Teatro
Oleandra: una memoria nel metaverso. Intervista alla regista Caterina Filograno
Dall’8 al 10 novembre al Teatro Fontana di Milano andrà in scena in prima nazionale Oleandra, il nuovo spettacolo di Caterina Filograno con Giulia Mazzarino, Isacco Venturini e Francesca Osso. La pièce, vincitrice del bando di drammaturgia FUTURO PASSATO e del premio di produzione di FESTIL, rappresenta la prima produzione Elsinor della stagione e affronta, con la mescolanza di stili e la sperimentazione umoristica di Filograno, le surrealtà della società che stiamo costruendo, a cui si aggiunge uno sguardo attento verso il futuro.
Al centro dello spettacolo, nato per sviluppare una drammaturgia attorno al tema della memoria, c’è una pianta di oleandro nata e creata all’interno del Metaverso. Tom Lincoln crede di concludere un buon affare quando compra – a scopo di speculazione immobiliare – una villa liberty nel Metaverso. Vuole rivenderne il terreno alla vicina Maison Margiela, interessata ad ampliare i suoi possedimenti virtuali. Ma il sistema sbaglia e non elimina uno dei cespugli di oleandro che separava la Villa dall’esterno. E così quel cespuglio, di nome Oleandra, sopravvive, e mentre Tom e sua moglie Mildred si disperano attorno al mistero – e al miracolo – della sua persistenza molti altri si interrogano. Oleandra diventerà così simbolo inconsapevole della lotta al disboscamento digitale, e intanto viaggerà nel tempo e tra i mondi, per esistere, persistere, e, forse, trovare un’identità. Abbiamo intervistato la regista e drammaturga Caterina Filograno per comprendere meglio il percorso creativo e di realizzazione di questo spettacolo.
Una riflessione sul metaverso, luogo – non luogo, ancora poco conosciuto dal grande pubblico e rispetto al quale non pochi sono i fraintendimenti e le paure connesse. Da che cosa nasce l’idea di parlare di uno spazio ovunque presente e presente in nessun luogo specifico?
Nell’aprile 2022 vinco prima il bando drammaturgico e poi il premio di produzione FUTURO PASSATO, indetto da FESTIL Festival del Litorale in collaborazione con CSS Udine per la scrittura di un testo su metaverso e memoria digitale. Non avrei affrontato queste tematiche di mia spontanea volontà ma ciò di cui da tempo volendo parlare era il rapporto tra noi umani e la tecnologia e porre teatralmente una domanda: come Internet, i social, i videogame in una parola in virtuale stanno cambiando il nostro linguaggio?
Per farlo ho allora deciso di utilizzare il metaverso, che ho capito essere il pretesto perfetto per condurre l’indagine. Ma cos’è il metaverso? Nessuno riesce a dare una risposta chiara a questa domanda. Tutto quello che il metaverso potrebbe essere è soprattutto nelle parole di chi lo ha creato. Ed è partendo da questo concetto – dalla tensione cioè tra il delirio di onnipotenza dell’essere umano e l’altrettanto umano errore (o errare), che invece lo conduce miseramente verso il basso – che nasce Oleandra. Una drammaturgia sull’evaporazione del linguaggio, sull’evoluzione del nostro rapporto con il tempo. Perché la tecnologia sta cambiando la realtà, il nostro modo di relazionarci, le parole che usiamo. Così come il modo in cui ci presentiamo al mondo: gli avatar che abbiamo sui social non sono altro che le nostre nuove, ennesime maschere. Sono questi gli aspetti che indago in Oleandra, utilizzando il metaverso come pretesto per raccontare il presente in tutte le sue contraddizioni.
Nel nostro quotidiano viviamo con l’idea che tutto ciò che è virtuale sia labile ed effimero. Tutto si può creare e cancellare con un click, anche se questo tipo di convinzione si scontra con la persistenza del dato e l’impossibilità del completo oblio digitale. Tutto ciò che vive nel virtuale può – potenzialmente – permanere per sempre o, viceversa, “perdersi” per un semplice errore di codice. Come mai in questo senso hai deciso di affrontare il tema della persistenza (o resistenza) nel metaverso a partire da un elemento naturale?
