Teatro
Teatro, il festival di Avignone vuole ricordarsi del futuro
Avignone, il Festival dei Festival riapre i battenti riprendendo possesso per un mese, dal 5 al 25 luglio, dei quartieri del centro storico a cominciare dalla magnifica Corte d’Onore del Palazzo dei Papi lanciando un segnale di speranza per il domani, in virtù di un programma come sempre ambizioso e di ampio respiro, assieme all’annuncio di un nuovo direttore. Un teatrante, uno scrittore e un drammaturgo di grande talento come il portoghese Tiago Rodrigues è stato chiamato pubblicamente, nel giorno dell’inaugurazione, a ricoprire uno degli incarichi di direzione più ambiti del mondo, a partire dal prossimo settembre 2022 quando lascerà il posto l’attuale direttore Olivier Py. La nomina di Rodrigues in realtà non è stata proprio una sorpresa, da giorni infatti, il suo nome appariva in pole position tra i favoriti in corsa (tra questi anche José Manuel Gonçalvès attualmente alle redini del parigino Cenquatre). Rodrigues, presente anche al festival con una edizione de “Il Giardino dei ciliegi” di Cechov con l’interpretazione di Isabelle Huppert, è originario di Lisbona dove dirige il prestigioso Teatro nazionale “Dona Maria II” . Dopo un’esperienza di cinque anni nel collettivo belga TG Stan, fonda la sua propria compagnia. La sua prima apparizione sulle scene francesi risale al 2014 al teatro della Bastiglia invitato da Jean Marie Hordé dove recita “By Heart”. Un anno dopo è proprio ad Avignone che ottiene un importante successo con “Antonio e Cleopatra” di Shakespeare. Dirigere il festival fondato dal grande Jean Vilar con il suo carico di storia, un pubblico esigente non sarà certamente facile. Ma di tempo ne ha abbastanza per studiare e prepararsi. Proprio alcuni giorni prima al quotidiano “La Provence” a proposito della rassegna nel sud della Francia aveva dichiarato che “Per chi già ama il teatro come me, il Festival di Avignone è un luogo dove si sente quello che si sogna di sentire, ma raramente si ha questa opportunità, che il teatro possa essere al centro della vita delle persone. È un’esperienza di 24 ore: il pubblico di Avignone viene davvero nella terra del teatro. Non scelgono di andare nel sud del Portogallo, al mare o in Grecia, ma decidono di venire nella terra del teatro. E questo è sconvolgente”.
Ma per il momento quello che si apre questi giorni, dopo un anno di fermo a causa della pandemia _ e ovviamente con il richiamo a tutte le precauzioni e ai gesti barriera per i contagi Covid _ è ancora quello costruito e voluto dall’attuale direttore Olivier Py che trasmette uno slogan che è un invito a superare il passato e guardare con fiducia al domani. “Se Souvenir de l’Avenir”. Cioè: “Ricordarsi del Futuro”.
“Per quanto imperfetta e ansiosa possa essere, l’arte dovrebbe comunque essere una forma di Speranza. Altrimenti è solo una decorazione della nostra sconfitta”. Così sostiene Puy spiegando come ad Avignone “tutti hanno diritto alla giovinezza perché non è una questione di biologia ma di capacità di desiderare ciò che viene, l’ignoto, l’inatteso, l’insperato”. D’altra parte essere un frequentatore di festival implica anche “credere nel nuovo, non come un prodotto commerciale o un oggetto alla moda, ma come un valore comune, condiviso e gratuito. Credere che qualcosa di nuovo possa nascere e che noi vi partecipiamo è l’utopia che ci offriamo a vicenda, artisti e tecnici, spettatori e commentatori di questo grande teatro dalla geometria indefinita”.
Seguendo la visione di Py che guarda al domani e dando uno sguardo alla programmazione, questa edizione, potrebbe anche sottotitolarsi “Il futuro è donna”, rubando al film di Marco Ferreri del 1984 con Hanna Shygulla e Ornella Muti (il soggetto fu scritto in collaborazione con Piera Degli Esposti e Dacia Maraini).
