Teatro

La Ferocia in scena: un’intervista al regista Michele Altamura

21 Febbraio 2024

La Ferocia, nuova creazione del collettivo Vicoquartomazzini, Prodotto da Elsinor Centro di Produzione Teatrale con SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione, Romaeuropa Festival, LAC – Lugano Arte e Cultura, Teatri di Bari e Teatro Nazionale di Genova, arriva al Teatro Fontana dal 27 febbraio al 3 marzo dopo l’attesissimo debutto romano nel cartellone di Roma EuropaFestival. Tratto dall’omonimo romanzo di Nicola Lagioia, lo spettacolo racconta la vita di Vittorio Salvemini – interpretato da Leonardo Capuano – costruttore pugliese arrivato a Bari poco più che trentenne, e diventato imprenditore di successo, con cantieri edili su cui “non tramonta mai il sole”, da Bari a Phuket, passando per Parigi e Istanbul. Solo le contraddizioni di questa ascesa sfrenata riusciranno a mandare in frantumi le sue sicurezze. A queste è legata la morte della figlia Clara, trovata nuda e ricoperta di sangue sulla provinciale che collega Bari a Taranto.  Lo spettacolo racconta della nostra incapacità di sopprimere l’istinto di prevaricazione e di come le colpe dei padri si specchino nelle debolezze dei figli.  A firmare l’adattamento del testo è Linda Dalisi, per un cast quasi interamente al maschile necessario a raccontare la ferocia del mondo patriarcale. In un paesaggio metafisico, che parte però dal realistico spazio interno della villa dei Salvemini, La Ferocia prende la dimensione di una tragedia contemporanea, particolare e universale allo stesso tempo, nutrendosi delle parole di un grande romanziere, nato e cresciuto in un Sud da sempre attraversato da grandi narrazioni.

In attesa di poterlo vedere in scena, ne abbiamo parlato con il regista Michele Altamura.

La Ferocia è quasi un classico contemporaneo. Premio Strega, apprezzato da un pubblico eterogeneo e trasversale. Come nasce l’idea di portarne in scena l’adattamento?

Già nel 2014, alla prima lettura del romanzo, tutti noi ne avevamo sentito il fascino. Come compagnia infatti abbiamo sempre amato portare in scena grandi storie: classici, testi della drammaturgia contemporanea, scritture per la scena, ma per la prima volta abbiamo deciso di cimentarci con un romanzo. Le ragioni sono intrinseche alla storia stessa. Parliamo di una saga familiare che rispecchia il crollo della società post-capitalistica. In un contesto in cui questa famiglia, di grande potere, pensa che con i soldi si possa risolvere tutto, il venir meno di questa certezza mette in crisi l’intero sistema. Inoltre La Ferocia affronta un tema che ci sta molto a cuore, ovvero quello dello strappo nella cartolina del “sud parco giochi” per il divertimento estivo dei ricchi. Il venir meno della visione edonistica e di puro benessere di questi luoghi, la loro restituzione a una dimensione più onesta è lo specchio di un mutamento del sistema Paese.

Crisi familiare e crisi di sistema: è davvero possibile parlare di un modello alternativo a quello capitalistico in cui siamo immersi e nel quale La Ferocia è ambientato?

Non ne sono convinto. Parlare di un modello alternativo in questo senso significherebbe mettere in atto una rinuncia alle comodità a cui siamo abituati, fare un passo indietro, e non siamo disposti a farlo come società. Siamo in fondo contenti e sollevati dall’essere parte di quell’1% dei fortunati del mondo, ci sta bene.

Anche questo tipo di visione emerge nello spettacolo?

Credo poco nel “messaggio” veicolato dal teatro e dall’arte in generale. Quello che mi piacerebbe offrire è uno spazio e dei personaggi nei quali gli spettatori – uso volutamente il plurale, perché il pubblico non è mai soltanto uno – possano riconoscersi. La famiglia, anzi le famiglie, appartengono a tutti come esperienza e tutti i pubblici possono ricordarsi come nella vita ci siano dei valori non “acquistabili”, nonostante il benessere.

Entrando nell’officina dello spettacolo, come avete lavorato sul testo di Lagioia?

Il percorso di drammaturgia ha lavorato su tutti i livelli, procedendo parallelamente nei vari settori: dalle scenografie ai costumi, dalle partiture (con una forte presenza della componente musicale della pièce) ai testi. Tutto è andato avanti di pari passo. Non abbiamo lavorato sul testo per poi adattarlo alla scena, ma in un costante dialogo vivo fra di noi. Con Linda (Dalisi) abbiamo realizzato un lavoro lungo e complesso, ma una volta dipanati i fili tutto è diventato più semplice. Isolati i nuclei narrativi il percorso è stato corale. Abbiamo amplificato la dimensione tragica del romanzo, ovviamente, sfruttando alcuni topoi tragici sulla famiglia. Pensiamo ad Agamennone e Clitemnestra: la parola ha fatto da cassa di risonanza per l’immaginario classico.

Ovvero?

Il dramma si apre e chiude con l’intervento del giornalista, personaggio non centrale nel romanzo e che qui abbiamo volutamente valorizzato, giocando sull’espediente narrativo del podcast, estremamente attuale e molto legato al teatro. In questo ci siamo ispirati a grandi narratori del giornalismo italiano, in particolare del sud, come Alessandro Leogrande. Ovviamente poi c’è la voce di Lagioia, un intellettuale che si pone il tema di come comunicare con i pubblici.

Con l’autore come avete lavorato?

Nicola è stato molto attento e intelligente nel relazionarsi con noi, lasciando campo libero alla drammaturgia. Abbiamo avuto momenti di confronto e approfondimento, una volta concluso l’adattamento, con sue considerazioni utili per approfondire al meglio alcuni passaggi. Lui ha avuto una grande fiducia in noi e nel nostro lavoro, nonostante la diversità dei linguaggi fra romanzo e scena.

 

La Ferocia dal romanzo di Nicola Lagioia

ideazione VicoQuartoMazzini; regia Michele Altamura, Gabriele Paolocà; adattamento Linda Dalisi

con Roberto Alinghieri, Michele Altamura, Leonardo Capuano, Enrico Casale, Gaetano Colella, Francesca Mazza, Gabriele Paolocà, Andrea Volpetti; scene Daniele Spanò; luci Giulia Pastore musica e sound design Pino Basile; costumi Lilian Indraccolo; aiuto regia Jonathan Lazzini; realizzazione scenografie Officina Scenotecnica Gli Scarti; direttore di scena Daniele Corsetti; progetto audio Niccolò Menegazzo; datore luci Marco Piazze; cura della produzione Francesca D’Ippolito; ufficio stampa Maddalena Peluso; grafica Leonardo Mazzi consulenza artistica Gioia Salvatori

Produzione Scarti – Centro di Produzione teatrale d’Innovazione, Elsinor, Romaeuropa Festival, LAC – Lugano Arte e Cultura, Teatri di Bari, Teatro Nazionale di Genova

Ph. Credits Francesco Capitani

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