Teatro
Se la guerra brucia ancora dentro Le Troiane
Troina. E su che cosa mai dovrebbe interrogarsi oggi il teatro oggi, ancora e ancora, se non s’interroga sull’infinita, atroce e disumana follia della guerra? Anzi è obbligatorio che lo faccia, affrontando tutti i rischi della verità e della politicità. Rischi salutari per il teatro stesso, per il pubblico, per la società e per la cultura contemporanea nel suo insieme. Meno male anzi che accade, meno male che il teatro, quello migliore, prende posizione e non diserta le domande e le questioni più profonde e scomode. È quanto vien fatto di pensare in margine a “Le Troiane, in guerra per un fantasma”, lo spettacolo che Carlo Cerciello ha costruito basandosi su Le Troiane di Euripide e integrando il testo con Elena e Ecuba dello stesso drammaturgo classico, nonché con inserti di scrittura e pensiero tratti da Seneca, Giraudoux, Sartre. Le donne troiane, vinte, catturate, disperate si trovano raccolte sulla spiaggia difronte a Troia ormai distrutta, in attesa di partire. Sono tutte schiave, concubine forzate dei Greci vincitori. Tra esse ci sono Ecuba, la regina, che sarà proprietà di Odisseo, l’uomo più odioso e odiato tra i Greci, Andromaca la moglie di Ettore, il più valoroso dei Troiani, che sarà schiava e concubina di Neottolemo, il figlio di Achille l’assassino di suo marito, Cassandra la bellissima profetessa di Apollo schiava e concubina di Agamennone. Anche Elena è tra quelle donne ed è già nelle mani del suo stesso marito tradito e umiliato Menelao. Eppure, sostanzialmente, in quel contesto tragico è un fantasma, mentre si trova in carne e ossa in Egitto, secondo una beffarda e irrazionale volontà degli dei e come racconta un’altra versione del mito utilizzata dallo stesso Euripide nell’Elena. Lo spettacolo ha debuttato a Napoli proprio nel Teatro Elicantropo, tra gennaio e febbraio, e ha replicato a Troina, in Sicilia, in provincia di Enna, il 5 luglio nel contesto dell’interessante e colto Mythos Festival progettato e diretto da Luigi Tabita. Questo festival, giunto alla sua IV edizione vedrà nell’interessante cornice culturale e architettonica di questo borgo medievale siciliano sei spettacoli e due laboratori per giovani artisti (uno tenuto da Liv Ferracchiati, l’altro da Roberto Latini).
Ritornando a Troiane, in scena, oltre Imma Villa, nel ruolo di Ecuba, ci sono Maria Chiara Falcone (Cassandra), Cecilia Lupoli (Elena), Serena Mazzei (Andromaca); i costumi sono di Antonella Mancuso. le musiche originali di Paolo Coletta. le scene Andrea Iacopino. Come si diceva si tratta di una riflessione sulla follia della guerra: una riflessione già totalmente presente in Euripide con la quale Cerciello si confronta con la profondità e la radicalità intellettuali che gli sono proprie. Ora, fermo restando che Imma Villa realizza una gran prova d’attrice (intensità, controllo rigoroso del pathos e intelligenza del testo) e che le artiste che le stanno accanto sono tutte all’altezza della situazione, come si dipana il congegno drammaturgico? Lo spettacolo si apre con un imput immediato, centrale, definitivo: una chat, una chat qualunque come ce ne sono milioni quotidianamente nel mondo globalizzato, una chat in cui, quasi come in un’attuale e oscuro contesto oracolare, Atena e Poseidon ridiscutono, ribaltano gloria, peripezie e fortune dei greci vincitori e delle vittime troiane. Sono pochissimi gli eletti in grado di scrutare quel contesto oracolare, di capirlo veramente e di tradurlo in chiara comunicazione. Balza quindi in primo piano la figura di Elena che viene visivamente (e significativamente) associata a Marylin Monroe che augura – ed è noto a tutti quanto sensualmente – happy birthday a John Kennedy. Elena è il fantasma, vacuo, tremendo, irresponsabile, della bellezza femminile che circuisce e insieme subisce e domina il potere maschile, senza mai metterne tuttavia in discussione il reale predominio. È una intuizione importante ed è una intuizione politica: il potere che schiaccia quelle donne (compresa Marylin/Elena) è il potere maschile, violento, capitalista e occidentale. Nel caso in specie, ad essere focalizzato apertamente è il potere militare del corrente governo israeliano che, dopo aver subito il feroce e inopinato atto terroristico di Hamas (del 7 ottobre 2023, 1200 tra civili e militari israeliani, 270 persone rapite), ha lanciato un’operazione militare di rappresaglia e vendetta contro i Palestinesi nella Striscia di Gaza, massacrandone, al di fuori di qualsiasi misura di proporzionalità, a decine e decine di migliaia (e poco importa se si tratta o meno, letteralmente, di un genocidio). In questa tremenda situazione le Troiane sono, indiscutibilmente, ai nostri occhi l’archetipo vivo delle donne Palestinesi che nella guerra hanno perduto e stanno perdendo tutto e tutti. I loro monologhi bruciano e sono intrisi di sangue innocente versato e ancora caldo, di dolore impotente, di umanissima rabbia. Il dialogo “giudiziario” tra Ecuba e Elena resta ancorato a Euripide, ma richiama tutte e tutti alla responsabilità che tutti abbiamo e dobbiamo sentire forte nel tentare di porre fine alla follia bellica.
Nulla quaestio se non che, associando direttamente la voce tragica a una pagina precisa, aperta e insanguinata dell’attualità politica, si restringe (e forse si indebolisce) il campo dell’universalità e della politicità del teatro e magari fosse vero che la violenza bellica oggi è solo capitalista e occidentale. Magari fosse vero che è solo americana e sionista. Purtroppo, nel nostro mondo globalizzato, la scelta della violenza e della guerra è ben più vasta e presenta motivazioni più ampie, profonde, divaricate, diversificate (geograficamente, economicamente, culturalmente, politicamente), sicché il teatro contemporaneo, se vuol dare alla sua voce quell’autenticità – cui non c’è dubbio che Cerciello aspira – non può non farsi sfidare da questa nuova ampiezza e diversità di motivazioni. E non a scapito della politicità del teatro in quanto tale, ma nella capacità di ritornare a riflettere e creare nuova consapevolezza su quella “banalità del male” che il novecento ha saputo riconoscere e nominare e della quale si trovano tracce già in Euripide. Ad esempio nelle Troiane euripidee la figura dell’araldo Taltibio (qui non contemplata) realizza quell’agghiacciante possibilità dell’umano capace di portare un bambino a morte (Astianatte, il figlio di Andromaca) solo per eseguire, meccanicamente banalmente, un ordine o portare a compimento un piano politico.
Per maggiori informazioni: https://www.instagram.com/mythostroinafestival
Le Troiane (in guerra per un fantasma).
Troina, 5 luglio, Teatro della Radura. Da Le Troiane, Ecuba e Elena di Euripide, adattamento di Sartre, riscrittura di Seneca. Regia Carlo Cerciello. Con Imma Villa, Mariachiara Falcone, Cecilia Lupoli, Serena Mazzei. Costumi di Antonella Mancuso. Musiche originali di Paolo Coletta. Foto di scena Anna Camerlingo e di Simona Giamblanco. Realizzazione delle scene di Andrea Iacopino. Video editing, Fabiana Fazio. Aiuto regia Aniello Mallardo
Sembra che il mondo di oggi, almeno in Italia, non sia in grado di elevare a riflessione “universale” la riflessione sul “particolare”. Che è invece il segreto dei grandi classici antichi.