Un festival cioè che da molta importanza al femminile aprendo appunto con un’interprete di primo piano come la grande attrice Isabelle Huppert che, diretta da Rodrigues nel “Giardino dei ciliegi” cecoviano è una Ljuba (tutte le sere fino al 17 luglio alla Corte d’Onore del Palazzo dei Papi) nei panni di una “Mater dolorosa” che al rientro da Parigi trova una famiglia spaventata dal futuro. In quest’opera il regista “ha in mente un tempo segreto: l’allegro vivace, ed è convinto che l’ultima opera del drammaturgo russo affronti “l’inesorabile potere del cambiamento”. Mentre lui, i suoi attori e la sua troupe hanno cercato di “affrontare le ansie, le reazioni e le contro-reazioni che ne derivano”, anche per vedere 2le speranze che ogni nuovo mondo porta con sé”. In scena con Isabelle Huppert anche Isabel Abreu, Tom Adjibi, Nadim Ahmed, Suzanne Aubert, Marcel Bozonnet, Océane Caïraty, Alex Descas, Adama Diop, David Geselson, Grégoire Monsaingeon, Alison Valence: I musicisti Manuela Azevedo ed Hélder Gonçalves.
Per il via la Huppert è parte di un tandem di rispetto assieme alla regista brasiliana Christiane Jatahy che negli stessi giorni del “Giardino dei ciliegi” presenta “Entre chien et loup” (“Tra cane e lupo”) ispirato da “Dogville” di Lars Von Trier. La giovane autrice, nonché regista teatrale e cinematografica, con le sue opere esplora il confine tra realtà e finzione. Dirige la compagnia Vértice de teatro ed è attualmente associata come artista all’Odéon Theatre d’Europe, Centquatre di Parigi, Comédie de Genève e Schauspielhaus di Zurigo.
Al centro di “Entre chien et loup” le vicende di Gracia che, in fuga da un regime in odore di fascismo, viene accolta da una compagnia teatrale che sta provando il testo di Von Trier. Christiane Jatahy propone “una pièce travagliata con continui capovolgimenti, operati dalle ambiguità dei personaggi e dalla presenza destabilizzante di uno schermo e una telecamera sulla scena”. Jatahy prosegue la sua ricerca sul contemporaneo in continuità con “Le Présent qui déborde” presentata proprio ad Avignone due anni fa. In scena: Véronique Alain, Julia Bernat, Élodie Bordas, Paulo Camacho, Azelyne Cartigny, Philippe Duclos, Vincent Fontannaz, Viviane Pavillon, Matthieu Sampeur e Valerio Scamuffa. (tutti i pomeriggi sino al 17 luglio nello spazio di Védene).
Per restare sul fronte femminile Avignone ospita un gruppo di star straniere come la regista siciliana Emma Dante, la spagnola Angélica Liddel, la belga Anne Cécile Vandalem, la coreografa sudafricana Dada Masilo.
Emma Dante è presente con due lavori. I recenti “Misericordia” e “Pupo di Zucchero”. Entrambi sono allestiti presso il Gymnase del Liceo Mistral: il primo alle 15, il secondo alle 19 (ogni giorno dal 16 al 23 luglio). Negli allestimenti curati da Emma Dante il corpo occupa un posto centrale per mettere a nudo le tensioni e il male di vivere. In “Misericordia” è il tema della maternità. Tre prostitute nel cuore di Palermo tirano su il figlio di una loro amica uccisa dalla furia del suo cliente abituale di cui era rimasta in cinta. In “Pupo di Zucchero”, nel 2 novembre, giorno dedicato ai defunti, Emma Dante immagina una giornata in cui i morti tornano come i ricordi.
Angélica Liddel tra performance e teatro, in “Liebestood- el olor a sangre no me se quita de los ojos” fa incontrare la storia del grande torero andaluso rivoluzionario Juan Belmonte- per il quale la tauromachia più che un’arte era un esercizio spirituale- e la musica di Wagner. La regista spagnola in questo lavoro dà voce a quella che lei chiama “una storia del teatro che è la storia delle mie radici e la storia dei miei abissi” (in scena all‘Opera Confluence dall’8 al 14).
Attrice, autrice e regista la belga Anne Cécile Vandalem ha fondato la compagnia Das Fräulein nel 2008. Nelle sue creazioni usa diversi generi e linguaggi. Dopo “Tristesses” e “Arctique”, due successi al Festival di Avignone nel 2016 e nel 2018, “Kingdom” conclude un ciclo sui fallimenti dell’umanità. Ispirato al documentario “Braguino” di Clément Cogitore, “Kingdom” attraversa tre decenni di storia familiare. Anne-Cécile Vandalem racconta qui il fallimento di un’utopia, di una comunità impossibile, un mondo che sta scomparendo e che i più giovani dovranno reinventare. (ogni sera dal 6 al 14 luglio nel cortile del liceo Saint-Joseph).
Nata a Soweto, Dada Masilo si è formata nella danza classica e contemporanea prima di partire per l’Europa presso la scuola Parts. Oggi vive in Sudafrica dove ha fondato la sua compagnia, sperimentando nella danza una ricerca di contrasti.
