Teatro

Se il teatro si fa alla radio (rai)

6 Dicembre 2015

È stato un mese totalmente dedicato al teatro: come ogni anno Radio3Rai dà grande spazio alla prosa, e novembre si trasforma in un vivacissimo contenitore di novità, di pezzi d’archivio, di serate in diretta dal mitico sala A di via Asiago in Roma.

Dobbiamo a Laura Palmieri e Antonio Audino, dunque, “Tutto Esaurito!”, ovvero il palinsesto teatrale del terzo canale radiofonico: passione e gusto per la scoperta hanno animato le scelte di questo fitto calendario.

Tra le nuove produzioni sono particolarmente interessanti – e scaricabili in podcast – alcuni radiodrammi dedicati al “grande nord” ma coinvolgenti sono state le serate live: dall’apertura, che ha omaggiato Pier Paolo Pasolini il 2 novembre, allo spettacolo dedicato a Bolaño di Maria Paiato, passando per Figlie dell’Epoca, sulle donne durante la Prima Guerra mondiale, di e con Roberta Biagiarelli e per tanti altri appuntamenti.

La serata che ho avuto il piacere – è il caso di dirlo – di ascoltare e vedere in diretta è l’ultima, lo scorso 30 novembre. Il titolo è A proposito di Cechov, di Ivan Bunin, nell’adattamento e la regia di Roberto Gandini, splendidamente interpretato da Alessandro Averone, Viola Graziosi e Graziano Piazza, sulle musiche di Roberto Gori.

Si tratta di un’agile e efficace riduzione di un libro – appunto A proposito di Cechov edito da Adelphi – che Bunin, premio Nobel 1933, scrisse dopo aver frequentato l’autore de Il Giardino dei ciliegi, più o meno spesso, dal 1895 al 1904.

Ne esce un ritratto minuzioso della figura dello scrittore, partecipe e affettuoso, che non nasconde  tic (quel modo di guardare al di sopra degli occhiali) e idiosincrasie (nei confronti dei colleghi), visioni e apprensioni professionali o umane.

Soprattutto ne emerge il suo amore bellissimo per Lidija Alekseevna Avilova, anche lei scrittrice, che Cechov conobbe nel 1889. Un amore frastagliato, forse platonico, certo difficile eppure bellissimo. Incontri saltuari, lettere, sogni, parole non dette, giochi innocenti per un corteggiamento reciproco, struggente, romantico e ingenuo ma così pieno di slanci, di vita, da lasciare senza fiato.

Ivan Bunin racconta Anton Cechov con garbo e con sorniona ironia, ma sempre nel rispetto dell’allievo nei confronti di un maestro che tale non voleva essere. Riporta il pensiero dello scrittore, racconta della malattia, degli incontri con Tolstoj, delle vacanze, dei viaggi e delle serate a teatro. Come quella sera del Gabbiano, con quel gioco misterioso per i più, ma non per loro due: quel “se hai bisogno della mia vita, vieni e prendila” che ha commosso più d’uno. L’aveva scritto per la Avilova, è quanto scopriamo leggendo o ascoltando A proposito di Cechov.

La a narrazione così “epistolare”, così evocativa, mi ha fatto pensare a un altro bel lavoro: quel Ta main dans la mienne, che Peter Brook mise in scena con Michel Piccoli e Natasha Perry. Anche lì al centro era Anton Cechov, con le lettere che scrisse alla moglie, l’attrice Olga Knipper. L’altra grande storia del poeta, ritenuta l’unica della sua vita, prima che si sapesse della relazione con la Avilova. Nessuno le credeva, quando lei – peraltro con molto riserbo – fece trapelare la passione (reciproca) per Cechov, e Bunin le ha dato, finalmente, ragione. Forse le due donne si sono “incrociate” nella vita di Cechov: anche se non fisicamente, può darsi che mentre sposava (e amava) la Olga, Anton Cechov pensasse ancora a Lidija. Nel cuore di un poeta attaccato alla vita come lui non poteva non esserci spazio per l’amore.

La serata nella sala A  è stata un momento sublime: per quella strana alchimia, che a volte si incontra a teatro, si è creata una energia sottile, rarefatta, magica. Merito, senza dubbio della materia trattata: che basta sfiorarlo, Cechov, per emozionarsi. Merito dello sguardo accurato e sapiente del regista Roberto Gandini – che amiamo per i piccoli grandi capolavori che realizza, anno dopo anno, con il Laboratorio Integrato “Gabrielli” di Roma – e che qui è stato capace di fare, di una “semplice” lettura, uno spettacolo intensissimo. Merito anche del sottile e garbato tocco al pianoforte di Roberto Gori, musicista di grande capacità compositiva. Ma merito, infine, dei tre interpreti, che hanno dato nuances profonde e lievi, ironiche e suadenti, divertenti e romantiche al racconto.

Graziano Piazza è ormai uno dei maggiori attori italiani: con quel suo aplomb, quell’eleganza un po’ demodé, quella capacità di modulare la voce, i timbri, tiene sospeso lo spettatore per un millesimo di secondo ogni volta, creando poi disvelamenti e soluzioni sempre originali. Certo la scuola Stein gli ha giovato: ma Piazza ha lavorato con tanti maestri della regia, elaborando quindi uno stile suo, personalissimo. Accanto a lui, Viola Graziosi: attrice raffinata, che dà un tocco di sincero pathos al personaggio della Avilova, con quel suo fascino sorridente che l’ha resa viva, presente ai nostri occhi (tra l’altro, Piazza e Graziosi saranno in scena a Roma, fino al 20 all’Argot, con L’intervista di Theo Van Gogh).

Infine Averone, che si sta imponendo alla scena italiana, spettacolo dopo spettacolo: si è fatto apprezzare e premiare come minotauro in Der Park di Peter Stein ma ha un potenziale enorme, l’avevamo già scritto. Qui fa un Cechov suadente, simpatico, dolente, sorridente, sofferente, spiritoso, coinvolgente. Come forse era nella vita.

E sarebbe proprio bello – amici produttori di teatro e organizzatori – che questa “lettura” inventata da Radio3Rai diventasse un vero e proprio spettacolo, qualcosa che possa girare ed esser visto nei teatri italiani. Se ne esce con un sorriso che nasconde bene le inarrestabili lacrimucce.

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