Teatro
Le Bestie di scena di Emma Dante
È andato in scena nei giorni scorsi al Teatro Argentina di Roma Bestie di scena, l’ultimo spettacolo ideato e diretto da Emma Dante. Prodotto da Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Biondo di Palermo e Festival d’Avignon, Bestie di scena si presenta non tanto un gruppo di attori e attrici che recitano, quanto un gruppo di corpi che si muovono e agiscono. All’inizio dello spettacolo i 14 protagonisti – Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Viola Carinci, Italia Carroccio, Davide Celona, Sabino Civilleri, Alessandra Fazzino, Roberto Galbo, Carmine Maringola, Ivano Picciallo, Leonarda Saffi, Daniele Savarino, Stephanie Taillandier ed Emilia Verginelli, ai quali si aggiungono Gabriele Gugliara e Daniela Macaluso che agiscono da fuori scena – sono vestiti “da training” (magliette, pantaloni comodi, scarpe sportive) e sono impegnati in una serie di esercizi fisici corali che lentamente sfociano in un’azione scenica di gruppo, seguita da un rituale di svestizione in proscenio, con i performers che si denudano completamente e gettano in platea indumenti e scarpe; da questo momento in poi lo spettacolo è costituito da una serie di scene che si basano pressoché esclusivamente sul lavoro fisico, facendo a meno quasi del tutto della parola: i corpi nudi dei performers riempiono e animano lo spazio scenico con le loro forme e le loro elaborate e ben eseguite partiture fisiche, interagendo con oggetti (una tanica piena d’acqua, delle scope, dei mortaretti, una gran quantità di noccioline ecc.) che di volta in volta vengono fatti arrivare o addirittura lanciati sul palcoscenico dalle quinte. Abbiamo così la performer che si muove a scatti come un automa, il performer che si esibisce in una serie di salti mortali in avanti, la performer che danza incessantemente come la piccola ballerina di un carillon, il performer che si trasforma in una petulante e dispettosa scimmia, e tanto altro.
Scrive la Dante nelle note di regia: «Bestie di scena ha assunto il suo vero significato nel momento in cui ho rinunciato al tema che avrei voluto trattare. Volevo raccontare il lavoro dell’attore, la sua fatica, la sua necessità, il suo abbandono totale fino alla perdita della vergogna e alla fine mi sono ritrovata di fronte a una piccola comunità di esseri primitivi, spaesati, fragili, un gruppo di “imbecilli” che, come gesto estremo, consegnano agli spettatori i loro vestiti sudati, rinunciando a tutto. Da questa rinuncia è cominciato tutto, si è creata una strana atmosfera che non ci ha più lasciati e lo spettacolo si è generato da solo». Questi “imbecilli”, queste “bestie”, sgomente, nude e silenziose, agiscono in un ambiente fuori dal tempo e dallo spazio, offrendo agli spettatori la loro purezza e la loro innocenza totalmente fisiche, il loro tangibile smarrimento e la candida curiosità con la quale entrano in contatto con i vari oggetti che “scoprono” e utilizzano per compiere le loro azioni. Però, nonostante l’indiscutibile bravura dei performers e nonostante la precisione e il nitore innegabili delle loro partiture fisiche e dei loro movimenti coreografici, nel complesso Bestie di scena risulta a parere di chi scrive poco coinvolgente ed emozionante, uno spettacolo che rimane sì impresso nella memoria ma che non appassiona fino in fondo.
(Foto di copertina di Masiar Pasquali)
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