Masilo afferma che “Per chiedere qualcosa agli antenati, bisogna essere in grado di dare qualcosa in cambio”. In “The Sacrifice” lo spettacolo ospitato ad Avignone si interroga prima di tutto sul male che gli esseri umani si fanno a vicenda. È davvero necessario cambiare? Cosa deve essere sacrificato? Come possiamo ricominciare da capo? Sul palco, quattro musicisti e dodici ballerini. In “The Sacrifice” la coreografa sudafricana mette a confronto il minimalismo e l’animalità della danza e l’opera di Strawinsky “Le Sacre du Printemps” (ogni sera dal 17 al 24 luglio, Cloìtre des Carmes o Chiostro delle Carmelitane).
Per stare in ambito africano da segnalare la presenza di Brett Bailey, regista sudafricano che alla guida della compagnia Thirl World Bunfight è molto attivo in tutto il continente nero ma anche in Europa. Le sue opere assumono le vesti più incredibili: dalle installazioni alle performance, dalle pièces teatrali agli spettacoli musicali, Bailey presenta in questa occasione “Samson”, racconto dell’eroe dell’Antico testamento. Bailey allestisce questo antico mito nella nostra contemporaneità, segnata dal fenomeno delle immigrazioni, del capitalismo selvaggio e la xenofobia. (dal 6 al 13 luglio al Gymnase del Liceo Aubanel).
Lo spettacolo di danza “Lamenta” vede assieme i due coreografi Rosalba Torres Guerrero e Koen Augustijnen. Quest’ultimo è ateniese e ha una lunga esperienza nel teatro e nella danza, mentre la prima, originaria di Ginevra ha danzato a lungo con Philippe Decouflé e integrato la compagnia Rosas della coreografa olandese Teresa De Keersmaeker. La compagnia dei due coreografi in “Lamenta” rivive il momento di addio a una comunità nelle montagne dell’Epiro. In scena nove danzatori originari della Grecia protagonisti di una trascinante maratona di danza e musica (dal 7 al 15 luglio nella Corte Minérale della Università di Avignone).
Eva Doumbia è un’autrice, regista e attrice formatasi in teatro all’università di Aix en Provence e poi all’Unité nomade de mise en scène. Nel 2000 si interessa ad autori come Marie-Louise Mumbu, Léonora Miano, Maryse Condé, Dieudonné Niangouna e Aristide Tarnagda. Doumbia fa parte di questa generazione che osserva il modo in cui le relazioni razziali, ereditate dalla storia coloniale francese, si esprimono ancora oggi nella società. Ha fondato con la sua compagnia il festival multidisciplinare Afropéa, che occupa il Théâtre des Bains-Douches a Elbeuf, una città operaia e multiculturale della Normandia.
In “Autophagies” ovvero “Storie di banane, riso, pomodori, noccioline, palme, e poi frutta, zucchero e cioccolato” Con questo spettacolo si propone di interrogare la dimensione politica del cibo. Guardando indietro “con umorismo e tenerezza alla loro origine e al loro metodo di coltivazione, il cibo, qui dotato di parola, vanifica il pensiero comune e modifica ciò che pensiamo sia “sempre”, “de facto” o “acquisito”. (dal 14 al 20 luglio complesso de la Barbiére).
Canti, poesie, suoni e musiche per raccontare tre persone che avevano scelto la scrittura come arte di resistenza: il poeta René Char, il medico Frantz Fanon e l’economista senegalese Felwine Sarr. Al fianco di quest’ultimo c’è Dorcy Rugamba, regista rwandese, Marie-Laure Crochant, attrice, i musicisti T.I.E. e Majnun alla ricerca di “mondi abitabili”. In “Libertè J’aurais habité ton Reve Jusqu’Au Dernier Soir” danno vita a una poliedrica partitura per raccontare tre personalità e tre diverse coscienze in rapporto alla comunità. (Cortile Montfaucon de la Collection Lambert dal 15 al 20 luglio).
Arrivano invece d‘Anversa quelli del collettivo FC Bergman. Cioè sei attori, creatori e artisti: Stef Aerts, Joé Agemans, Matteo Simoni, Jonas Vermeulen, Thomas Verstraeten, e Marie Vinck) che hanno fondato il loro ensemble nel 2008. Si ispirano al cinema, alla storia dell’arte o alle grandi storie religiose. In “The Sheep Song” il racconto singolare di una odissea vissuta da una pecora che un si è stancata di stare a quattro zampe, creatura metà animale e metà umana. FC Bergman allestisce un’epopea allegorica senza parole, la cui potenza si ispira ai primitivi fiamminghi, alla bellezza del linguaggio del corpo e alle emozioni dei bestiari. Il collettivo di Anversa inventa una favola animale moderna con una struttura presa in prestito dalla morale medievale per parlare dell’uomo sempre combattuto tra la paura del cambiamento e il desiderio di trascendere i limiti. (Dal 16 al 25 luglio nello spazio di Vedéne).
