Teatro
Teatro e archeologia in Sardegna, dalle Albe ai Motus e Bentivoglio
CAGLIARI _ Teatro d’estate in Sardegna fa rima con archeologia. Alla scoperta di siti unici, alcuni ancora in corso di scavo e tanti da conoscere e far scoprire da un pubblico più largo, anche per sensibilizzare meglio sui tesori lasciati in questa terra dalla antica civiltà nuragica come quelle poi succedutesi, a cominciare dalla dominazione romana. Questo è uno degli obiettivi di Nurarcheofestival rassegna organizzata dal Crogiuolo con la direzione artistica di Iaia Forte e Rita Atzeri che giunge questo anno alla sua sedicesima edizione che questa edizione ha scelto come luogo del cuore il comune di Villanovaforru dove “si svolse diciasette anni il primo atto del festival con l’allestimento dello spettacolo “Deinas” al Nuraghe Genna Maria” dice Atzeri che comunque spiega come i territori toccati da questo festival sono più ampi e coinvolgono altri siti del Nuorese, del Sulcis e della Marmilla e della provincia ogliastrina. Ma l’hardcore di “Nur” sarà appunto in questo delizioso borgo alle porte di Cagliari e avrà come ospiti principali, Giorgina Pi, il teatro delle Albe di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari impegnati in una residenza di tre giorni, la stessa attrice Iaia Forte, Valentina Cervi, Elena Bucci e Marco Sgrosso, Saverio La Ruina, Paolo Panaro, la musicista Francesca Morello e Silvia Calderoni dei Motus.
“Proponendo per quindici anni sempre una ‘visione’ lunga – dice la direttrice artistica – abbiamo raccontato storie di resistenza artistica in luoghi stupendi che parlano dell’antica storia, della cultura, della tradizione della Sardegna. Luoghi spesso sconosciuti ai più, che sono stati riscoperti, valorizzati, vissuti e amati da pubblico e artisti” e spiega come “Nur” continuerà ad essere un festival dal tempo lungo, perché, “come da tradizione, si svolgeranno anche quest’anno le visite guidate ai siti archeologici, che diventeranno poi suggestivi palcoscenici per accogliere gli spettacoli serali”.
Si parte il 13 luglio nell’area archeologica di Pinn’e Maiolu (ore 19) con la produzione di Ilos Teatro “Sas Comares Iuvolesas” di Elena Musio. Lo spettacolo interamente in lingua sarda ripercorre un dedalo di anedotti e ricordi d’infanzia delle attrici in scena. Alle 20,15, stessa location il Teatro dell’Armadio presenta “Sa Sangia. Malacarne”, racconto di Daniela Littarru in collaborazione con Fabio Marceddu, regia di Antonello Murgia. Studio sulla follia in cui si indaga su alcuni aspetti “poco svelati del fascismo che voleva la donna inquadrata in determinati ruoli funzionali al sistema dispotico”.
Domenica 14 al parco archeologico di Genna Maria alle 18 ci sarà Zato & Ychì, regia di Senio Dattena, coreografia e danza di Valeria Russo e Lucas Monteiro Delfino, percussioni, Marco Caredda (Asmed). Il personaggio principale è un invincibile spadaccino cieco di tradizione giapponese.
Alle 20 al Museo archeologico di Villanovaforru, alle ore 20, va in scena “Tutto tranne Gramsci”, scritto e diretto da Susanna Mameli ispirato a “Le donne di Casa Gramsci” di Mimma Paulesi Quercioli, protagonista Marta Proietti Orzella. Nell’area archeologica di Pinn’e Maiolu la danzatrice Francesca Cola (Compagnia Carovana, Centro Nazionale di produzione di Virgilio Sieni) va in scena con “Ruth. La casa Comune; Rifugio e Risonanze”.
