche montagne della Sicilia. Gi Orsi guidati dal Re Leonzio, forte ma ingenuo, scendono a valle per cercare cibo ma anche il figlioletto Tonio rapito da due cacciatori e mai restituito alla famiglia. Gli Orsi, in alterne vicende sconfiggono gli Uomini. Leonzio ritroverà il figlio perduto, dopo aver sconfitto prima il Gatto Mammone ed espugnato il Castello del Granduca dove regnerà per alcuni anni. Nel tempo però gli Orsi acquisiranno gli stessi vizi degli Uomini. In quel frangente un Orso ambizioso e assetato di potere uccide Leonzio. In punto di morte il Re esorterà i suoi Orsi ad abbandonare le ricchezze degli Uomini e tornare alle antiche montagne, impagabile posto di pace e convivenza. E questa è l’nevitabile chiusura di un cerchio apertosi con lo scatenamento di una guerra. Gli spettatori de “La grande guerra degli orsetti gommosi” che dall’alto dominano il campo assomigliano a quelli che negli antichi anfiteatri assistevano alle sfide dei gladiatori e agli scontri navali. Alla ripetizione della guerra in gioco. Così accade pure a teatro. Anche in questi orsetti, apparentemente pacifici, c’è qualcosa che sollecita e indirizza verso gesti inconsulti, persino condivisi dalla comunità, ma che in realtà spinge verso la fine, all’estinzione.
Quell’illogico e apparentemente irrazionale gesto di andare a sbattere contro i Dinosauri se, teatralmente, appare come un’azione dadaista ha in realtà gli irrazionali germi del nichilismo. Richiamano quelli tragici evocati da Peter Sellers nei panni del Dottor Stranamore nel geniale film di Stanley Kubrick del 1964 dedicato all’olocausto nucleare. Mentre esplodono già i primi fuochi devastanti sul pianeta suggerisce di ripararsi dentro le più profonde caverne e lì aspettare novanta anni per poter uscire di nuovo su una Terra finalmente decontaminata. E prepararsi così alle guerre future. Nel mare di Chuki che divide la Siberia dall’Alaska, nell’isola di Kolyuchin si trova una stazione meteorologica costruita dai Russi e dismessa nel 1992. In questi anni, lentamente gli orsi polari l’hanno colonizzata trasformandola in residenza. Il fotografo americano Dmitry Kokh che li ha visti e immortalati in scatti incredibili, intervistato mesi fa dal “Corriere della Sera” racconta come gli orsi “esplorano continuamente le case, perchè sono molto curiosi. Era come se si riprendessero il loro spazio, uno spazio che noi umani gli avevamo sottratto”. Un anticipohttps://youtu.be/9JHyUieKqoU di quello che verrà in un prossimo futuro? Lunga vita agli Orsi.
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