Ambiente

La volgarità è l’ostinazione di una sciatta apparenza

27 Marzo 2022

“Per rinascere” cantò Gibrel Farishta, precipitando dai cieli, “devi prima morire. Ho ji! Per scendere sulla terra rotonda, bisogna prima volare. Come puoi ancora sorridere, se prima non avrai pianto? Come conquisti il cuore del tuo amore, signore, senza un sospiro?”

Pochi giorni fa è stato il compleanno di una mia ex alunna, ormai cara amica. È stata una brava studentessa non solo perché si impegnava nello studio, ma perché si interessava ai disagi degli altri. La competenza umana, insieme a quella scolastica, facevano sì che quando si recava a fare stage scuola lavoro, i gestori dei villaggi vacanze chiedevano al preside che restasse a lavorare almeno un paio di settimane in più rispetto a quanto programmato. Si penserà che in un villaggio vacanze dove le persone si divertono la pura efficienza nello svolgere il proprio lavoro sia bastante. È un lavoro dove si ha a che fare con le persone che sono in situazione di divertimento ma che hanno bisogni che a volte esulano il divertimento e che richiede un contatto umano. C’è chi ha mostrato umanità nell’aiutare compagni in difficoltà, senza l’aiuto dei quali non ce l’avrebbero mai fatta a studiare e a diplomarsi.
La scuola è quel luogo in cui lo studio è propedeutico alla formazione dell’essere umano nella sua interezza, l’intelligenza non è pura e semplice secchioneria, è intelligenza del cuore, è capacità di percorrere una strada in quanto giusta, è saper scartare ciò che è moralmente ed eticamente sbagliato. Vivere in un sottoscala non significa dover fare della propria vita una scorciatoia continua. Chi non prova neppure vergogna per le azioni commesse è incapace di distinguere quello che è giusto da ciò che è ingiusto, la vergogna nasce dalla presa di coscienza delle responsabilità individuali che, dal momento che si vive in una società strutturata e non in un eremo, diventano collettive.
L’arte soprattutto quella di strada, serve a denunciare le storture del sistema, un sistema le cui falle si vuole portare a galla, famosi sono i suoi dipinti di Banksy, quelli nati sui muri di paesi devastati dalle guerre. Mind the crap, o quello dei topi che invadono il bagno o ancora quella della donna delle pulizie che pone il tappeto sulla polvere, intendono proprio significare l’indolenza e la codardia dell’uomo che nasconde la verità sepolta.
Riprendiamoci tutto, perché la pizza come zia Mara Venier, è autentica, non guarda l’interesse al punto che di fronte ad atteggiamenti scorretti è capace di mollarla sul volto una bella pizza.
Dinanzi a un mondo che fa dell’apparire, del consumo, dell’affare, dell’imbroglio uno stile che abilmente ripropone in ogni tappa della sua vita, sappiamo quale strada non intraprendere: quella che ci vuole nella posizione più comoda ad un uomo. Dinanzi all’incapacità di esprimersi, di bullizzare, di infierire sulle debolezze umane, credo sia necessaria un’educazione sentimentale che ponga nuovamente le basi per una convivenza pacifica, il rispetto reciproco e attivi il canale spesso ottuso dei sentimenti.
Essere sulla stessa lunghezza d’onda non capita in sorte, richiede impegno, cura, dedizione. La sciatteria, l’omertà, la furbizia attengono a persone che sono figli di una donna a vita, ma dal ruolo di bambino aggrappato alla gonna della madre non ha saputo evolversi mai. L’esperienza di padre non l’ha cambiato, è solo un ninja, un mercenario feudale, che potrà essere modello d’inganno, l’arte a cui si è votato perché ha arredato casa con specchi che potrai trovare al luna park, quelli che alterano le misure. Non si analizzano mai perché immergersi in se stesso significa guardare una realtà che contraddice la storia di una vita la cui tela ha ben tessuto. Ha usato ferri adatti per lavorare a maglia, conosce bene tutti i punti, si è specializzato in quello a croce. Ha studiato bene i suoi schemi. Col suo abile lavoro in office, il programma excel è quello che gli è più congeniale, tutto preordinato, fissato nella cella. È così prevedibile che nel suo programma di tracciamento a distanza, sai già dove affonderà il prossimo colpo. Come un colabrodo, fa acqua da tutte le parti, ma non rivede mai i suoi principi, e decide di non mollare il ruolo di principiante.

