Teatro

Teatro, a Modena, gli eroi della “Società dell’incertezza”

23 Marzo 2025

MODENA – Questa Terra ha ancora bisogno di eroi? Difficile di questi tempi trovare una risposta. Se riferito al cammino di una persona che si sacrifica per la propria comunità è da intendersi come un residuo del tempo – forse non tramontato del tutto- della modernità. La società attuale è però quella della postmodernità. Ha abbandonato, già da lustri, molti valori del passato e ora procede a vista. E’ una società frammentata, dove è difficile individuare e battersi per delle cause, mentre si lascia molto spazio all’egoismo e all’assenza di solidarietà. Si celebra il consumo e si coltiva in modo ossessivo ciò che è nuovo. In campo restano due visioni spesso antagoniste e in perenne tensione tra loro. Come ha individuato il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman nel suo libro “Liquid Life” (2005): l’attuale società produce nell’uomo un desolante senso di precarietà, pochi e instabili i punti di riferimento. Così si vive completamente avulsi in un mondo in trasformazione, pieno di contraddizioni, dove il vecchio non è completamente finito e il futuro è assai incerto e apparentemente senza meta. E’ “La Società dell’incertezza” come recita il piccolo volume, sempre di Bauman, pubblicato nel 2014 (Mulino). Un mondo dove, come scrive l’editore “non c’è posto per la stabilità e la durata, l’apparenza prevale sulla sostanza, il tempo si frammenta in episodi, la salute diventa fitness, la massima espressione di libertà è lo zapping. Dalle macerie del vecchio ordine politico bipolare sembra emergere solo un nuovo disordine globale”. In questo caos le figure più emblematiche sono i giocatori in borsa, dall’insider trading alle criptovalute, e il turista. Ma forse, più di ogni altro, lo straniero.

“I’m Not a Hero”, al Teatro Storchi di Modena con Emanuela Serra, autrice e regista e Alessandro Pellecchi autore delle coreografie (Foto di Alessandro Vitali)

“Per impedire che l’individuo diventi presto straniero anche a se stesso, è giunto forse il momento di guardare a nuove strategie di vita” esorta il filosofo. Ad accogliere queste indicazioni è “I’m Not a Hero. Indagine sulla società dell’incertezza”, spettacolo ideato, diretto e scritto da Emanuela Serra, coreografia di Alessandro Pellecchi, andato in scena giorni fa in prima assoluta al Ridotto del Teatro Storchi, all’interno del focus di drammaturgia fisica “Carne” , diretto dalla coreografa Michela Lucenti, artista associata all’Ert/Teatro Nazionale Emilia Romagna. Ed proprio da quella fucina di creatività, il Balletto Civile, che escono i protagonisti di questo allestimento senza compromessi, con l’imprinting creativo proprio di quella compagnia di cui fanno parte. Danzatori e teatranti che hanno fiducia nelle loro capacità di navigare anche in solitudine. Sono danza-attori di interessante forza espressiva, dotati di matura professionalità. Poco a che vedere con chi coltiva accademie, vecchie e nuove, magari spendendo del tempo a compiacersi in un esercizio eseguito a regola d’arte. Artisti cioè più solidi che mirano concretamente al racconto del contemporaneo.

Dentro “I’m not a hero” c’è l’energia e il furore appassionato di chi vuole andare oltre il racconto del proprio tempo scovando percorsi e obiettivi anche inediti. Per farlo utilizza per accumulazione porzioni di arte a cui si ispira: dal cinema all’arte concettuale, dal mondo dei comics alla musica con un collage di brani in relazione stretta con le azioni dei due artisti. Lo spettacolo è esso stesso nel segno della liquidità. Suggerisce scenari dispotici diventando catalogo di azioni fortemente corporee inserite dentro rituali iniziatici, intese come atti di sopravvivenza e rivolta contro poteri che schiacciano e spingono a vivere chiusi in spazi che rimandano ad un tempo mitologico. O a racconti distopici. Sono bottole, mura e cuniculi in cui mimetizzarsi nelle oscurità di un inferno sotto terra a contatto con i topi. I riferimenti letterari a questo proposito sono tanti. Come quelli di tipo scientifico.

“I’m not a Hero” di Serra e Pellecchi, in scena a Modena in prima assoluta inserito nel progetto di drammaturgia “Carne” curato da Michela Lucenti (Foto Alessandro Vitali)

Circola infatti il ricordo degli studi sperimentali dell’etologo statunitense John Bumpass Calhoun che nel 1968 lavorò al progetto “Universo 25”. Otto topi chiusi in uno spazio ben attrezzato con surplus di cibi: uno stato di benessere per una comunità di animali sociali che dopo quasi due anni raggiunse la cifra di oltre 2000 esemplari ma dal seicentesimo giorno in poi andò incontro alla estinzione… Maschi iper aggressivi e incapaci di trovare un partner trascorrono il tempo uccidendosi tra loro. Per Calhoun quell’esperimento conclusosi nel 1973 è la metafora della condizione umana. In grado anche di evocare e ispirare storie e riflessioni sull’umanità: è cioè la rappresentazione di una progressiva cancellazione di identità e perdita di valori a cui anche “I’m not a hero” sembra aderire.

