Teatro

Teatro, Inconsolabile Darwin, Il falso movimento di Calamaro

30 Settembre 2021

Una nevrosi da pre catastrofe agita i cuori. E’ la paura per il cambiamento climatico che sciogliendo i ghiacci del Nord inonderà le coste cancellando molte città. Saliranno le temperature e provocheranno devastanti incendi. Rischia di iniziare il conto alla rovescia per la specie umana e questa ansia da fine del mondo è curiosamente simile a quella che colpì il pianeta negli anni Sessanta in piena Guerra Fredda. Da una parte gli americani, dall’altra i russi. Entrambi avevano la bomba e potevano far saltare in aria tutto. Sindrome atomica si diceva. Stanley Kubrick nel 1964 diresse un film indimenticabile, “Dottor Stranamore”, con una magistrale interpretazione del grande Peter Sellers che ipotizzava, con tratti da commedia nera, il possibile disastro. La paura dilagò e fu la corsa ai rifugi antiatomici. In tutti i Paesi si misero a costruirli. Trasformarono gallerie, miniere, caverne mentre le riviste pubblicizzavano il “fai da te” su come realizzare il rifugio sotto casa…

L’intensità non è ancora la stessa ma l’ansia gira e sta producendo effetti con cui bisogna confrontarsi. Lucia Calamaro, drammaturga acclamata, ci fa i conti a modo suo sin dal titolo del suo ultimo spettacolo “Darwin inconsolabile (un pezzo per anime in pena)”, di cui è autrice e regista. Prodotto da Sardegna Teatro in collaborazione con il Festival dei Due Mondi, il CSS, teatro stabile di innovazione del Friuli è stato presentato nei giorni scorsi al teatro “Massimo” di Cagliari dopo aver debuttato nel mese di luglio a Spoleto.

Immagine collettiva della compagnia de “Inconsolabile Darwin” di Lucia Calamaro, in scena al “Massimo” di Cagliari (foto Laura Farneti)

In questo caso “la pena” circola in un interno familiare piccolo borghese formato da madre un po’ folle e tiranna con passato da artista, nientemeno che nel gruppo Fluxus, due figlie, Simona ostetrica e Gioia, anche lei artista, con le quali ha rapporti di odio e amoree un figlio, Riccardo, maestro elementare non esente da tic e insicurezze, è l’ago della bilancia di un instabile ménage costantemente sull’orlo di una crisi di nervi.

Cosa accade in questo “Darwin inconsolabile etc…”? Un falso movimento. Niente altro che la messa in scena di un teatrino della morte. Evocata, mimata, sfidata. Ma giusto per finta. Per vedere l’effetto che fa. Il plot si dipana lungo un’ora e trenta ed è una notizia in sé: un allestimento della Calamaro così breve potrebbe sembrare una boutade. E invece no. Sono 90 minuti circa che vanno con il ritmo giusto. In alcuni momenti riesce persino a far ridere, o sorridere, grazie alla bravura degli attori che hanno lavorato con ineccepibile professionalità in fase di improvvisazione. Tanto che la si potrebbe pure definire una “new commedy”. Tutto, d’altra parte, scorre abbastanza tranquillo e senza scossoni, pure se il dramma sta lì a covare… ma per eleganza non esplode e mai esploderà. Nel frattempo si vivono situazioni grottesche e al limite dell’assurdo, alcune virano ai confini del comico. Sentito parlare di “tanatosi”? L‘Enciclopedia Treccani dice che in etologia è un comportamento di difesa messo in atto da ragni, rettili, uccelli e mammiferi che consiste “nella simulazione di uno stato di morte apparente, con sospensione totale dei movimenti, accompagnata a volte dall’esposizione delle parti ventrali e dall’apertura della bocca”.

L’attrice Gioia Salvatori nella scena del supermarket di “Insonsolabile Darwin (un pezzo per anime in pena)” di Lucia Calamaro  (Foto di Laura Farneti)

Questa è pure la strategia scovata dalla madre (la straordinaria Maria Grazia Sughi in una vibrante interpretazione) che simulando una morte prossima intende attrarre su di sé l’attenzione dei figli distratti, disamorati e troppo presi da se stessi.