Nell’area archeologica di Genna Maria, del 18 luglio alle 18 Gianluca Podda e Giusy Murgia propongono “Il venditore di fiabe”. Alle 19 spazio a Giorgina Pi una delle protagonista del teatro contemporaneo italiano che proporrà un inedito lavoro simile a un radiodramma da ascoltare in cuffia. “Nata vicino ai fantasmi, nata Tempesta, Un diario da ascoltare in cuffia”, produzione Bluemotion. Così Giorgina presenta il suo lavoro: “Da quando ho iniziato ad amare Kae Tempest (poetessa e musicista inglese), la mia vita si è riempita ulteriormente di suoni… La mia immaginazione è una sfera irregolare che prende spesso forma tra note, orchestrazioni e voci. Lingue lontane e voci care, pianoforti amati e suoni elettronici e sempre la poesia – sempre! – mi permettono di rimanere altrove, segretamente commossa quando il mondo rischia di farmi troppo male. “Nata vicino ai fantasmi. Nata tempesta” è un abbraccio di minuti intimi, da ascoltare in cuffia, un diario audio di quello che ho vissuto in questi anni immersa nel mondo di Tempest. Piccole gemme di pianti e rinascite di un momento inaspettato dove cose trovate per terra diventavano tesori. È un augurio di rinascita infinita, un atto di gratitudine all’invisibile”.
Alle 20 nello stesso spazio va in scena “Arianna nel labirinto” di Vito Biolchini e Salima Balzerani (produzione del Crogiuolo). In questo spettacolo diretto dagli stessi autori Arianna non è più giovanissima. “È una donna adesso e, ripensando al suo passato, svela particolari inediti del suo amore con Teseo, del matrimonio con Dioniso e della terribile vicenda del fratellastro, il Minotauro. Tutto è cambiato da allora e Arianna ha deciso di assecondare un sogno, che la farà tornare nel luogo più misterioso e terribile di tutti: il labirinto”.
A Pinn’e Maiolu alle 21,30 c’è invece Elena Bucci con Marco Sgrosso in “La canzone di Giasone e Medea” da Euripide a Seneca, da Apollonio Rodio a Franz Grillparzer e Jean Anouilh, regia della stessa Bucci, in collaborazione con Sgrosso interpreti con Nicoletta Fabbri, Francesca Pica e Valerio Pietrovita (produzione Le Belle Bandiere). Per l’autrice “ Entrare nel mito significa anche evocare l’armonia di una lingua perduta cantata e danzata e i riti del ritrovarsi a ridere e a piangere in luoghi dove l’incanto della natura amplificava quello dell’arte. “Indaghiamo le molte versioni di una stessa storia e le ragioni diverse dei personaggi… Medea è una strega straniera capace… di colpire i suoi stessi figli? Una vittima del potere resa folle dall’ingiuria dell’abbandono? Giasone è un traditore, un egoista, un abile stratega che calcola i vantaggi di un matrimonio importante con la figlia del re? La vicenda della madre assassina e dell’eroe greco indegno di gloria continua a spaventarci dopo millenni mentre le parole di Euripide e le successive riscritture del mito introducono temi che ci toccano profondamente: i diritti degli esuli in terra straniera, la violenza del potere nella polis e tra gli individui, la differenza tra amore e possesso, il valore della parola data, il sospetto verso le arti magiche e il timore della conoscenza… Per toccare questa incandescente materia indossiamo maschere contemporanee che mescolano i tratti della tradizione italiana con quelli di antiche culture… Il mito diventa una ballata popolare che narra dell’amore che si trasforma in morte… Come accade nel caso di alcune antiche melodie che si ritrovano in tutto il mondo, rinnova la memoria del patrimonio ereditato da chi ha vissuto prima di noi perché torni ad essere suono vivo, coscienza, catarsi che trasforma il dolore in sapienza…”
Il 19 luglio spazio a “Come d’incanto” di Monica Corimbi (ore 18) nello spazio di Genna Maria. “Why Clitennestra” è invece lo spettacolo di Effimero Meraviglioso e Asmed con Miana Merisi, regia di Maria Assunta Calvisi di scena alla Scuola elementare di Villanovaforru alle 19,30. Il testo è inserito in “Fuochi”, dove Marguerite Yourcenar ha raccolto una serie di prose liriche collegate dal tema dell’amore. Amori guardati sotto una lente soggettiva e dissonante che fa intravedere possibilità diverse e originali di lettura. Anche nel caso di Clitennestra, dove l’amore prende il sopravvento sulla vendetta. Perché ha ucciso l’unico uomo che ha amato disperatamente e ha aspettato per dieci lunghi anni? Cosa ha da svelarci un uxoricidio in un’epoca di femminicidi efferati e ormai ricorrenti come un virus? Lo spettacolo vuole affondare le mani in questo terreno scivoloso, senza pretendere di dare risposte, e si racconta con le parole, l’intensità dei corpi, con le immagini suggestive proiettate a tutto schermo.
