Teatro

La Scala dal Piermarini a Botta: 240 anni di trasformazioni architettoniche

3 Dicembre 2018

Con tre giorni di anticipo sulla prima, che il 7 dicembre riporterà sul palcoscenico Attila di Giuseppe Verdi, alla Scala apre  “La magnifica fabbrica”, la mostra sui 240 anni di vita del teatro milanese letti attraverso l’evoluzione della sua struttura architettonica. Dal progetto originario di Giuseppe Piermarini, il percorso iconografico passa per Alessandro Sanquirico e Luigi Lorenzo Secchi e arriva fino a Mario Botta, l’architetto che nel 2002-2004 ha condotto l’intervento di restauro, rifacimento del palcoscenico e ristrutturazione della torre scenica. Sempre Botta metterà la firma sul prossimo ampliamento nell’area di Via Verdi, da completare entro il 2022.

«La chiave di lettura è quella di permettere al pubblico di entrare nella storia della Scala e della città di Milano, attraverso tante microstorie che si alternano nelle varie sale», ha detto Ico Migliore, docente al Politecnico di Milano e curatore dell’allestimento insieme con Italo Lupi e Mara Servetto.

La mostra – a cura di Fulvio Irace e Pierluigi Panza, e realizzata in collaborazione con Intesa Sanpaolo e il sostegno di Edison e Mapei – racconterà lo sviluppo di un teatro che dalla sua nascita è stato specchio della città e delle sue trasformazioni.

«È certamente ancora presente nella memoria della comunità milanese l’avvenuta ristrutturazione del Teatro – ha detto l’architetto Botta, nel corso della presentazione della mostra –. Questa ristrutturazione dell’immagine della “Magnifica Fabbrica” ha innescato al di sopra del tetto di copertura due importanti volumi edilizi (la nuova torre scenica e l’edificio a pianta ellittica dei camerini), dove dentro la cornice astratta delle nuove strutture ha trovato spazio un processo stratigrafico storico-architettonico precedente».

«Il percorso della mostra si conclude con i materiali relativi al nuovo edificio di Via Verdi a completamento dell’intervento realizzato da Mario Botta tra il 2002 e il 2004: un ulteriore capitolo nel costante adeguamento del teatro alle necessità artistiche e funzionali del futuro», ha anticipato il sovrintendente del teatro Alexander Pereira. Nel nuovo ampliamento, al posto di una palazzina su di una piccola area di poco più di 500 metri quadrati, verranno realizzati 17 piani in altezza che offriranno oltre 5mila metri quadrati di superficie per uffici amministrativi (attualmente in altra sede), una sala-prova per il balletto sulla sommità e una sala-prova orchestra ipogea, di ben 14 metri di altezza per rispondere al meglio alle esigenze acustiche.

Tornando allo mostra, va sottolineato che il racconto non si limita a ripercorrere le trasformazioni architettoniche del teatro, ma esplora anche la sua integrazione nel tessuto urbano, e in particolare l’evoluzione della piazza. «Abbiamo aderito entusiasticamente a questa iniziativa per tre ragioni – ha detto Paola Musso, manager di Intesa Sanpaolo –. La prima è il valore intrinseco del progetto, la seconda ragione è per ribadire il legame forte fra la banca e il teatro, che dura da più di un secolo, e infine per raccordare la storia di ispirazione del teatro con la storia della città e del Paese». Non a caso le Gallerie d’Italia, sede museale di Intesa Sanpaolo in piazza Scala, ospiteranno la maquette del progetto di Botta insieme a due pannelli esplicativi. Un collegamento che avviene proprio mentre alle Gallerie è in corso una mostra sul Romanticismo italiano, periodo in cui le vicende artistiche, non solo pittoriche, si intrecciarono con gli aneliti di riscossa nazionale, trovando eco nel palcoscenico ma anche nei palchi del teatro, frequentato dalla borghesia milanese che appoggiava i moti risorgimentali. Il viva Verdi (dove Verdi stava anche per l’acronimo di “Vittorio Emanuele Re d’Italia”), in uso non solo a Milano, faceva all’unisono battere i cuori per l’opera e per la Nazione ancora da unificare.

La mostra, visitabile fino al 30 aprile, ha ottenuto un supporto forte dei partner storici della Scala, e in particolare da Edison, che a fine ottocento ebbe la sua prima centrale elettrica in città in via Santa Radegonda, poco più di 300 metri dal teatro. «Fu proprio la Edison – ha ricordato Cristina Parenti, direttrice Relazioni esterne e comunicazione – ad accompagnare il teatro in un passaggio storico: dalle candele all’elettrificazione», consegnando così alla Scala un altro primato a livello mondiale. A supporto della mostra è intervenuto anche il consigliere e socio fondatore del teatro Giorgio Squinzi, che con la sua Mapei (vernici) ha fornito prodotti e assistenza tecnica alla ristrutturazione del 2002-2004 e continuerà a farlo anche con il nuovo intervento.

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