“Une Femme en pieces” è lo spettacolo atteso del regista ungherese Kornél Mundruczó (Pardo d’Argento a Locarno per “Pleasant Days “(2002) nominato per la Palma d’Oro con “Tender Son: The Frankenstein Project”(2010) e ha vinto il premio “Un Certain Regard” a Cannes con “White God” (2014). Il suo film “Jupiter’s Moon”, selezionato a Cannes, ha vinto il Grand Prix Nouveau Genre al Festival Étrange (2017). Accanto alla sua carriera cinematografica, lavora per il teatro e l’opera e ha fondato la compagnia Proton Theatre. “Une femme en pieces” è un dramma contemporaneo. Una storia – il lutto di un neonato perduto – che, quando viene portata alla luce, diventa un caso speciale. Nell’intimità della casa “tutte le tensioni si sviluppano e trasformano la normalità del pasto domenicale in una lotta. Quella di una giovane donna che deve difendere il suo dolore intimo dalle opinioni e dalle convenzioni familiari”. Dal 17 al 25 luglio nel Gymnase del Liceo Aubanel.
C’è della danza contemporanea, il lavoro certosino di un artigiano, il circo e il teatro contemporaneo più raffinato nell’arte di Phia Ménard che propone ad Avignone “La Trilogie des contes immoraux (Pour Europe)”, allestimento commissionato da Documenta 14 di Kassel. Nella prima, “Casa Madre”, la “culla della nostra civiltà, è stata rapidamente distrutta. Al suo posto, un “Tempio del Padre” non inganna nessuno con il suo traballante aspetto di casa delle carte. E alla fine del “racconto”: l’incontro proibito. Quello che tutti stiamo aspettando: un combattimento corpo a corpo dall’esito incerto… Tra racconto mitologico, allegoria filosofica e favola politica, questi tre dipinti ci mostrano un continente sul punto di annegare.” (dal 19 al 25 nella location di Opéra Confluence).
“È innanzitutto la storia di una “Annunciazione” in un certo senso, quella dell’angelo o del demone”. Così lo stesso geniale Dimitris Papaioannou introduce al suo ultimo lavoro costruito durante l’estate 2020, in piena pandemia. Dimitris Papaioannou, accompagnato sulla scena da Šuka Horn, sonda i confini della realtà flirtando con i codici della fantascienza e dell’horror, trasformando progressivamente un duetto in un duello. Ancora l’artista greco spiega che “Lo spazio che ci sta di fronte può essere tanto post-apocalittico quanto quello di tutti gli inizi: gli inizi della vita, la comparsa del desiderio…” Affermando che il suo pezzo “Ink” prende delle svolte da incubo, il coreografo plastico pone la questione della complessità degli equilibri e delle afflizioni in cui ci immerge il subconscio umano. “Ink” è in scena presso il nuovo grande spazio di Fabrica dal 20 al 24 luglio.
All’antica Grecia, quella de “La guerra del Peloponneso”, capolavoro di Tucidide si è ispirata invece una grande protagonista assoluta della danza contemporanea come la francese Maguy Marin per disegnare la sua nuova coreografia “Y Aller voir de plus pres” un lavoro impegnato, “popolato da individui che cercano di formare una comunità mentre sono presi da una tempesta”. Sulla scena, due uomini e due donne si trovano in mezzo a costumi, oggetti e schermi. Come “bambini smarriti o confusi, afferrano ogni indizio come archeologi che trovano frammenti di storie sepolte e dimenticate. Si cimentano nei giochi della vita, del dominio e della presa che ci travolge di fronte a qualcuno più debole di noi” (dal 7 al 15 luglio al teatro Benoìt-XII).
Tra le scoperte da fare in questa edizione quella del teatro di figura de “La Petite dans la Foret profonde” dell’ateniese Pantelis Dentakis ispirato dalle “Metamorfosi” di Ovidio adattate da Philippe Minyana, piéce interdisciplinaire fatta di teatro, microsculture, video e un’opera musicale. Tutto è giocato su diversi livelli di significato metaforico e visivo, tra “l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, tra l’inanimato e il vivente, tra il vissuto e il proiettato. In un’estetica presa in prestito dal film horror, l’opera del regista greco si interroga sul rapporto degli uomini con la propria finitudine e sugli stratagemmi che mettono in atto per cercare di controllare l’incontrollabile” (tutte le sere dal 22 al 24 luglio, Gymnase del Liceo Saint Joseph).