A Pinn’e Maiolu “Vestita di lui” è il titolo dell’omaggio di Iaia Forte al poeta Sandro Penna (ore 21,30) “Un poeta che amo da sempre, – dice Forte – e a cui da tempo pensavo di dare voce. La sua grazia, sensualità, originalità e mistero mi fanno incontrare le sue parole con lo stesso stato d’animo con cui si va ad incontrare un innamorato. Sono grata di questa occasione, come si è sempre grati a chi ti permette un amore”. Il 20 si apre nella scuola elementare di Villanovaforru con “Cammina cammina lucertolina” di Fueddu e Gestu con Maura Sgrussu e Nanni Melis, musiche di Ottavio Farci e Veronica Maccioni. Regia di Giampietro Orrù. Alle 20 al Museo Archeologico va in scena “La strada che va in città” di Natalia Ginzburg con Valentina Cervi, regia di Iaia Forte.
Lo spettacolo è tratto dal romanzo d’esordio della Ginzburg, una delle più importanti scrittrici del Novecento italiano: la storia di una ragazza, Delia, che sceglie di fare un matrimonio d’interesse, di prendere la strada che va in città. Per poi accorgersi che il vero amore è altrove. Passioni senza via d’uscita, vite alla deriva, anime alla ricerca di un approdo sicuro dove lenire le proprie delusioni: con forte realismo ma senza alcun giudizio morale, l’autrice in questo romanzo descrive la solitudine di un’esistenza che nel gioco della memoria rievoca ciò che le è passato accanto come un mistero incomprensibile e inafferrabile.
Alle 22 in Piazza Municipio uno dei più interessanti teatranti di queste ultime generazioni, Saverio La Ruina porterà in scena il suo “Via del Popolo”, Premio Ubu 2023 come “Migliore nuovo testo italiano e scrittura drammaturgica”.
“Via del popolo” è “un tratto di strada di una cittadina del Sud che un tempo brulicava di attività: due bar, tre negozi di generi alimentari, un fabbro, un falegname, un ristorante, un cinema. Due uomini percorrono la via, un uomo del presente e un uomo del passato. Il primo impiega 2 minuti per percorrere 200 metri, il secondo 30 minuti. È la piccola città italiana a essere cambiata, è la società globalizzata. Ai negozi sono subentrati i centri commerciali e la fine della vendita al dettaglio ha portato via posti di lavoro, distruggendo un modello sociale ancora basato sulle relazioni personali. ‘A cu appartènisi’, chiedevano i vecchi paesani, a chi appartieni? E dalla risposta ricavavano le informazioni essenziali sulla tua identità. “Via del Popolo” è il racconto di un’appartenenza a un luogo, a una famiglia, a una comunità. Ma quei duecento metri rappresentano anche un percorso di formazione in cui sono gettate le basi della vita futura, dal quale emergono un’umanità struggente, il rapporto coi padri, l’iniziazione alla vita, alla politica, all’amore. E non solo, “Via del Popolo” è anche una riflessione sul tempo, il tempo che corre ma che non dobbiamo rincorrere, piuttosto trascorrere”.
