Teatro

Se il tempo non fugge invano

3 Dicembre 2022

Non c’è per la mente degli uomini mistero più fitto che l’essenza del tempo. Non c’è e noi viviamo totalmente immersi in questo mistero che ci impregna e travolge senza che ci rendiamo conto della sua presenza se non guardando ai concreti effetti che essa provoca in noi (singolarmente e collettivamente) e nell’ambiente (sincronicamente e diacronicamente), semmai questi ambiti concettuali possono essere distinti. Nulla è più vero e reale del tempo e, al contempo, nulla è più inattingibile e ineffabile. Toula Limnaios, la coreografa Greco-tedesca che opera a Berlino con la sua compagnia (fondata nel 1996 a Bruxelles e residente dal 2003 nella Halle Tanzbühne di Berlino) si è interrogata a fondo su questo mistero, lo ha sviscerato nella sua profondità e nella sua inevitabile essenza filosofica e, nel 2016, ha dato vita a “Tempus fugit”, una coreografia che si segnala per maturità, per complessità e per composta potenza. Un lavoro che si è visto Catania, il 26 e il 27 novembre scorsi, sulla scena di “Scenario Pubblico”, il teatro/casa di “Zappalà danza” che, a partire da quest’anno, è riconosciuto dal Ministero della cultura quale “Centro di rilevante interesse della danza contemporanea”. Concept e coreografia di questo lavoro sono appunto della Limnaios, l’impianto musicale è curato da Ralf R. Ollertz (musicista e compositore da sempre accanto alla Limnaios), mentre in scena ci sono Daniel Afonso, Leonardo D’Aquino, Francesca Bedin, Laura Beschi, Priscilla Fiuza, Alessio Scandale, Hironori Sugata, Karolina Wyrwal. Si è detto, per definire sinteticamente questo lavoro, che in esso si scorgono maturità, complessità e composta potenza: il gesto centrale dal quale tutta la coreografia si apre, si irradia e poi continuamente si rifocalizza è il tentativo – vano, ma necessario evidentemente e ripetuto infinite volte – di tornare indietro, con tutto il peso simbolico, filosofico, politico che questo gesto può avere. Tornare indietro però è impossibile e il tempo spinge gli uomini, li costringe ad andare avanti: annulla i tentativi di tornare indietro, indebolisce i movimenti di retroversione, rompe le concrezioni nostalgiche e moralistiche, erode le mitologie conservatrici e identitarie, sconvolge alleanze e parallelismi che bloccano il presente e il futuro. Il tempo fugge, rendendo il passato, qualunque sia l’aggettivo col quale lo si connota, un fantasma privo di realtà, seppure ancora efficace (psicologicamente, culturalmente, politicamente) nella nostra memoria personale e collettiva e nella costruzione culturale e storiografica. Unica speranza, unico sollievo al dolore e alla fragilità dell’impermanenza è una concezione positiva dell’essere come relazione e cambiamento. Una concezione che deve dispiegarsi in ogni frammento della vita, dell’ambiente (che non può che essere antropizzato e oggi più che mani ne siamo consapevoli) e della storia. Tutto questo attraversa e innerva con evidenza i corpi dei danzatori, impregna la scena, con un notevole dinamismo di foglie dai colori autunnali, e gli sguardi reciproci, connota le relazioni e compone ogni figura di danza, ogni segmento dinamico, ogni rispondenza e intreccio, ogni salto (che sembra voler scartare dalla direzione essenziale), ogni gesto insomma dello spettacolo. Al pubblico arrivano l’emozione e la densità intellettuale di un lavoro di concezione generosa e complessa, seppure sviluppata nell’alveo di una drammaturgia implicita, lineare, coesa. Per diversi motivi, anche nobilissimi, tendiamo a tornare indietro ma la struttura dell’essere non può che progredire. Essere consapevoli di questo, anche attraversando il dolore che questa consapevolezza implica, significa poter essere felici.

 

»TEMPUS FUGIT«

Concept e coreografia di Toula Limnaios. Musica di Ralf R. Ollertz. Danza e creazione di Daniel Afonso, Leonardo D’Aquino, Francesca Bedin, Laura Beschi, Priscilla Fiuza, Alessio Scandale, Hironori Sugata, Karolina Wyrwal. Luci di Felix Grimm. Scene e costumi di Antonia Limnaios e Toula Limnaios. Assistente alla coreografia: Ute Pliestermann. Luci e tecnica: Domenik Engemann, Jan Römer. Crediti fotografici: Petru Cojcaru.

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