Alza bandiere con la stessa maniera in cui manderebbe alla forca un amico, parla di omologazione e di pezzenti arricchiti, ma ha sapientemente fatto un salto di qualità, dal litorale domizio,decantato da celebre Federico Salvatore, ai faraglioni.
Ironico e dissacrante calca scene con la maestria di un attore provetto, l’istruzione per lui è solo un biglietto passato sottobanco, a mò di pizzino, per fornirti un messaggio sul comportamento da assumere. L’amicizia contempla fatti, mai il silenzio. Attiene semmai alla possibilità di incontri privati in cui rimpinzare lo stomaco e sbollentare certi calori. L’apprezzamento per le qualità mostrate è la vendita di un’immagine molto ritoccata, o che si vorrebbe ritoccare, messa all’asta sul mercato. Il pubblico ludibrio è reiterato e se dovesse sfuggire all’occhio meno attento, un bel faro lo illumina.

La solitudine è necessaria perché nella solitudine ascolti te stesso. È un passo indispensabile affinchè si stabiliscono relazione sintoniche. Un educatore sa che disciplina e sintonia emotiva camminano insieme. Compassione (dal latino cum patior – soffro con – e dal greco, sym patheia – “simpatia”, provare emozioni con) è un sentimento attraverso il quale un individuo percepisce emozionalmente la sofferenza altrui desiderando di alleviarla. Nella società dello spettacolo bisogna mostrare tutto perché tutto fa audience, siamo divenuti dei divi per cui c’è bisogno del curatore d’immagine, di colui che sostiene le nostre opinioni, viviamo in bolle di affiliazioni. A gonfiarle sono l’odio, il disprezzo, la noncuranza. I ricordi li sovvertiamo perché è il modo migliore di avere un’immagine in sintonia con quella che ogni giorno portiamo in giro nel mondo. Quel sardonico prendersi in giro del mondo dal quale abbiamo rubato pezzi, li abbiamo messi insieme come si fa per completare un puzzle ma con cui non si è mai interagito.
Il collage di immagini, frasi, ricerche, episodi suggeriti, sarebbero serviti a pubblicare una rivista o un romanzo rosa tipo Harmony. Maturità significa superare la logica dello schermo, e dello scherno, toccare con mano chi ne ha bisogno, abbracciare l’altro, sapergli parlare con parole che toccano il cuore, non spacciare annunci funebri con l’aria tracotante di chi come un lazzaro fa lo strillone solo perché indossa abiti firmati che nascondono il vuoto. Il dolore va rispettato, quello spettacolare l’ho sempre evitato, l’ho tenuto dentro, l’ho smaltito diversamente. Chi ti vuole stare vicino ti cerca, ti manda un messaggio di cordoglio privato. A tutti è noto il capolavoro di Mary Shelley,Frankenstein; o, The Modern Prometheus, è un romanzo gotico, horror, fantascientifico Frankenstein si reca di notte nei cimiteri, dove apre le tombe e studia la decomposizione e il percorso degenerativo dei cadaveri, acquisendo così la conoscenza che gli permetterà di generare la vita dalla morte, di produrre qualcosa di vivo da materia inanimata. Frankenstein si mette allora al lavoro per realizzare la sua creazione. La creatura viene realizzata e portata in vita, ma fin da subito appare deforme e sgraziata alla vista, nonché dotata di una forza fisica smisurata, e fugge nella notte, portando con sé il cappotto e il diario personale del suo creatore, che, colmo di disgusto, lo abbandona al suo destino.
Ho sempre creduto che l’ignoranza, l’incapacità di esprimersi, le catene che nella nostra vita scegliamo per non esporci, sono fattori da rimuovere attraverso l’impegno culturale che non significa avere una libreria ben fornita di libri, ma credere in uno Stato in cui il benessere di ciascuno corrisponda al benessere di tutti, dove il debole abbia bisogno di tutele e garanzie maggiori per essere riconosciuto. Uno Stato in cui la giustizia trovi spazio attraverso la scelta di azioni responsabili che non possono non passare attraverso il riconoscimento del valore della persona quale pilastro fondamentale per un agire sano, robusto, consapevole.