Attori e burattini il 21 alle 17 nell’area di Genna Maria in “Alla ricerca dei nuragici” idea e regia di Ivano Cugia con Elena Carrus, Ivano Cugia, Andrea Gandini (produzione Origamundi). Alle 19,30 a Pinn’e Maiolu Paolo Panaro presenta “Decameron” dove raccoglie il prologo diell’opera di Boccaccio e tre novelle.
Finale elettrico nello stesso spazio alle 22 con Francesca Morello e Silvia Calderoni dei Motus in “It’s Not Fair To die”-Soundtrack”. “Al centro “Tutto Brucia (Music from the Motus Show)”, la colonna sonora originale composta da Morello, in arte R.Y.F., per l’omonimo spettacolo teatrale dei Motus, che la vede protagonista in scena (canzoni e musiche live) con Silvia Calderoni – attrice icona della storica compagnia di teatro di innovazione fondata da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, che interagirà con Morello a Villanovaforu – e Stefania Tansini. Motus, molto conosciuta anche a livello internazionale, due anni fa fu ospite del NurArcheoFestival con una memorabile messa in scena di “Tutto brucia” al Nuraghe Arrubiu di Orroli, una riscrittura delle Troiane di Euripide attraverso le parole di J.P. Sartre, Judith Butler, Ernesto De Martino, Edoardo Viveiros de Castro, No Violet Bulawayo, Donna Haraway.”
Non lontano da VillanovaForru a Baressa dal 10 al 13 luglio la residenza “Las Muchissimas” della danzatrice catalana Mariantònia Oliver rivolto a donne tra i 65 e gli 80 anni in collaborazione con Carovana SMI. “Il fulcro sarà la felicità, come sentimento radicato e unificante, per esaltare la gioia di essere quello che le donne sono, la soddisfazione di potersi guardare allo specchio, di riconoscere le strade intraprese e di alzare la testa. La felicità di poter raccontare le proprie storie con orgoglio e responsabilità. Las Muchíssimas sono corpi diversi, corpi che parlano, campi di battaglia. Attraverso il corpo si vivono amore, piaceri, dolore, paure, furie, gioie, ferite, identità, sogni, ed è di questi corpi che le donne vogliono riappropriarsi”. Il 13 nella Casa museo l’esito finale con la compagnia di Mariantònia Oliver che mette in scena “Las Muchas”. Che incredibile confusione. Il 14 luglio ore 21 produzione neroteatro, va in scena “Che incredibile confusione”, regia di Massimo Melis.
Il 17 luglio è la giornata delle Albe a Baressa dove è stato spostato anche l’esito del laboratorio condotto da Marco Martinelli nella scuola elementare di Villanovaforru. Alla Casa Museo (ore 20,30) va in scena “L’abbaglio del tempo”, di Ermanna Montanari del Teatro delle Albe che leggerà alcuni testi dall’omonimo libro di cui è l’autrice. “Nel casolare in cui vivevo da bambina c’era una stanza al pianterreno che si teneva sempre chiusa, chiamata ‘la camera da ricevere’… La camera si apriva solo due volte l’anno, a Pasqua e a Natale, per accogliere i parenti, tutti abbigliati nei loro goffi vestiti della domenica. Ci si sedeva sulle sedie ancora ricoperte col nylon e si stava a occhi bassi per il pudore di guardarsi nelle specchiere. La camera da ricevere era un luogo ostinatamente cieco e fantasticamente seducente per la mia curiosità infantile. Quella camera era la cassa di risonanza, il risucchio di tutte le voci della natura, di tutti gli attraversamenti del giorno che la stanza trasformava in notte: le cantilene dei braccianti nei campi, il mugghiare delle mucche nelle stalle e il continuo rimestare di vivande. La camera da ricevere era diventata il nascondiglio dove, senza essere vista, potevo confidare le mie avventure canterine e i miei travestimenti, che da lì iniziarono a prendere forma”.
