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Teatro, giù dal palco: adesso l’attore è sul web
Oltre il palcoscenico. In un non luogo chiamato cyberspazio, laddove sembra destinato a rimanere, ancora per un po’ di tempo, è il teatro che in molte parti d’Italia ha aggiornato lo stare in presenza da atto fisico necessario per lo spettacolo, in momento virtuale in cui l’attore e lo spettatore prendono contatto tra loro (si fa per dire) grazie al monitor rettangolare di un computer. Strana dimensione per chi è abituato a frequentare le sale e, complice il buio, si apprestava a vivere storie e sentimenti al sollevarsi del sipario… Ora, invece, si sente catapultato in una realtà dai contorni ancora scarsamente intelleggibili. Tutto da esplorare questo confine di comunicazione che dai corpi fisici passa a quelli virtuali mediati da una applicazione. E questo è anche il vero campo di sfida dove scommette l’originale format di “Residenze digitali”, in cantiere dal 30 novembre al 6 dicembre, progetto del centro direzione della Toscana che vede assieme Armunia e CapoTrave/Kilowatt (e la collaborazione di Amat, Anghiari dance hub e Atcl) con il tutoraggio delle studiose Anna Maria Monteverdi e Federica Patti che ha avuto come imput quello di focalizzarsi sullo sviluppo di “lavori pensati per l’habitat digitale, al fine di coinvolgere gli spettatori nel web, sperimentando nuove forme di creazione e fruizione del teatro e della danza”. Nato durante il primo lockdown è diventato un bando internazionale a cui hanno partecipato quasi quattrocento tra compagnie e artisti. Solo in sei hanno passato le maglie della selezione. Questi sono i lavori: prescelti “Olympus: Prometeo” di Agrupaciòn Señor Serrano, “K” di Illoco Teatro, “Anatomies of Intelligence” di Umanesimo artificiale di Filippo Rosati/Joanna Chicau e Jonathan Reus, “Shakespeare Showdown_ with a Kiss Die” di Enchiridion, “Isadora-The Tik Tok dance Project” di Giselda Ranieri e Simone Pacini, oltre a “Genoma scenico/dispositivo digitale” di Nicola Galli presentato in anteprima all’inizio di questo mese.
Si parte il 30 novembre con “Olympus: Prometeo” degli spagnoli Agrupaciòn Señor Serrano composta da Alex Serrano, Pau Palacios e Barbara Bloin. Questa formazione, conosciuta a livello internazionale (cinque anni fa aveva pure ricevuto il Leone d’Argento dalla Biennale Teatro di Venezia) per l’uso di strumenti innovativi. “Olympus” è una serie teatrale dedicata ad un pubblico familiare ed è basato su una rilettura critica dei miti greci. La performance coinvolge piccoli gruppi di bambini dai 6 agli 11 anni attraverso la figura di un narratore, figurine in miniatura e una videocamera. Il primo episodio è dedicato appunto al mito di Prometeo. Sino al 6 dicembre sarà accessibile la registrazione della performance. Stesso giorno il via anche per Illoco teatro di Annarita Colucci e Roberto Andolfi e il loro “K” costruito assieme agli studenti del corso di Scenografia virtuale dell’Università La Sapienza di Roma. Si parte dal materiale di una ricerca compiuta dagli studenti stessi sul romanzo “America” di Franz Kafka. “K” è invece una indagine interattiva sulla figura di Karl Rossman alla quale anche gli spettatori potrano partecipare in una apposita piattaforma. Special guest del progetto sono Andrea Cosentino assieme a Sabina Guzzanti (si replica tutti i giorni dalle 18 alle 23 fino al 6).
