Teatro
Matera, o la forza della partecipazione
Un aspetto sorprendente, al Festival NessunoRestiFuori di Matera, è che davvero coinvolge la città.
Si avverte una partecipazione non solo fisica – a partire dallo staff, dai volontari, o dalle oltre 50 persone, giovani, giovanissimi e meno giovani che animano i laboratori – ma anche emotiva, emozionale. Un prendersi a cuore, un condividere che è segno di adesione, ancorché critica, alla manifestazione.
Poi, a Matera, c’è ancora un senso forte di paese, di quartiere. La dialettica tra il centro, o i Sassi, e il quartiere Serra Venerdì, dove si svolge buona parte del festival, è interessante. Alcuni eventi hanno esiti quasi “esclusivi”: non c’è travaso di spettatori, non ci sono spostamenti. Quelli del centro vanno a vedere gli spettacoli programmati nella bella terrazza di Palazzo Lanfranchi, quelli del quartiere si ritrovano nel cortile della Scuola “Nitti”. Ma in altri casi i pubblici si mescolano, s’intrecciano, com’è avvenuto ieri sera per il commovente Hanà e Momò, spettacolo tout public (come dicono i francesi) che ha incantato grandi e piccini. Prodotto da Principio Attivo Teatro, ben scritto e interpretato da Cristina Mileti e Francesca Randazzo, il lavoro è una grande metafora, semplice e bellissima: attorno a un circolare giardino Zen – ma che può essere anche la vecchia vasca di sabbia del parcogiochi o il globo terrestre – due curiose figure si sfidano, si inseguono, si scontrano e alla fine si incontrano.
Ispirato a una favola di Herman Hesse, intessuto di brillanti soluzioni sceniche e di una sapienza attorale forte, lo spettacolo arriva, attraverso spirali sorprendenti e originali, all’adagio “chi trova un amico trova un tesoro”. E lo fa chiamando in causa pirati e serpenti, insetti fastidiosi e velieri. La presenza del pubblico, si diceva, raccolto in cerchio attorno alla struttura di sabbia, è stata la risposta positiva alla proposta di NessunoRestiFuori, facendo dello spettacolo un momento di condivisione e gioiosa, divertita partecipazione.
Comunque sono diversi i segnali di un fermento che abbraccia tutta Matera. Sarà perché sembra si conoscano tutti: ci si saluta, in strada, e c’è chi chiede notizie sul festival, chi commenta gli spettacoli, chi dice la sua, chi si impegna attivamente.
L’archeologo Emmanuele Curti, anima instancabile di questa nuova rinascita materana, tesse fila di idee e progetti: lo sguardo in prospettiva al 2019, certo, ma intanto una aderenza alle iniziative, con un contributo costante di visioni e proposte. Negli incontri che ogni giorno scandiscono il pomeriggio di NessunoRestiFuori, Curti si focalizza sulla natura anomala della Basilicata e di Matera: città senza edifici teatrali, regione priva di strutture ufficiali (non c’è uno stabile, non ci sono centri di produzione) per rilanciare proprio la specificità unica di questo territorio: «il problema strutturale può convertirsi in una chiave di accesso al futuro – dice – perché può dar vita a nuove cartografie, nuove mappe in cui declinare nuove forme di cittadinanza. Si tratta di ripartire dal silenzio, dalla non-struttura, per immaginare soluzioni alternative».
Proprio nella prospettiva di una adesione ampia e differenziata, incrociando saperi e esperienze, agli incontri di NessunoRestiFuori hanno dato il loro contributo teorico anche Patrizia Quatraro, assistente sociale attivissima che si occupa di Minori presso l’USSM di Matera. Dopo un’attenta disamina dello stato delle cose, Quatraro – con invidiabile energia e generosità – ha sciorinato proposte che, mettendo al centro la pratica teatrale (e non solo), spingano per la rieducazione e l’inclusione del minore: «quello degli adolescenti – ha raccontato – è un mondo nascosto, che vive di carenze educative e disagio esistenziale e degenera nel crimine. Ma si può trarre vantaggio dall’errore, agendo correttamente e attentamente si può fare del reato una possibilità di riscatto. Occorrerebbe, però, attivarsi per tempo, nelle zone a rischio – come quella della costa ionica – e non arrivare sempre dopo, a cose fatte».
Sulla stessa linea l’architetto Cristina Amenta, rappresentante dell’Istituto Italiano Turismo per Tutti, parte della Consulta per Persone in difficoltà. Muovendo dal concetto di viaggio, in una visione ampia tra urbanistica, turismo e cittadinanza, Amenta distingue tra Accessibilità e Fruibilità: l’evento culturale, qualsiasi sia, è solo la punta di un iceberg molto ampio, frutto di un necessario lavorio che deve essere «onesto, sempre in discussione ». Non sempre tutto, ammette Cristina Amenta, è accessibile, ma molto può essere fruibile.
Un vivacissimo e affollato incontro, poi, è stato dedicato alla nuova scena teatrale lucana, ma di questo vi racconterò in un altro momento: a Matera e in Basilicata si avverte un fermento curioso, un ribollire di slanci e iniziative, di cui il teatro italiano forse non ha ancora sufficientemente preso coscienza e la riflessione necessita spazio. Come sostiene Paolo Verri, direttore di Matera2019, è in atto una «nuova rilettura della città, dove la differenza è data dalla storia delle persone. Il patrimonio storico-architettonico è solo la base, il punto di partenza dell’incontro, della riflessione sull’identità, del prendersi cura delle persone». Naturale, allora, che il teatro sia centrale in una simile prospettiva: è un processo in atto, che merita non solo di essere osservato e seguito, ma anche capito in tutte le sue articolazioni e adeguatamente narrato. Chiosa Andrea Santantonio, uno dei direttori artistici del Festival: «Dobbiamo riuscire a raccontarci nelle eterogeneità di tutto quel che accade. Fare della differenza e della frammentazione un valore, un carattere nuovo, ribaltando la visione negativa che troppo spesso ha connotato la nostra terra».
(Nella foto di copertina, di Ilaria Fiore, un momento del Laboratorio sulle Argonautiche diretto da Alessandro Argnani e Emanuele Valenti per NessunoRestiFuori)
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