Teatro
La relazione, oltre la boxe
Catania. Raccontiamo questa volta di una coreografia ispirata da un film. Raccontiamo di Rocco, un lavoro di Emio Greco e Pieter C. Scholten con la loro compagnia ICK Dans Amsterdam che si ispira a un grande classico del primo cinema italiano, ovvero “Rocco e i suoi fratelli” diretto da Luchino Visconti del 1960 (en passant è bene ricordare che il soggetto del film è tratto da un racconto di Giovanni Testori, e che nel film Alain Delon è Rocco, Renato Salvatori il fratello Simone, Annie Girardot è Nadia, la giovane prostituta oggetto della sanguinosa contesa tra i due fratelli, le musiche sono di Nino Rota). Lo spettacolo si è visto a Catania sulla scena di Scenario Pubblico, nel contesto della stagione che quest’anno è dedicata allo sport. In scena a danzare ci sono Sixtine Biron, Denis Bruno, Jordaine Lincoln, Dennis van Herpen. È importante sottolineare anche che questo lavoro ha debuttato a Vienna già nel 2011 e che esso testimonia la tendenza delle grandi compagnie europee di danza a costruire e mantenere a lungo attivi dei repertori che, insieme, realizzano un fitto tessuto di spettacoli e un linguaggio artistico sempre più coeso e in qualche modo unitario: un fenomeno culturale, prima che artistico, che forse andrebbe indagato con più attenzione.
Al fondo di questo spettacolo c’è una specie di potente illuminazione concettuale che attrae ogni motivo presente nel film e nella poetica dei due coreografi, tutto riassume in sé e tutto rende interessante e godibile: si tratta dell’idea che sul ring, ovvero proprio nel cuore del cronotopo agonistico della perfomance sportiva, il linguaggio della boxe, esattamente come quello della danza, si dissolve nella realtà performativa nuova, unica e in qualche modo irripetibile della relazione tra coloro che in quell’incontro si trovano e interagiscono fisicamente e mentalmente. Questo è dunque quel che il pubblico vede in scena: non un combattimento di boxe, non la tecnica pugilistica, non l’eventuale virtuosismo sportivo e sostanzialmente nemmeno quella coloritura epica che spesso assume la narrazione delle imprese sportive. Niente di tutto questo in scena, la danza costruita da Greco e Scholten porta la relazione umana nel momento del combattimento. Non ci sono pugni e violenza ma la danza è in grado di ricreare la potenza della tensione/relazione fisica di cui i boxeurs sono portatori. D’altro canto il senso del sensuale, del torbido, persino latamente incestuoso implicito, più o meno inconsapevole e represso che si trova nello scontro tra i personaggi del film di Visconti, pur nella loro semplicità culturale, ritorna qui in tutta la sua sensualità e in una gamma di significazioni e possibilità che esplode straordinariamente in profondità e ampiezza e arriva a lambire i limiti del genere.
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