Esterno giorno. La rivelazione (“Ho poco tempo”!) avviene in un supermarket dove il quartetto si trova con i carrelli della spesa. Simona (Simona Senzacqua) e Riccardo (Riccardo Goretti) sono scettici, non danno peso eccessivo all’uscita della madre e si smarcano per andare a fumare. Solo una figlia, Gioia (Gioia Salvatori), rimane e crede alla “finta” dei problemi di cuore: va in tilt e scatena una sconnessa piazzata per finire, facendo tutto da sola, a testa in giù nel carrello tra i pacchi di pasta e le bottiglie in plastica. A proposito di Falso movimento, proprio al film di Wim Wenders del 1975 (sceneggiatura di Peter Handke) viene da pensare, allorché nel parlare con Wilheilm l’industriale in vena di suicidio esprime un giudizio sul suo Paese definendo le persone “anime morte che errano per i supermercati”.

Interno giorno.

Dal supermarket all’ospedale-galleria d’arte.

In un ambiente disadorno la scena si apre con Riccardo che spinge un letto a rotelle. Sopra, semi sdraiata, la madre continua la sceneggiata della tanatosi ad uso e consumo soprattutto di Gioia, la figlia con pulsioni artistiche e ambientalistiche. Costei ha riempito il letto di frutta e legumi in putrescenza allo scopo di innescare non si sa quale circuito virtuoso adatto a trasmettere linfa vitale… in realtà a vederla bene sembra piuttosto un green ready made, una installazione per omaggiare Duchamp.

Attorno a questo singolare capezzale, la madre ha voluto anche le sue opere da rimirare nell’ora del trapasso come specchio di una esistenza ribelle. Tutte singolarmente interessanti e simboliche, dallo scongelamento dei ghiacciai all’omaggio a Burri.

Riccardo Goretti e Maria Grazia Sughi nel nuovo spettacolo “Inconsolabile Darwin ” di Lucia Calamaro in scena al “Massimo” di Cagliari  (Foto Laura Farneti)

La vita di questa donna è stata sicuramente avventurosa. Un giorno prima stava in barca con gli amici e l’indomani si ritrova in piazza a fare il Sessantotto. Una danza punteggiata da passioni artistiche e amorose, bugie e falsità. Come quella di una inedita versione de ”L’Origine della specie” di Charles Darwin, che avrebbe ricevuto dallo scrittore argentino Bioy Casares amico di Borges al termine di un affaire di cuore e da lei poi regalato alla figlia Simona che l’ha custodito per una vita inutilmente, come fosse una preziosa reliquia.

Così, è attorno a questo piccolo circo degli affetti e delle frustrazioni che si sviluppa l’ultimo tango di “Darwin inconsolabile” fatto di rivelazioni e rimbrotti. Tre figli, altrettante diverse personalità si lanciano accuse scoprendo verità mai dette e confessate l’uno all’altro. E’ il soffiare a casaccio sulla tromba di Simona, alla ricerca della Specie ultima, la complicità tra Riccardo e Gioia sui temi dell’ambiente, la mancanza di affetto di Gioia e la sua paura per la dipartita (finta) della madre.

Tutto è concentrato sulla scomparsa annunciata _ o malattia immaginaria _ della madre arzilla, autoritaria e cattiva che ha congegnato l’ultima sua performance dadaista. E gli altri? Anche loro a far da corona concentrati tutti su sé stessi alla ricerca di un equilibrio interiore che non arriva mai. Fortemente penalizzati nel sentirsi a disagio e impauriti dal mondo di oggi. E poi c’è la nevrosi del cambio climatico. Tutte le citazioni sono “politically correct”, da intellettuali ben informati e à la page. Da quelle del filosofo Timothy Morton a Donna Haraway, la famosa autrice di “Cyborg Manifesto”, tornata in auge di recente in Italia per la traduzione del libro di cinque anni fa, “Chtulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto” e viene richiamato alla memoria persino Chico Mendes, indimenticabile sindacalista brasiliano assassinato nel 1988.