E si va alle ore 22 per l’esito finale di “Mi ritrovai” di Marco Martinelli fondatore e regista del Teatro delle Albe di Ravenna, vincitore di diversi Premi Ubu. L’esito è un’azione corale che ha presole mosse dal laboratorio condotto da tre giorni al centro del paese dal 13 al 15 luglio rivolto a 50 tra cittadine e cittadini e viaggerà come temi da Dante a Cervantes. crive a questo proposito il regista: “ L’universalità del racconto dantesco parla a tutti e in ogni latitudine: tutti sappiamo, per esperienza, cosa sia il sentirsi smarriti nella ‘selva’, nelle sabbie mobili della nostra angoscia, sul punto di affogare… Fin qui è l’esperienza di tutti e Dante ci prende per mano e ci sussurra ‘anch’io pellegrino, anch’io esule, anch’io smarrito lungo la via, come voi’. Accantoniamo quindi la retorica del Sommo Poeta, il Padre della Lingua e della Letteratura italiana, accantoniamo il Monumento che intimidisce: Dante è tutto questo, certo, e la Commedia è Divina perché è un romanzo immenso, è cinema, psicanalisi, speleologia, teatro, alchimia di canto e arte che stordisce: ma, prima, Dante è l’uomo che si svela, che ci confessa ‘mi ritrovai’… che indica il fragile cammino della ‘nostra vita’, la vita di tutti. Ma proprio lì, in quella tenebra, lì dove il sipario sembra calare per sempre, proprio lì è possibile trovare la forza per il salto, lì c’è l’Imprevedibile, il Bene – sussurra il poeta al nostro orecchio: ‘il ben ch’io vi trovai’ – da lì potremo intraprendere il viaggio che ci traghetterà dall’oscurità alla luce. Il Paradiso è già in quel primo passo fuori dalla tenebra”.
Ben più antico del “Nur Festival” “La notte dei Poeti” è stato in qualche modo precursore dell’incontro tra teatro e spazi archeologici. La rassegna, giunta alla sua quarantaduesima edizione, allestita da Cedac con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni, si tiene infatti nell’area archeologia dell’antica città sul mare di Nora a pochi chilometri da Cagliari. Più orientata verso la prosa con qualche interessante apertura al contemporaneo e anche alla musica “La Notte dei poeti” avrà anche questa edizione alcuni protagonisti della scena nazionale.
Si è aperto il 12 con “La morte ovvero il pranzo della domenica” della Compagnia Diaghilev – Dammacco/Balivo: una pièce originale ideata, scritta e diretta da Mariano Dammacco (Premio Ubu 2020-2021 ) e interpretata da Serena Balivo (Premio Ubu 2017 – miglior attrice Under 35) che affronta con delicatezza “il più grande tabù della nostra cultura”. Una donna non più giovane si reca ogni settimana dai suoi anziani genitori, acutamente consapevoli dell’imminenza della fine così che il rito familiare del pasto nel giorno di festa assume il valore simbolico di un congedo dalla vita e dai propri cari. “La morte ovvero il pranzo della domenica” è impreziosito dalle musiche di Marcello Gori, con consulenza spazio e luci di Vincent Longuemare e oggetti di scena di Andrea Bulgarelli.
E’ di Anna Fascendini la regia de “Sig.ra Rossetta”, (sabato13 alle 21,30) uno spettacolo scritto con Donatella Pau, anche protagonista sulla scena nel ruolo di una donna anziana, perduta tra i ricordi, con musiche originali di Tomasella Calvisi, disegno luci di Loïc François Hamelin, costruzione scene e marionette a cura di Antonio Murru e Donatella Pau, sartoria di Alessia Marrocu, produzione Is Mascareddas. Una enigmatica figura femminile, una creatura senza tempo e senza età, in attesa (forse) di una visita, come in un gioco inizia a narrare la sua storia “fatta di casine, di dolci profumati, di sentieri nel bosco e di un lupo, che arriva sempre a scompigliare l’ordine delle cose”.
