Teatro

Teatro Is Mascareddas, giocando con le cento vite di “Signora Rossetta”

18 Aprile 2023

Leggero, eppur magnetico e possente. E’ un atto teatrale unico che, incrociando vite diverse, sussurra haiku poetici come vento tra gli alberi. “Signora Rossetta”, ultima produzione del Teatro Is Mascareddas, (nei giorni scorsi alla ex Manifattura di Cagliari ) con una ironica ed elegante Donatella Pau, amorevole e raffinata regia di Anna Fascendini, fondatrice di Campsirago Residenza e anima di Scarlattine Teatro, è un monologo silenzioso, o quasi, per oggetti e attrice marionettista, presenza quest’ultima in grado di disfarsi e rinascere in una manciata di secondi. Una figura avvolta da un ampio manto scuro che si apre come un fazzoletto per trasformarsi in tappeto grigio. Un telo che Rossetta – di grigio vestita, fascia alta in vita, arricchita di un nastro di fiori colorati- sistema nei quattro angoli della scena servendosi dei piedi che calzano due civettuole scarpette rosse “Mary Jane”. Illuminato a terra da tubi fluorescenti, il quadrato sembra un invalicabile muro. Fuori da questo spazio c’è il vuoto cosmico, il nulla, profondo e silenzioso.

Un primo piano dell’attrice Donatella Pau interprete di “Signora Rossetta” de Is Mascareddas, regia di Anna Fascendini (foto di Alonso Crespo)

E il silenzio evocato dal titolo, in realtà quasi non esiste, se non un lungo rumore di fondo da cui emergono a tratti relitti sonori, voci di coro, veloci parlati, un appassionato canto femminile, echi di musiche… una colonna sonora che poeticamente, per immagine e suoni rimanda al capolavoro precedente della compagnia, “Venti contrari”.

All’interno del quadrato scorrono, come in una lampada magica, storie di uomini e animali. Veri e fantastici. Iniziando dal Cappuccetto Rosso dell’infanzia: tenuto in serbo in un angolo del cuore, laddove si agitano i ricordi di un passato che non tornerà. Sono i gesti d’amore materno, come le paure più grandi dentro una stanza esplorata metro per metro, e dove il lupo cattivo è sempre in agguato: il pelo lucido e nero e gli occhi che brillano di un fuoco assassino.

Rossetta è immobile. In attesa, preda di una esistenza monotona, vittima di indecisioni che congelano la vita sulla soglia di un futuro mai iniziato. Eppure, è beckettianamente clown. Induce le labbra al sorriso per la sua desolante, tenera irresolutezza. Quale strada prendere, quale scenario disegnare o paesaggio visitare, che sensazione e/o sentimento accendere? Rossetta tiene il tempo sospeso, un secondo vale un millennio, mentre rotea gli occhi verdi disegnando sul volto uno stupore di bambina che scopre il mondo. Dalla sua testa, incoronata come un Cristo, con una serie di nidi d’uccello, uno impilato sull’altro spunta un filo di lana rossa. Sfuggito da un comignolo rotola giù dal nido e si perde… per ritrovarsi ingabbiato tra le dita delle mani e diventare ordito, una rete di raggi che modella un pupazzetto con cui giocare e … pof! Scomparire.

Rossetta è indecisa non riesce a capire quale strada prendere nello spettacolo de Is Mascareddas in scena a Cagliari  (Foto Alonso Crespo)

Il quadrato del tappeto è quello del ring dove si scontrano diverse figure femminili. C’è Cappuccetto Rosso e c’è la madre, ma anche la nonna e, con una vistosa lunga coda intrecciata, c’è persino il lupo… Dalle capienti tasche cucite nella gonna grigia escono scenari impossibili, alcuni incredibili. Schegge di affascinante ed effimero microteatro costruito da edifici che si illuminano, alberi di montagna, pini ed abeti, e poi impalpabili cristalli di sale che diventano fiocchi di neve leggera. I nidi, sul capo dell’attrice, sembrano contenere mondi che, a loro volta, si dividono e si sommano ad altri.

Ci sono i nidi e ci cono le case. Queste ultime, di carta, sono ingegnosi origami, modelli seriali di abitazioni con tetto e finestre collocate in linea diametralmente opposta. L’una spunta per incanto dal reggiseno, l’altra viene da una tasca. Uguali come gocce d’acqua eppure si percepiscono differenti. Vanno ad occupare angoli diversi. Una sta su, in montagna, l’altra un po’ più a valle, verso la pianura. Ecco, si compongono così piccoli presepi su cui si accendono lumi gialli e blu come nelle sere di Natale.

Un lungo filo rosso scappa via dall’originale copricapo di Donatella Pau fatto con dei nidi e diventerà un pupazzetto (Foto Alonso Crespo)

Uno dietro l’altro escono, sempre dalle tasche infinite, oggetti di un tempo perduto. Giraffe e soldatini, piccoli reperti di memoria con i quali la coscienza fa i conti risalendo al capo del filo dei ricordi. Buco nero del tempo in cui il passato e il presente si annullano fermandosi in un momento definito e circoscritto. Tante piccole “madeleines” proustiane riemerse dalla notte degli anni. Icone di memoria involontaria in grado di muovere i sensi riportando a galla le emozioni. Porzioni di un mosaico più grande dove tutto torna assieme, tessera dopo tessera, facendo compiere un viaggio repentino: dal passato al presente e viceversa.

Così come in “Du côté de chez Swann”  (“Dalla parte di Swann”) di Marcel Proust:

“E subito, meccanicamente, oppresso dalla giornata uggiosa e dalla prospettiva di un domani malinconico, mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che s’ammorbidisse un pezzetto di madeleine. Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata, staccata da qualsiasi nozione della sua casa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me, io ero quell’essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente mortale. Da dove era potuta giungermi una gioia così potente? Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura. Da dove veniva? Cosa significava? Dove afferrarla?…”

Dalle tasche profonde e capienti della gonna di Rossetta continuano ad uscire oggetti e giocattoli del tempo dell’infanzia (Foto Marco Vitali)

Essenze d’amore, ecco che i sogni diventano realtà in una danza che replica la vita. Una maternità a lungo attesa, a teatro diventa possibile. Rossetta partorisce una bimba/marionetta che è specchio dell’anima, desiderio venuto da lontano. Figlia a cui far conoscere e scoprire il cielo e le stelle, il mare e il grano. Da accarezzare e tenere stretta stretta a sé, guancia a guancia, richiudendo il grande telo che così torna bozzolo primordiale, ancestrale cocoon.

Il teatro di figura va oltre quello di parola. Evoca costellazioni, sonda universi. All’interno del quadrato magico, delimitato da un tappeto e una sedia, Rossetta accoglie lotte, rivive passioni e delusioni, scopre vite perdute, generate o ri-generate. Nel vorticoso valzer della memoria e degli anni l’attrice diventa il doppio di se stessa esorcizzando così altre storie, suggerendo paesaggi e generando visioni.

“Signora Rossetta” di Anna Fascendini e Donatella Pau, prodotta dal Teatro Is Mascareddas si avvale delle musiche originali di Tomasella Calvisi, il disegno luci di Loic Francois Hamelin, scene e marionette di Antonio Murru e Donatella Pau. Andato in scena negli spazi Tab della Ex Manifattura di Cagliari. Un gioiello di cui è proibito privarsene.

Rossetta e il suo doppio. Donatella Pau abbraccia la marionetta, frutto di una maternità a lungo desiderata (Foto Alonso Crespo)
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