Simona Senzacqua e Gioia Salvatori in “Inconsolabile Darwin (pezzo per anime in pena)” , testo e regia a cura di Lucia Calamaro (foto Laura Farneti)

A rompere vivaddio tanta sapienza verde è il benedetto e necessario urlo di Simona _l’unica autentica emozione “politica” della pièce _che chiede a voce alta di fare tutto il possibile e subito per fermare la catastrofe prima che questa si manifesti. Monito giusto e sacrosanto. In linea anche con il premier Mario Draghi che ha fatto un appello in tal senso in un recente meeting europeo. E soprattutto con la colorata e vivace risposta dei giovani che si sono riuniti pochi giorni fa a Milano provenienti da tutto il mondo con Greta Thunberg che ai politici e governanti senza mezzi termini ha chiesto “di finirla con il bla bla bla” (en passant, su Simona, che esce di scena e rientra dopo una brevissima pausa trasformata in neo militante di un gruppo ambientalista, forse difetta l’unità di tempo, luogo e azione…).

In due scene, tre o forse quattro cambi di luce. Più o meno ricordano uno dei principali disegni messi a punto anni fa per la Calamaro da Gianni Staropoli. Morbida e uniforme qui ha il colore della terra, aiuta a carezzare gli animi mostrando tutto, ma se gli attori non agiscono lo spazio, trasforma le scene in quadri di disarmante ed estenuante fissità. Da natura morta. Il movimento è minimo. Solo quello essenziale di entrata e uscita necessario per far parlare il personaggio giusto al momento giusto. Quello di Calamaro è d’altra parte un teatro narrato, dove gli attori devono faticare per interpretare e “dire”. Hanno scarsa profondità, se non quella che riescono a ritagliarsi all’interno di una gabbia stretta e dorata dove è la parola, questa sì mobile e tagliente, a comandare. I testi, naturalmente, come quello di “Inconsolabile Darwin” sono tutti intriganti. C’è una magnifica sapienza nel raccontare in modo così prezioso: al punto che si sta lì attenti a non perdere neanche un motto, come accadeva una volta per le storie narrate attorno al fuoco. E’ letteratura in divenire. Letteratura che vuole farsi teatro. E viceversa.

L’attrice Simona Senzacqua mostra uno slogan ambientalista in “Inconsolabile Darwin, pezzo per anime in pena” di Lucia Calamaro (Foto Laura Farneti)

Ma il teatro è anche azione che sollecita emozione. E movimento.

Qualcuno sostiene che i quadri di Lucia Calamaro siano dei fumetti. In realtà le strisce nelle loro nuvolette non hanno mica così tanto spazio per contenere fiumi di parole. C’è chi, in un passato recente, ha sperimentato quel tipo di linguaggio iconico con risultati interessanti, ma non è certo questo il caso. Siamo in realtà davanti a un teatro di parola assai meticoloso nella scrittura; una parola assolutamente regina, il che ci riporta senza troppi scossoni anche un po’ indietro. Qualcosa che nei nostri giorni incerti forse è necessario: aiuta a lenire ferite e soccorrere “anime in pena”. Un falso movimento insomma. Calamaro, autrice e regista, somma su di sé due lavori mettendo tante cose in connessione ma contribuendo anche a rivelare l’esistenza di una solitudine d’artista che in modo preoccupante sta sempre più mettendo radici in tanto teatro. Un altro problematico segno dei tempi che viviamo.

La compagine d’attori è davvero eccellente. Da Simona Senzacqua a Gioia Salvatori e Riccardo Goretti. Un plauso speciale a Maria Grazia Sughi. Aiuto regia Paola Atzeni. Le luci sono di Stefano Damasco. Prossime repliche il 30 novembre e il 1 dicembre a Lumezzane, teatro Odeon, il 3 dicembre al teatro Palamostre di Udine e dal 21 febbraio al 6 marzo al teatro India di Roma.

Un primo piano dell’attrice Maria Grazia Sughi in “Inconsolabile Darwin” di Lucia Calamaro (Foto di Laura Farneti)
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