Un educatore realizza scelte che orienteranno il percorso di ragazzi che saranno cittadini di uno Stato, proprio come un politico, svolge una professione nobile lavorando con una piccola comunità che agirà e parteciperà successivamente a quella più grande, la società.
Educare significa ribellarsi al sopruso, alla mancanza di empatia, allo freak show che spettacolarizzava anomalie umane eccitando l’animo dei curiosi.
Rubare informazioni e usarle per cementare società il cui unico scopo è quello di servirsene per ritorsioni significa essere guerrafondai, l’educazione è partecipazione, è saper attenersi alle regole, sedersi in curva e inneggiare il vesuvio perché cancelli un’intera città, è tifoseria di bessa lega. Cultura non è usare un motore di ricerca per attingere ad informazioni, come se si stesse lavorando per i servizi segreti, è guardare l’altro scoprendo le differenze che ci uniscono, saper guardare la sofferenza e piegarsi per attenuarla, provare a lenire il dolore di chi ha in sorte un destino più amaro del nostro e saper cogliere un’opportunità di crescita umana.
Il paradosso è un impermeabile quattro stagioni, ci fingiamo antiputiniani però andiamo a braccetto con chi censura la libertà di stampa, non ammette pluralismo di pensiero, imprigiona oppositori politici.
Protestiamo, ci indigniamo, cerchiamo il facile consenso sposando tesi e assumendo punti di vista di esperti di geopolitica, di esperti virologi. Siamo esperti di tutto ma non mostriamo aderenza alle sofferenze umane, guardiamo il malato, il bisognoso di cure come uno sfortunato che non ci appartiene. Anche le cicatrici fanno aderenze, quelle non puoi scollarle.
Le parole sono un’arma a doppio taglio, quelle riportate ad altri, quelle che non conoscono grazia, sono arma affilate, contundenti, infuocate.
Incurante di un cuore che ha bisogno di allenamento per ossigenarsi, si evitano gli incontri anche quelli fortuiti, si indossa una muta che è svilente chiacchiericcio. Una cosa è seguire, un’altra è inseguire o perseguire.
Se nella vita individuale ogni passione discende dai nostri desideri, nella vita sociale è l’invidia a prendere il posto del desiderio. L’invidia – la passione irresistibile che trasforma le relazioni sociali in occasione di rivalità, diffidenza, orgoglio, può essere limitata non dalla razionalità, ma dalla forza. Le passioni – materia impolitica per eccellenza perché legata all’individuo – legittimano la politica.
La forza del sovrano – propria di chi non usa le passioni e garantisce per tutti – è legittimata dall’impossibilità di trovare autonomamente una soluzione a limitare l’incontenibilità delle passioni. L’uomo invidioso finisce per trasfigurarsi in un uomo sottomesso.
In questo modo il ruolo del politico è quello che controlla le nostre passioni ma non si fa da esse controllare.

Chi fa parte della società dei consumatori è a sua volta un prodotto di consumo, ed è proprio questa caratteristica a renderlo membro genuino di tale società. Essere e restare un prodotto vendibile è la motivazione più potente – anche se generalmente latente, raramente consapevole e ancor più raramente dichiarata in modo esplicito – delle preoccupazioni del consumatore. Il potere di accrescere il prezzo di mercato del consumatore stesso tende a essere il metro per valutare la forza di attrazione dei beni di consumo, cioè di quegli oggetti attuali o potenziali del desiderio che innescano le azioni dei consumatori. Trasformare se stessi in una merce vendibile è un’attività fai da te. La sfida e l’impresa non è diventare, ma costruire.

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