Teatro

L’inquieta (libertà)

15 Novembre 2021

CATANIA. Quando e perché si può definire “inquieta” la libertà? Forse quando non la si percepisce più come definitivamente acquisita, indubitabile, indiscutibile. Oppure quando, nel confronto con gli altri uomini, con la società in cui siamo immersi e in cui troviamo a vivere, ci rendiamo conto che intorno a noi c’è ben poco amore per la libertà, idealità, virtù, condizione, percorso di crescita interiore che sia. È quanto vien fatto di pensare in margine a “L’Inquieta Libertà”, l’interessante coreografia concepita, realizzata e interpretata da Salvatore Romania (coreografo e danzatore) e da Laura Odierna (coreografa). Una coreografia che, dopo aver debuttato nel settembre scorso nel contesto della rassegna “MilanOltre”, si è vista a Catania, nello spazio scenico di Zo, il 6 e il 7 novembre scorsi (rassegna “Altre scene” di Latitudini). Un lavoro interessante, costruito sulla scia di una ricerca coreografica condotta da Romania con intelligenza e volontà autentica e generosa di mettersi in gioco nell’ingaggio con la realtà. Continua inoltre nel lavoro di scrittura coreografica di questo artista la presenza in scena di musicisti che, pur non essendo danzatori, partecipano attivamente alla costruzione dello spettacolo: in questo caso, come altre volte, Carlo Cattano (Sax e Flauti) e Antonio Moncada (percussioni). Se il concept di questa coreografia è l’inquietudine che oggi accompagna ogni riflessione possibile sulla realtà, questo pensiero sembra dispiegarsi sostanzialmente in quattro movimenti.

Anzitutto la scoperta che libertà è fragile: una scoperta inquietante appunto, ma forse sarebbe più preciso definirla, con un termine tratto dalla tradizione psicanalitica, “perturbante”. La libertà è a rischio e la massificazione consumistica tende a trasformare gli uomini in pupazzi senz’anima, facilmente eterodiretti. La danza si dibatte contratta in questo momento in un serrato e metaforico corpo a corpo con un pesante pupazzo da allenamento della lotta greco-romana. Ma non c’è da confrontarsi (solo) con nemici esterni, invasori e “complotti” universali: dobbiamo confrontarci con quella feroce alterità che abita dentro di noi e la cui scoperta ci turba e sconvolge molto più, ad esempio, degli stranieri che oggi bussano alle nostre porte. Va in questa direzione di senso il pezzo di Recalcati recitato da Romania («…un corteo invisibile di presenze straniere, interne, viene risvegliato; stranieri di ogni genere vengono alla luce sottratti dall’oblio remoto delle viscere. Non dall’esterno della frontiera ma dall’interno del proprio corpo»). È un punto di partenza importante ma poi, legati da fili invisibili eppure fortissimi e inestricabili, viviamo bene se non ci rendiamo conto della nostra condizione, se invece acquisiamo consapevolezza allora è a catturarci una profonda inquietudine. È il momento di sconfiggere e di riconoscere e superare la paura che ci attanaglia e ci blocca. In questo secondo segmento ecco alcune parole di Vito Mancuso a gettare una luce obliqua eppure sufficientemente chiarificatrice su quanto accade in scena: «…Se però si individua la cosa nera attorcigliata dentro, se si riesce ad afferrarne la coda, e con fatica ma senza mollare la si tira su dalle viscere in cui si è insediata e si arriva a sputarla dalla bocca, allora anche la vista torna a schiarirsi e si vede più nitidamente davanti e dentro di sé, e ci si può sollevare, anzi risollevare, e respirare più profondamente, forse…anche adesso».

Liberarsi, sollevarsi, respirare più profondamente e poi aprirsi a una equilibrata e adulta presenza nella realtà: sono questi due gli snodi tematici che vengono quindi proposti alla riflessione del pubblico. La danza si fa più esplicita e interloquisce con più decisione col pubblico. Anzitutto in un recupero positivo della dimensione sociale e comunitaria della arte, con un affascinante e potente segmento musicale e coreografico che viene legato alla tradizione dei tonnaroti di Favignana (“Gnanzù”): l’idea di fondo sembra essere che l’umanità, nella sua essenza più ancestrale e autentica, è un “noi” e assai più che l’affiancarsi, armato, sgomitante e violento, di tanti “io”. Nell’ultimo segmento della coreografia appare un’idea di danza, forse più facile, tradizionale, concreta ma, allo stesso tempo, più fisica e sensuale. A un impianto ritmico ritmo ben sostenuto e preregistrato si associano con eleganza i contributi sonori di Cattano e di Moncada e la danza aperta, e questa volta rotonda, libera e liberata di Romania. È un momento liberatorio anche per il pubblico e sembra quasi di tornare alla luce e respirare apertamente insieme col danzatore. La libertà è fragile, lo è indubitabilmente e oggi più che mai: rendersene conto certo inquieta, ma l’unica strada per riappropriarsi della libertà è il coraggio di confrontarsi con questa fragilità e di vivere questo confronto percorrendo la strada dell’arte, della scienza e, in generale, della cultura.

L’inqueta (libertà)

Di Salvatore Romania e Laura Odierna. In scena Salvatore Romania. Musiche originali di Carlo Cattano e Antonio Moncata, presenti in scena. Oggetti di scena e costumi di Salvatore Romania. Testi tratti da “La tentazione del Muro: lezioni brevi per un lessico civile” di M. Recalcati e da “Il coraggio e la paura” di V. Mancuso. La produzione è sostenuta da Megakles Ballet /Mibac /Ass.Reg. Spettacolo. Crediti fotografici di Salvo Vinci.

 

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