Teatro

La Cenerentola di Emma Dante incanta l’Opera di Roma

3 Febbraio 2016

Che sia lo spettacolo della “maturità artistica”? La Cenerentola di Gioachino Rossini, vista al Teatro dell’Opera di Roma, segna una svolta nel lungo, bellissimo, percorso registico di Emma Dante.

L’artista palermitana, ormai conosciuta e amata in tutta Europa, da tempo frequenta anche il mondo della lirica: dalla memorabile apertura alla Scala di Milano con Carmen, Emma Dante ha dato la sua zampata anche nel belcanto. Con Cenerentola, però, si avverte un segno nuovo, diverso, vorrei dire più adulto e consapevole. Abbiamo conosciuto e amato il lungo e conflittuale viaggio creativo della regista, affondando con lei nei meandri più oscuri dell’animo umano, nel dolore e nel compianto, nelle gioie e nei desideri bambini, nella passione e nella frustrazione. Quel mondo commovente di sentimenti estremi, di marginalità umana, di smodata vertigine che si traduceva in una lingua (scenica) aspra e dolorosa, si era fatto il terreno di indagine privilegiata della regista.

Emma Dante
Emma Dante

Con la vivace leggerezza rossiniana, quella visione – artistica ed esistenziale – avrebbe forse cozzato troppo. Ecco allora, che Emma sceglie di assecondare la verve della Cenerentola, di non mutarla – con quelle troppo facili attualizzazioni che sono contestualizzazioni spesso farlocche – in una “banale” favola nera.

E se pure tiene salde un paio di immagini forti, quasi a “marchio di fabbrica”, firma un affresco arioso, allegro, divertente, che fa risaltare la vivace partitura del libretto scritto da Jacopo Ferretti. La Cenerentola, si sa, è definita un melodramma giocoso: e ben prima delle edulcorate versioni disneyane, Rossini ne fa una gioiosa festa a lieto fine.

Cenerentola, foto di Yasuko Kageyama
Cenerentola, foto di Yasuko Kageyama

Emma Dante non disfa questo disegno: ci gioca, con ironia, facendo risaltare alcuni sottotesti preziosi. Così, ecco una schiera di bambole a carica meccanica che aiutano la povera Cenerentola – cui fanno da contraltare altrettanti attendenti per il principe; ecco la protagonista letteralmente in catena, al giogo del patrigno, o presa a botte da tutta la famiglia; ecco ancora l’esercito di pretendenti del principe, tutte (anche qualche nerboruto “travestito”) pronte a sparare con pistole e fucili alla neoarrivata; ed ecco infine Cenerentola – che arriva a corte nerovestita quasi come Madonna o Lady Gaga – fare una vera e propria strage di quelle concorrenti. Sono quadri allegri, vivacissimi, articolati: scene divertenti, insomma, intelligentemente dipanate nel groviglio della favola, cui fanno da ambiente le belle scene color confetto disegnate da Carmine Maringola e gli straordinari costumi di Vanessa Sannino, ottimamente illuminati da Christian Zucaro.

L’esito è uno spettacolo gradevolissimo, cui contribuisce il buon cast: Angelina (mezzosoprano, così si chiama la cenerentola) è una suadente e bella Serena Malfi, che cresce per presenza e esecuzione in corso d’opera. Brilla il Don Ramiro di Juan Francisco Gatell: tenore giovane ma già sicuro di sé, potente e netto nel ruolo. Spopola il Dandini di Vito Priante, baritono con verve e carisma; mietono consensi anche le sorellastre pop e fascinose delle brave Damiana Mizzi e Annunziata Vestri e diverte il comico Don Magnifico di Alessandro Corbelli.

foto di Yasuko Kageyama
foto di Yasuko Kageyama

La direzione di Alejo Pérez tiene l’orchestra, fa il suo in modo dignitoso, ma non mi è sembrata brillantissima, né nel gesto – così trattenuto e quasi meccanico – né nella visione generale dell’opera. Avrei qualche riserva sulla presenza scenica del coro, diretto da Roberto Gabbiani. Se vocalmente è corretto e puntuale, non altrettanto si può dire sul coté attorale: molti sembravano lì per caso, si guardavano intorno distratti, si muovevano a vuoto. Piccole sciatterie fastidiose compensate dal rigore e dalla bravura dei mimi-attori coreografati da Manuela Lo SiccoApplausi e felicità per tutti nel teatro star-esaurito.

foto di Yasuko Kageyama
foto di Yasuko Kageyama

Resta da dire del Teatro dell’Opera di Roma. La robusta cura del sovrintendente Carlo Fuortes e dei direttori artistici Giorgio Battistelli, Alessio Vlad e Eleonora Abbagnato sta dando grandi frutti. È un miracolo, qualcosa di davvero significativo , dobbiamo ricordarlo ogni volta: dopo anni di malagestione inficiata dalla politica, dopo stantie rivendicazioni bassosindacali, dopo stagioni segnate da mediocri esecuzioni, l’azienda Opera si sta riprendendo, riqualificando, ritrovando pubblico e passione. Ne faranno un teatro europeo? Vedremo: per ora è un bel segnale in controtendenza nella Roma che sprofonda.

 

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