Il 1 e il 2 dicembre alle ore 21 spazio a “Anatomies of Intelligence” dei due artisti residenti in Olanda, Chicau e Reus , nasce in collaborazione con la compagnia Umanesimo Artificiale di Filippo Rosati. Al centro del lavoro la possibilità di creare “connessioni tra la base di conoscenza in campo anatomico e le indagini sulla “anatomia” dei processi relativi alle intelligenze artificiali”. La performance è destinata a 25 spettatori per volta. Dal 3 al 5 dicembre alle ore 21,50 è la volta di “Shakespeare Showdown-With a Kiss I Die” di Francesca Montanino, Mauro Parrinello, Matteo Sintucci del gruppo torinese Enchiridion. Il lavoro è una riscrittura della tragedia “Romeo e Giulietta” sotto forma di videogioco dove gli spettatori sono invitati ad entrare nelle retrovie della costruzione del lavoro stesso. Il 6 dicembre infine, alle ore 17, sarà presentato “Isadora-The Tik Tok Dance Project” ideato adalla danzatrice e coreografa Giselda Ranieri con l’ausilio di Simone Pacini, Isabella Brogi ed Elisa Sirianni. Nato e sviluppato qualche mese fa sulla piattaforma Tik Tok intende coinvolgere la generazione Z nella produzione di video danza contemporanea. L’evento è pensato come un webinar interattivo. Nella stessa giornata prima e dopo questo evento il Teatro della Tosse di Genova ha organizzato una conferenza online a ingresso gratuito dal titolo. “Schermati. Una riflessione sul presente e futuro della scena digitale” con la presenza di alcuni artisti presenti in “Residenze digitali”. Tutti gli eventi sono accessibili online al costo di 3 euro a biglietto (www.liveticket.it/residenzedigitali). Per quanto riguarda le performance in calendario Anna Maria Monteverdi e Federica Patti hanno precisato che agli artisti “non è stato richiesto di “rifare” in streaming lo stesso spettacolo concepito per un palcoscenico reale ma di ripensare il concetto stesso di spazio scenico, di spazio dello spettatore, di esperienza teatrale, persino di drammaturgia ridisegnandola ad hoc per il web, per una modalità d’uso digitale e virtuale”.
Punti di discussione ormai all’ordine del giorno per chi lavora sul palcoscenico. In effetti la pandemia ha costretto i teatranti a mettersi in discussione nei fondamenti di una antichissima attività artistica. E un po’ dappertutto in Italia, ma anche nel mondo, ci sono sempre più esempi di attori e registi che stanno operando in modalità digitale. Con evidenti problemi e difficoltà per il tipo di situazioni in cui devono fare i conti. L’assenza di un pubblico, il vuoto davanti al palcoscenico e una telecamera che rilancia le azioni e le immagini lontano da loro. Il web è, nei fatti, diventato il nuovo campo di prova per la scena contemporanea. Il teatro, questa sfida, saprà superarla? A questo e ad altri interrogativi rispondono Lucia Franchi e Luca Ricci i due ideatori e curatori di “Residenze Digitali”.
“Il teatro supera tutto, da secoli, cambiando sempre e, nella sua essenza, non cambiando mai. Noi pensiamo _ affermano Franchi e Ricci _ che su questa nuova sfida postaci dall’esigenza del distanziamento, non dobbiamo avere alcuna posizione preconcetta, bensì che il teatro debba sempre navigare in mare aperto, assumendosi il rischio del cambiamento. La barra va tenuta dritta sull’essenza di ciò che il teatro è sempre stato, è, e dovrà continuare a essere, accettando al tempo stesso la sfida di linguaggi nuovi. Il vero problema che vediamo è piuttosto il fatto che molte di queste azioni digitali che sono richieste agli artisti non vengano considerate lavoro e non prevedano retribuzione, perché il pubblico stesso non è abituato a pagare per i contenuti digitali. Non è il caso delle “Residenze Digitali” che noi abbiamo lanciato, dove il lavoro creativo degli artisti viene retribuito e lo stesso pubblico, nella settimana tra il 30 novembre e il 6 dicembre, accederà ai contenuti con un contributo simbolico di 3 euro. Ci sembra che la mancata retribuzione sia il rischio più grave e la vera battaglia da fare, ovvero quella per cui, anche se sul digitale, il lavoro artistico va retribuito”.
Le “Residenze Digitali” sembrano essere in effetti uno dei primi concreti tentativi di sperimentare _ oltre alla mera ripresa di una telecamera _ forme di espressione in un inedito linguaggio di comunicazione artistica. Come è nata l’idea di questo progetto?
“Ovviamente il bando delle “Residenze Digitali” è nato come reazione al periodo primaverile di chiusura dei teatri, cercando di trasformare una difficoltà in una opportunità. Il punto essenziale da cui siamo partiti è che i progetti vincitori non dovessero essere la semplice ripresa video di uno spettacolo teatrale o di danza, ma dovessero essere contenuti creati appositamente per l’ambiente digitale, e/o che trovassero in esso uno spazio di realizzazione che è loro congeniale”.
