Teatro
La guerra silenziosa delle donne
CATANIA. La guerra non è solo roba da maschi: chi lo dice mente sapendo di mentire. La provocano i maschi la guerra, o meglio fino ad oggi l’hanno provocata i maschi, ma poi attraversa e devasta le vite di tutti e anzitutto le vite degli innocenti. Lo spettacolo “Donne in guerra” diretto da Laura Sicignano, che è in scena nel Teatro Verga di Catania fino al 29 ottobre, racconta sostanzialmente questo dato, ripetendolo nel contesto delle di sei donne che si raccontano in una notte d’estate del 1944. Il testo è stato scritto a quattro mani dalla stessa regista, insieme con Alessandra Vannucci. Sulla scena (ribaltata, con la platea che accoglie il pubblico ai lati e un segmento di binario ferroviario al centro) ci sono Federica Carruba Toscano, Egle Doria, Isabella Giacobbe, Barbara Giordano, Leda Kreider, Carmen Panarello; scene e costumi sono di Laura Benzi (riprese rispettivamente da Elio Di Franco e da Riccardo Cappello), le luci di Gaetano La Mela. Sei donne in campo, sei donne distrutte dalla guerra, vicende tragiche che esigono d’esser raccontate per non negare a quelle donne la pietà del ricordo, della parola che salva con la sua sola e fragile verità. Anita (Giordano) è una partigiana, una ribelle integra e integrale, una che sorridendo si taglia i ponti alle spalle, butta alle ortiche ogni timidezza per donarsi totalmente all’ideale della resistenza armata contro i nazifascisti: ama, soffre, si schiera, si batte, uccide. Maria (Carrubba Toscano), scopre da Anita che anche le donne posso lavorare in fabbrica (certo con uno stipendio molto inferiore a quello degli uomini) ma, una volta a lavoro in fabbrica, un po’ per il dolore per il marito che non torna dalla guerra, un po’ per nuova convinzione, scopre la politica e si fa coinvolgere dalla lotta operaia e “dalla guerra alla guerra”. È un bellissimo personaggio Maria, impastato di tenerezza e concretezza popolare. Ed ecco Milena (Kreider), la giovane veneta che va via dal paese per liberarsi e vivere a Roma la sua dimensione di ragazza ribelle: vive il fascismo con generosa radicalità e come un’opportunità di affermazione del suo essere (morirà fiera a testa alta, da ausiliaria della repubblica di Salò). La signora De Nigro (Panarello), moglie di un ufficiale della marina militare e fascista di rango, è madre attenta e decorosa di tre figlie femmine, è fragile, è ferita, ma è incapace di piegarsi, di adattarsi alla fine del regime e da “madre e moglie”, da donna “perbene” resta fascista e fedele alla “patria”, fedele alla sua introiettata subalternità al potere maschile. Zaira (Doria) è una donna del popolo, donna di dolore e di potere ancestrale, un po’ maga e saggia guaritrice, al contempo levatrice e pietosa becchina. Notevolissima è infine la figura di Irene (Isabella Giacobbe), giovane donna terrorizzata e spezzata che farfuglia frasi sconnesse di ascendenza religiosa (dalla passione di Cristo in croce alla fatidica potenza dei salmi): è stata brutalmente violata, ancora bambina, da una squadra di tedeschi e non si è mai più ripresa. Le allusioni cristologiche, testuali e gestuali, rendono questo personaggio particolarmente denso di significazioni, anche se sostanzialmente non cambiano il segno della cupa disperazione che aleggia sull’intero dramma e che proietta un’ombra cupa sul nostro presente, laddove è evidente che sono ancora oggi le donne a pagare il prezzo più alto e doloroso delle guerre degli uomini.
Le storie si dissolvono l’una sull’altra, mantengono una severa concretezza brechtiana, ma poi svaniscono e ricompaiono lungo il filo di un vecchio binario che sembra portarle fino a noi, a raccontarci che siamo appunto fatti di storie e poco altro: storie intime e segrete spesso, storie che hanno bisogno d’esser raccontate certo, ma anche ascoltate, accolte, ricordate, meditate, perché non vada perduta l’umanissima speranza che quanto si è vissuto, quanto di vita e di morte si è attraversato, non sia stato vano. E del resto è una canzone di Emilio Livi e del Trio Lescano “Non dimenticar le mie parole” ad accompagnare il dispiegarsi di questo spettacolo e a riassumere l’interessante equilibrio tra l’agro-dolce della quotidianità e della necessità della sopravvivenza e la ferocia della tragedia bellica.
Donne in guerra
Testo di Laura Sicignano e Alessandra Vannucci. Regia di Laura Sicignano, con Federica Carruba Toscano, Egle Doria, Isabella Giacobbe, Barbara Giordano, Leda Kreider, Carmen Panarello. Assistente alla regia Francesca Mazzarello, scene di Laura Benzi riprese da Elio Di Franco. Costumi di Laura Benzi ripresi da Riccardo Cappello. Luci di Gaetano La Mela. Produzione Teatro Stabile di Catania.
Crediti fotografici: Antonio Parrinello.
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