Altra opera da segnare sul taccuino è “Le Musée” del palestinese di Haifa Bashar Murkus, membro fondatore e ora direttore artistico del Theatre Khashabi, invitato per la prima volta ad Avignone. In “Le Musée” l’incontro tra un terrorista-che ha ucciso in un assalto in un museo 49 bambini e un insegnante- e il poliziotto che lo ha arrestato. Il terrorista attende da sette anni di essere giustiziato. Il loro è “un dialogo inquietante, pericoloso e distruttivo, un gioco dove piovono colpi per trovare un senso alla morte”. Sul palco, il corpo che sta per morire perde la sua consistenza per diventare nient’altro che un video (due recite tutti i giorni dal 20 al 25 luglio nella Capella dei Pénitents Blancs).
Drammaturgo, romanziere, poeta e teatrante il belga Fabrice Murgia porta in scena “La Dernière Nuit du Monde” spettacolo nato da un assurda ipotesi. “E se dovessimo mettere fine alla notte? E se, finalmente, il nostro pianeta potesse funzionare 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, grazie all’invenzione di una pillola rivoluzionaria?” Partendo da questo assioma Murgia e lo scrittore Laurent Gaudé si tuffano in un’avventura da romanzo noir in cui il protagonista inizia a indagare sulla scomparsa di sua moglie. In un mondo “tenuto sveglio dal neoliberismo, si imbatte nel rullo compressore delle imprese commerciali, nei governi indeboliti, ma anche in una resistenza incarnata da uno strano bambino-oracolo o dal Movimento della Notte Nera…” (Dal 7 al 13 nel Chiostro dei Celestini).
Per la danza da segnalare “Any Attempt will end in crushed bodies and shattered bones”, ultima fatica del coreografo di Anversa Jan Martens. In questa coreografia danzata da diciassette danzatori vengono messi in discussione i nostri impulsi ed esaltazioni, così come il nostro bisogno di rifocalizzarci per agire meglio. Jan Martens fa del palcoscenico della danza “lo spazio di una democrazia possibile, dove decelerare non è congelare, dove la musica è vicina al grido e la protesta una necessità comune”. Un modo per resistere e alzare la voce contro le varie problematiche sociali e ambientali e i regimi autoritari (dal 18 al 25 luglio tutte le sere nel cortile del Liceo Saint-Joseph).
Nutrita ovviamente anche la pattuglia dei francesi che sono i padroni di casa. Iniziando proprio dal direttore artistico del festival, Oliver Py che ha messo in scena una singolare rilettura shakespiriana; “Hamlet à l’imperatif!”. Assieme a un drapello di attori professionisti e dilettanti, studenti dell’Ecole régionale d’acteurs de Cannes et Marseille e attori professionisti, Olivier Py interroga il teatro utilizzando uno dei più iconici testi del Bardo inglese (Dal 6 al 23 luglio, tutti i giorni nel Giardino della Biblioteca Ceccano).
E poi ancora Nathalie Béasse in “Ceux qui vont contre le vent” (dal 6 al 13 nel chiostro delle Carmelitane), Caroline Guiela Nguyen che dal 6 al 14 presso la Fabrica propone il suo “Fraternité, Conte Fantastique”, la parigina Laetitia Guédon in “Penthésilées” invece con l’autrice Marie Dilasser reinventano una figura femminile per il nostro tempo, un personaggio diffuso e incarnato a turno da un’attrice, un’artista vocale e una ballerina (dal 7 al 13 alla Chartreuse Cnes de Villeneuve Lez Avignon). E poi tanti altri ancora per un totale di cinquanta spettacoli in ventun location. Molti di meno comunque che il grande happening del Teatro Off che fino al 31 luglio promette, parallelamente in cantine e piccoli spazi, la bellezza di più di un migliaio di spettacoli.
Ma, tornando al Festival di Avignone (quello ufficiale), dalla mattina al pomeriggio sono innumerevoli i dibattiti e i focus, sull’arte dell’attore alla situazione economica, le grandi e piccole esposizioni e gli incontri. Imperdibile quello programmato per il 13 luglio alle 22 nella Corte d’Onore del Palazzo dei Papi. Il tema è quello del motto fatto proprio dal festival (“Ricordarsi del Futuro”). Al centro protagonista di un omaggio speciale è il sociologo e filosofo Edgar Morin che ha appena compiuto cento anni: converserà con Nicolas Truong de “Le Monde”, Cristiane Taubira, scrittrice ed ex deputata e la musicista e cantante Judith Chemia.
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