Teatro

Peter Weiss: teatro e testimonianza

5 Aprile 2019

L’altro giorno, a lezione alla “Sapienza” – anche per avvicinarci al 25 Aprile – ho fatto vedere alle studentesse e agli studenti il video de L’Istruttoria, il testo di Peter Weiss, nella versione messa in scena dal Teatro Due di Parma. L’esito è stato estremamente emozionante: sono rimasti tutti molto colpiti, scossi, alcuni davvero turbati.

Seppure attraverso la mediazione del video, lo spettacolo faceva uno straordinario effetto. Doloroso, amaro, disperante.

Il racconto di Weiss, insomma, è ancora sorprendente e necessario. L’opera è nota: lo scrittore ebreo-tedesco seguì il processo di Francoforte (20 dicembre 1963-20 agosto 1965), il primo procedimento penale della Repubblica Federale Tedesca per determinare le responsabilità individuali nei crimini di Auschwitz. Ci furono oltre cento udienze, con quattrocentonove testimoni convocati: l’esito si sostanziò in sei ergastoli, undici pene minori, tre assoluzioni.

E allora, in questa sede, voglio fare un omaggio alla compagnia di Parma, la storica “compagnia del Collettivo”, che dal 1984, ossia venti anni dopo la stesura del testo (la prima messa in scena fu di Erwin Piscator) replica incessantemente, ostinatamente, orgogliosamente L’Istruttoria. Trentacinque anni di lavoro: gli interpreti sono gli stessi – e con commozione ricordiamo una grande attrice, recentemente scomparsa, come Tania Rocchetta – e sono cresciuti dentro quei ruoli scomodi, ostici.

L’Istruttoria, foto di Francesco Bianchi

Lo dichiara il regista e interprete Gigi Dall’Aglio al sito Teatropoli.it: «Abbiamo vissuto questo spettacolo e lo portiamo dentro di noi, anche se siamo indubbiamente cambiati. L’Istruttoria è stata per noi negli anni una cartina tornasole di quanto accadeva realmente sul palcoscenico della politica italiana».

Già, questo è il fatto. Nel ritorno fragoroso e violento della destra in Italia, nella superficialità di una rilettura del passato fatta di falsi miti, di vere e proprie bufale (la reiterata stupidaggine che “Mussolini ha fatto anche cose buone”), la memoria sta diventando un fardello, un peso scomodo con cui si tratta, però, di fare sempre i conti.

Chissà: viene da dire che, forse, se non ci fosse stata L’istruttoria –  quel testo, questo spettacolo –, non ci ricorderemo più tanto del processo di Francoforte.

E oggi sta tornando con forza una pratica di “Teatro-Documento”, basti pensare agli aguzzi lavori di Milo Rau. In questa temperie vale la pena insomma ritornare a Weiss, non solo e non tanto per l’acclamato e storico successo del Marat/Sade, l’altro testo che rese teatralmente famoso l’autore, quanto per questa Istruttoria.

L’Istruttoria: l’ingresso del pubblico, foto di Francesco Bianchi

C’è un legame che lega La morte di Danton di George Büchner d’inizi Ottocento, i drammi didattici di Bertolt Brecht, i lavori di Weiss, quello di Jacques Delcuvelleire con Rwanda 94, certo teatro civile italiano e infine Milo Rau: la voglia, la determinazione, di fare i conti con il reale, di confrontarsi con il proprio tempo e di portare il teatro là dove succedono le cose. Il teatro può essere presente, attento ascoltatore delle dinamiche umane, deve potersi protendere e agire anche e soprattutto, (paradossalmente) fuori dai “teatri”, lontano dagli “edifici di culto”, per andare al centro, al cuore delle contraddizioni del nostro tempo. Ancora vale la pena citare Rau, che ha appena allestito una Orestea a Mosul, ma tanti altri esempi si potrebbero fare di questa condivisa tensione.

Insomma, essere nei luoghi, nei momenti, e renderne testimonianza. Anche per salvaguardare la memoria, ora che tanti dimenticano o fingono di dimenticare. A Parma, al Teatro Due lo fanno da 35 anni. Lo spettacolo è ancora in scena in questi giorni. Con coraggio.

 

Per saperne di più: www.teatrodue.org

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