Omaggio ad Amàlia Rodrigues della cantante catalana Franca Masu in “Fado, meu Amor” (18 luglio alle 20) accompagnata da Mario Pacheco alla chitarra portoghese e Carlos Manule Proenca alla viola. Un’antologia raffinata di “canzoni che riflettono l’anima di un popolo, la sua memoria e le sue radici, tra melodie che parlano d’amore e di nostalgia, di passioni e tradimenti, di felicità e di rimpianti con i versi dei poeti, facendo vibrare le corde del cuore”. Interprete versatile, nota e apprezzata in Italia e all’estero, Franca Masu ricorda la Regina del Fado, a venticinque anni dalla scomparsa, con un concerto dedicato alla ricca tradizione della canzone lusitana.
”The Last Lamentation” è una “elegia funebre” per il Mediterraneo (19 luglio alle 19,45) progetto di Valentina Medda, che firma anche drammaturgia e regia della performance, ispirata all’antica tradizione delle prefiche, “che mette in relazione il lamento della Sardegna – luogo di nascita dell’artista – con quello dei paesi limitrofi”. Un’opera insieme arcaica e moderna, in cui la voce solista di Marianna Murgia si intreccia e fonde a quelle del “coro”, rigorosamente al femminile, formato da Gaia Assiero Brà, Manuela Bernardi, Sara Broi, Donatella Cabras, Manuela Manca, Paola Marongiu, Daniela Mormile, Carla Orrù, Raffaelangela Pani e Giovanna Rita Pau,
“Lettura Clandestina” tratta da “La solitudine del satiro” di Ennio Flaiano è servito come ispirazione per questo lavoro che vede in scena Fabrizio Bentivoglio (20 luglio alle 20) e interpreta “le prose argute e pungenti del grande scrittore, giornalista, drammaturgo, sceneggiatore e poeta abruzzese” sulle note del contrabbasso di Ferruccio Spinetti, in un recital ironico e avvincente su fasti e miserie del Belpaese. “Figura di spicco del Novecento, raffinato intellettuale, ben inserito nella feconda temperie artistica della capitale, Ennio Flaiano, attento testimone del suo tempo e profondo conoscitore dell’animo umano, traduce in chiave umoristica e satirica, come nei suoi folgoranti aforismi, le sue riflessioni sulla società italiana, tra vizi e (rare) virtù”.
Il 21 luglio alle 2o va in scena “Metamorfosi”, dal celebre poema di Ovidio, con adattamento e regia di Andrea Baracco (produzione Cardellino srl) per una moderna rilettura, con la voce recitante di Nina Pons e le danze e le percussioni dei Munedaiko (Mugen Yahiro, Naomitsu Yahiro, Tokinari Yahiro), di alcune storie emblematiche. Si parte dall’Origine del mondo, con il caos primordiale che si trasforma e riplasma per volontà di un dio, tra la separazione di cielo e terra, la distribuzione delle acque, la nascita delle stelle e la creazione dell’uomo, in un racconto visionario e potente. “La favola tragica dell’amore non ricambiato di Apollo per Dafne, con la fuga disperata della bella ninfa nel tentativo di sottrarsi al suo inseguitore e la selvaggia furia del dio, accecato dal desiderio, in una vicenda tra eros e thanatos che rimanda alle cronache recenti e al dramma dei femminicidi. Infine il folle volo di Fetonte sul carro del sole: «un clamoroso disastro aereo» ante litteram, causato dall’entusiasmo e dalla temerarietà del giovane, che incurante dei consigli si slancia nella sua corsa nel cielo e «precipita come una stella cadente».
Duplice appuntamento tra danza e teatro per il 24 luglio. Alle 19,45 va in scena “Swan” di Gaetano Palermo con Rita Di Leo, sound di Luca Gallio. Si ispira a “La morte del cigno” di Michel Fokine per Anna Pavlova. La performance “oltrepassa le tradizionali definizioni di danza e di teatro” e usa la pratica sportiva come metafora della vita “in tutta la tragica banalità di una coazione a ripetere”. “Swan” mostra una situazione quotidiana e quasi banale: «una giovane donna sui pattini impegnata si allena, ascoltando della musica in cuffia e si riprende live con il proprio cellulare mentre si libra con trasporto e ostinazione in traiettorie ellittiche ritornanti». La serenità viene interrotta, «suoni di spari invadono la scena, il corpo cade, si ferisce»: il dramma irrompe sulla scena, la sfida della pattinatrice contro se stessa, nel tentativo di aumentare la sua resistenza e misurare superare i propri limiti, giunge a un punto di rottura”.
