Teatro
Like Kiribati, uno sguardo fecondo oltre l’umano
Palermo. Bisognerebbe sempre tener presente che in ogni spettacolo teatrale, anche in quello concettualmente più semplice, c’è all’interno della dimensione mimetica una dimensione performativa e, in qualche modo, rituale per cui ha valore quanto accade in quel momento esatto e il concetto di replica si dà solo relativamente. Ovviamente quanto accade durante uno spettacolo implica totalmente anche quanto accade nel pubblico, con il pubblico, a partire dal pubblico. A maggior ragione se è un pubblico che in qualche modo è già legato (per sensibilità politica, culturale, generazionale, per amicizia) alla proposta artistica che gli si presenta. A quale profondità venga consapevolmente collocata questa dimensione e/o quanta importanza si assegni ad essa sono concetti variabili di poetica in poetica e di spettacolo in spettacolo ma, quando questa consapevolezza è presente, appare come una qualità non trascurabile. Ed è una qualità che appare evidente in “Like Kiribati”, lo spettacolo costruito drammaturgicamente e realizzato da Giuseppe Provinzano, che ha debuttato a Palermo, in prima assoluta, tra il 4 e l’8 dicembre, nel contesto della stagione del Teatro Biondo. In scena ci sono Chiara Muscato, Noa Di Venti e Sergio Beercock; quest’ultimo per altro, come sempre nei lavori di questo ensemble (la Compagnia Babel) compone e cura le musiche originali. Di cosa si tratta? Sullo sfondo di un possibile day after di cataclismi naturali o causati dall’uomo e un attimo prima della fine del genere umano, in un’isola/scoglio di un isolatissimo arcipelago del Pacifico, in cui sono restate in vita solo tre persone, ecco che tra queste va dispiegandosi una conversazione di sostanza filosofica: rimpianti, considerazioni sulla vita, sulla fecondità, rimorsi da evitare o da affrontare con decisione, fragilità. Un dialogo filosofico che talvolta è interessante, profondo e condotto con ironia ora sottile, ora briosa (l’ironia del resto è un po’ la cifra più feconda del linguaggio di questo regista, e qui l’attore e le attrici la sanno cogliere e interpretare), talvolta è un po’ tirato (e potrebbe essere asciugato), talvolta è attraversato da improvvisi squarci d’intelligenza che provano a disegnare il reale dopo l’umano: il mondo, la natura, il dolore, la realtà, la quotidianità, andranno avanti serenamente anche dopo la parentesi, probabilmente accidentale, dell’umano. Attraversare e condividere, con le persone del pubblico innanzitutto, questa immaginazione induce alla vertigine dell’intelligenza che prova a sporgersi oltre sé stessa. Ecco il nodo su cui lo spettacolo si costruisce, si va aprendo e si offre, non tanto come racconto o mimesi di una fine possibile della specie umana, quanto come celebrazione quasi rituale ed esperienza che coinvolge il pubblico (il suo pubblico anzitutto e, in Sala Streheler, questa dimensione comunitaria e generazionale si è avvertita), che riprende la trepidazione definitiva e arresa del momento esatto della fine e lascia trapelare soltanto la fiducia (anche questa abbastanza fragile) nel fatto che soltanto lasciando cadere dei semi e credendo (anche contra spem) nel loro potenziale di vitalità, ovvero soltanto essendo tutti mentalmente fecondi e aperti al nuovo possibile, la natura possa (e potrà) ritornare a essere amica della specie umana e non sua nemica definitiva e mortale.
Like Kiribati, delirio finale
Palermo, Teatro Biondo, Sala Streheler, dal 4 all’8 dicembre 2024, prima nazionale. Drammaturgia e regia Giuseppe Provinzano. Con Sergio Beercock, Noa Di Venti, Chiara Muscato. Musiche di Sergio Beercock, luci di Gabriele Gugliara, scene di Petra Trombini. Realizzazione scene di Jesse Gagliardi. Costumi di Vito Bartucca. Aiuto tecnico Jean-Mathieu Marie. Produzione Teatro Biondo Palermo / Babel, con il sostegno di Spazio Franco. Crediti fotografici: Rosellina Garbo.
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