Io credo che un dialogo filosofico esistenziale sul futuro virtuale della nostra specie non possa che fare i conti con le nostre origini naturali. Ed è per questo che i due protagonisti di Oleandra sono l’avatar di un wannabe startupper / investitore/ yankee e una pianta di Oleandro fatta di pixel.
Sul tema memoria credo che la rigenerazione continua della natura al di là di noi sia un elemento importante per costruirne l’identità. Antitetico in modo assoluto rispetto a ciò che succede alla memoria nel metaverso. Perché il Metaverso – aldilà della nuova visione filosofico | esistenziale che di esso ci offre Marck Zuckerberg – è un luogo pensato per il guadagno. E, inevitabilmente, anche il concetto di memoria è destinato ad assumervi dei risvolti economici non trascurabili. La memoria qui è anche, e soprattutto, la capacità di ciascun bene immateriale di persistere, lasciando le proprie tracce all’interno del sistema. Memoria significa persistenza. E persistenza significa affidabilità economica. Ad oggi, la persistenza non è totale nel metaverso. Anzi. È ancora utopia. Quello che succede nel testo però è che ciò che si credeva un errore si rivela un miracolo e la persistenza di Oleandra consente un happy ending all’insegna del capitalismo. Ma al contempo la natura resiste e tornando indietro tra gli stadi temporali (c’è questo gioco nella drammaturgia) inizia a ricordare e registra tutto quello che è stato detto e fatto a lei e intorno a lei.
Ciò che resiste, nello spettacolo, non sono i muri, non sono i beni materiali che danno profitto, ma un semplice arbusto. Uno dei tanti che, nel mondo reale, osserviamo sparire in nome di un consumo di suolo dettato, appunto, dalla costante espansione. Questo modello si riflette anche nel mondo virtuale, che – forse in modo ancora maggiore – si presta alla commercializzazione di qualsiasi bene o attività. Esiste in questo senso, a tuo parere, una possibile ecologia del digitale, intesa in senso ampio, non solo naturale?
Non so se esiste una ecologia del digitale penso dobbiamo essere molto consapevoli del fatto che noi subiamo una dittatura culturale dell’America ormai da dopo la seconda guerra mondiale che non pare avere termine vicino. Hanno deciso che era cool parlare di femminismo ed è nato il mee too. Hanno deciso che è cool vivere con dei visori una nuova realtà e tutte le big tech ci stanno provando. Io la chiamo la dittatura dei nerd da Jobs a Musk a Zuckerberg che si prendono un po’ di rivincite con la vita. Il metaverso inquina molto perché i macchinari per crearlo consumano energia enorme e al momento non sono smaltibili. Quindi ok forse domani non prenderò più un aereo per volare a Seul per una riunione ma inquinerò in altro modo.
Credo che la parola coolness fondi troppe scelte. E infatti è il mantra preferito del Protagonista Tom nei suoi deliranti monologhi nel metaverso mentre uccide pterodattili.
Che cosa può conservare, anche in ottica futura, in termini di memoria, di persistenza delle “radici”, del contatto con le nostre origini il metaverso?
Ilona Staller dice che il porno è il miglior business perché è un business che non morirà mai. Verissimo. So che è un po’ amara questa visione ma io vedo nel metaverso un grande ritorno al Patriarcato alla sessualizzazione dei corpi alla violenza. E credo che queste siano le sue radici e il modo in cui continuerà a liberare le nostre perversioni. Come già succede nel virtuale. Le nostre radici sono nel sangue, nella lotta, nel videogame dove uccidi tutto ciò che puoi. Non credo questo cambierà col metaverso. Anzi!
Ph. credits Marcella Foccardi
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