La scena è desolante e, d’altra parte, evoca una sorta di archivio perduto della memoria, popolato com’è da oggetti feticci di un mondo scomparso. Copertoni di auto, una vecchia radio a onde lunghe… Mentre risuonano le note melodiche e techno dell’”Ouverture” di LeBlanc la danzatrice Emanuela Serra si accosta alla luce di una lampada sospesa e solitaria fonte di vita. Aria da mandare nei polmoni attivando energia.

Si odono frasi come parti scomposte di un oratorio ripetuto più volte quasi ad esorcizzare la vita. “Immagina una città… stordito da tutto ciò che c’è intorno”… E’ un racconto di solitudine, disegna habitat post catastrofici popolati da avvoltoi volteggianti in cieli gialli. “Rimbomba la tua fede nei miei dubbi”…

Ancora un momento dello spettacolo allo Storchi di Modena dei due membri del Balletto Civile Emanuela Serra e Alessandro Pellecchi (Fotografia di Alessandro Vitali)

Sono richiami striscianti, immagini rubate a Philip K. Dick. I corpi dei danzatori attraversano la landa desolata, come superstiti di “generazioni frantumate”. Alessandro Pellecchi traccia cerchi bianchi nella terra scura. Il movimento dei danzatori diventa fisico, corporeo. Il western si alterna al gotico. Buck Owens intona “Hello Trouble”, ballabile per cow boys. Attimi dopo e il mood cambia offrendo un omaggio al regista recentemente scomparso, David Lynch, nell’incalzante traccia musicale di “Good day Today” che rimanda ai devastanti scenari splatter e dark del clip girato per la canzone da Arnold de Parscau. Mentre le immagini scorrono Lynch canta “So tired of fire, so tired of smoke/Send me an angel, Save me” (“Sono stanco del fuoco, stanco del fumo/Manda un angelo a salvarmi”)… I due sopravvissuti avanzano al centro della scena. Ciascuno ha affrontato i propri demoni, combattuto le proprie battaglie. Dai labirinti underground assediati da centinaia di topi, al deserto della solitudine. “Ma come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto?”.  E’ ancora nel segno di David Lynch che “I’m not a hero” trova la via d’uscita. L’arpeggio malinconico della chitarra, il violino che l’accompagna nelle note di “Laurens walking”, ballad strumentale di Angelo Badalamenti, parte della colonna sonora del film dello stesso David Lynch, “The Straight Story”. Una storia vera. Quella di Alvin Straight, contadino ultrasettantenne che un giorno riceve una telefonata. Il fratello Lyle, con cui non ha più rapporti da moltissimi anni, ha subito un infarto. Alvin (interpretato da uno straordinario attore, Richard Farnsworth) non ha più patente ma decide di partire lo stesso. Con il suo lentissimo trattorino tosaerba, un rimorchio e una tenda, attraversa gli sterminati campi di mais dello Iowa in direzione del Wisconsin, a casa del fratello Lyle. Quattrocento chilometri percorsi in sei settimane.

Alessandro Pellecchi ed Emanuela Serra in una scena dello spettacolo “I’m Nor a Hero” (fotografia di Alessandro Vitali)

Gli eroi siamo noi. Gente qualunque come Alvin. Se riusciamo a realizzare che possiamo fare causa comune e ripartire affrontando le sfide che stanno davanti a questa disastrata umanità. Siamo alla fine, Emanuela Serra inanella versi taglienti come un rap di vecchia scuola seguendo l’incalzate ritmo di un suono punk. “Respira”...

A chi «manipola» e trasforma le cose non interessa conoscere la natura della realtà su cui interviene, ma sapere quale forma dovranno assumere. Chi invece «assapora», vuole che le cose abbiano il proprio sapore originale: “aiutare” le cose a sprigionare pienamente il sapore che solo esse possono offrire, può procurare un piacere maggiore. E il vero sapore, il fascino, della cosa chiamata «l’Altro» è la sua irripetibile, unica, e libera alterità. La stessa forza che contraddistingue i «cercatori e ricettori di sensazioni» può anche unirli; non solo renderli tolleranti alle peculiarità altrui, ma anche solidali con gli altri: trovando piacere esattamente nella libertà degli altri e assumendosi la responsabilità della loro peculiare unicità” (Zygmunt Bauman- “La società dell’incertezza” (1999- Il Mulino)

“I’m not a hero-Indagine sulla società dell’incertezza”: ideazione, regia, testi Emanuela Serra; coreografia Alessandro Pallecchi; con Emanuela Serra, Alessandro Pallecchi;

voce registrata Maurizio Lucenti; progetto sonoro Guido Affini, luci Lorenzo Diofili; assistenza alla messa in scena Balletto Civile; produzione Balletto Civile.

Prossimi appuntamenti CARNE: 28 marzo, Teatro Dadà – Castelfranco Emilia: Frammenti di infinito, Aristide Rontini.

4 e 5 aprile, Teatro Arena del Sole – Bologna: Mario e Maria, Poetic Punkers (prima nazionale); 9 aprile, Teatro Bonci – Cesena: White Out, Piergiorgio Milano.

17 aprile, Teatro Arena del Sole – Bologna: Manifesto Cannibale, CollettivO CineticO

Il manifesto del film “The Straight Story” di David Lynch omaggiato in “I’m not a Hero” lo spettacolo di Emanuela Serra e Alessandro Pellecchi in scena a Modena

 

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