E’ invece un’indagine sul corpo (24 luglio alle 20,15) quella di e con Rossella Dassu “In Corpo-Reo.4/Quarto Studio per corpo colpevole”, sound design di Marianna Murgia. L’attrice, autrice e regista Rossella Dassu analizza “quel corpo gettato nel mondo dal mistero e attrezzato di un pensiero e di un linguaggio che non sono sufficienti per esprimere il paradosso dell’esistenza umana”, sempre imperfetto, inadeguato davanti all’”impero dello sguardo”. In chiave quasi autobiografica “la performance esplora la corporeità, alla ricerca di una via di fuga, di un infinito capace di contenere il proprio grido d’esistenza” nella consapevolezza della propria fragilità, della decadenza e della fine: “essere in-carne-nate” – sottolinea l’artista – “è un’esperienza che col passare del tempo si fa sempre più difficile”.
Il giorno dopo 25 luglio alle 20 va in scena “Una Guerra” di Michele Santeramo e Anna Foglietta nel ruolo di una donna in fuga da un paese in macerie. “Una moderna eroina, una vedova, abbandona la patria distrutta e cerca di porre in salvo i propri figli conducendoli lontano, al di là del mare: il suo viaggio difficile e pericoloso culmina proprio durante la traversata del Mediterraneo, quando dovrà prendere una decisione che segnerà la sua vita. “Una Guerra” racconta “una storia di malessere, di presa di coscienza di quel malessere, di quella propria personale “peste””: la protagonista si trova a affrontare oltre alle insidie di un mondo ostile e estraneo, un proprio percorso interiore, districandosi tra i fantasmi del passato e le inquietudini del presente, e “anche per lei, una storia del Decamerone sarà la guarigione”.
E’ un omaggio al grande Enzo Jannacci quello reso dal figlio, il pianista e direttore d’orchestra Paolo con la Band nel recital “In concerto con Enzo” (26 luglio alle 20). In programma una antologia di canzoni indimenticabili che compongono la colonna sonora di varie generazioni, da quelle più ironiche e surreali a quelle più intimistiche struggenti, pregevole eredità di un artista eclettico, capace di spaziare la musica e cabaret, tra i protagonisti della cultura italiana del Novecento. Sul palco insieme con Paolo Jannacci (pianoforte e voce), Riccardo Fioravanti (basso), Daniele Moretto (tromba / flicorno e cori) e Stefano Bagnoli (batteria e percussioni).
“Tantissimi amici hanno chiesto di potermi ascoltare in concerto, facendo vivere ancora le canzoni del papà, sapendo che io fossi la persona più indicata per farlo» – racconta Paolo Jannacci –. «Ho deciso di offrire al pubblico uno spettacolo di canto e musica, che comprende il mio repertorio di brani jazz originali e le canzoni di Enzo più care al pubblico e alla mia famiglia. Non ci saranno tanti fronzoli; solo il reale della musica, che spero arrivi dritta al cuore di chi l’ascolta”
“Medea/Fragments”, pièce che intreccia (27 luglio alle 20) Euripide, Seneca, Grillparzer ed Heiner Muller per raccontare la principessa della Colchide, regia di Mattia Sebastian Giorgetti. In scena Benedetta Laurà, Elisa Bruschi e Anna Germani. “Seduta al centro del suo regno di assenti, Medea ricorda e vomita… riversa in una eiaculazione di parole il dolore dell’abbandono, dello sradicamento, il dolore del tradimento…». La donna ferita e abbandonata, straniera in terra straniera, «abiura all’essere madre per riconquistarsi, partorisce una vendetta oscena per cancellare i segni di una perdita insostenibile. Si libera. E dimentica»
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