Quali sono gli elementi teatrali e le idee che uniscono i sei progetti prescelti su una base europea di quasi quattrocento concorrenti?
“I sei progetti che abbiamo selezionato e finanziato sono quelli di Agrupacion Señor Serrano, Nicola Galli, Giselda Ranieri con Simone Pacini, Illoco Teatro, Enchiridion, Filippo Rosati/Umanesimo Artificiale con Joana Chicau e Jonathan Reus: il primo e l’ultimo vengono rispettivamente da Spagna e Paesi Bassi. Sono sei lavori molto diversi tra loro, i cui temi spaziano dal mito di Prometeo raccontato ai bambini tramite i Playmobil, al racconto “K” di Kafka trasformato in un giallo con soluzioni a scelta multipla, dalla riflessione sull’intelligenza artificiale, a un vero e proprio videogame ispirato a “Romeo e Giulietta” di Shakespeare. La caratteristica comune dei 6 progetti è proporre un’idea di teatro in cui il pubblico viene chiamato in causa in modalità interattiva, ovvero scegliendo, scommettendo, giocando, reagendo a uno stimolo, preferendo una strada a un’altra. Questa dimensione interattiva non è certo precipua solo dei progetti digitali: pensiamo a quante volte tutto questo accade negli spettacoli dal vivo dei Rimini Protokoll, Forced Entertainment, El Conde de Torrefiel, solo per dirne alcuni, o potremmo fare anche degli esempi italiani citando alcuni lavori di Kinkaleri o Sotterraneo, e l’elenco sarebbe lungo. L’aspetto interattivo è ugualmente esplorato anche nel digitale, che non rinuncia all’essenza del teatro come disciplina che si realizza nella relazione degli artisti con un pubblico, utilizzando parola, gesto, musica, danza, vocalità e suono, per narrare storie e provocare pensiero”.
La settimana delle “Residenze digitali” è un evento dettato in qualche modo dall’emergenza causata dall’epidemia del Covid 19, ma quando _ come si spera _ prima o poi tutto sarà finito cosa accadrà a questo format unico? Questo modo nuovo di lavorare a teatro resterà o prevedete che sarà cancellato? E, in ogni caso, questa esperienza cosa insegnerà ai teatranti? E al pubblico?
“Per noi e gli altri partner del progetto questa esplorazione è stata più che interessante, diremmo quasi esaltante. Era da tempo che non lanciavamo un progetto dentro al quale imparavamo così tanto. La nostra volontà è dunque di proseguire questa azione anche nell’anno a venire, il 2021, con un altro bando e il sostegno a nuovi progetti, sperando anzi che altri partner si aggiungano, per poter offrire maggiori investimenti agli artisti, oltre a quello che già adesso, con questa rete, riusciamo a garantire loro. Speriamo che l’esperienza col digitale insegni ai teatranti a essere meno conservatori di quanto non siano adesso: tramite il digitale, ci sono tecnologie da apprendere, formati da esplorare, nuove possibilità di porsi ulteriori domande oltre quelle antiche, e soprattutto ci sono altri pubblici da incontrare. Dobbiamo avere il coraggio di credere nella forza eterna del teatro, sempre capace di abitare nuovi contesti. Negli anni Sessanta e Settanta certi artisti della ricerca hanno portato il teatro fuori dalle sale dei grandi teatri e dai velluti un po’ polverosi delle stagioni degli abbonati: il teatro è arrivato nei centri sociali, nelle strade, nelle carceri, nei piccoli paesi sperduti del Sud del mondo, in decine di luoghi dove fino ad allora era impensabile assistervi. Quella rivoluzione non fu neutra e scatenò anch’essa la censura di certi conservatori che dicevano che così il teatro sarebbe stato altro, si sarebbe snaturato. E’ forse morto per quello il teatro dei velluti e delle poltroncine? No, è sempre lì. Ma il teatro della strada ha ampliato le possibilità di espressione del teatro stesso. Crediamo che col digitale accadrà qualcosa di simile: ci saranno cose che saranno adatte a essere raccontate in questo tipo di ambiente, e altre che continueranno a essere narrate nelle forme e negli spazi che conosciamo già. L’una cosa non limiterà l’altra. Anzi, aprirà a inedite possibilità di espressione”.
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