Teatro
Kollaps: l’apocalisse contemporanea secondo Il Mulino di Amleto
Se sapessi che il mondo è destinato a finire entro la mezzanotte, cosa faresti?
Da questa domanda prende il via il testo teatrale di Philipp Löhle Kollaps, che verrà portato in scena al teatro Carignano di Torino dalla compagnia Il Mulino di Amleto, per la regia di Marco Lorenzi, con debutto martedì 28 luglio.
Un testo profetico, scritto dall’autore nel 2015, e incentrato sulle dinamiche di folle corsa dell’Occidente verso un futuro dalle premesse sgretolate. La fine delle risorse, la crisi economica, il venir meno delle connessioni tramite internet e cellulari: che cosa resta di inespresso nella vita di ciascun individuo di fronte a tutto questo? Sul palcoscenico si materializzerà un’apocalisse sgangherata, nemmeno degna di tale nome, perché prevede un “giorno dopo”. Gli attori, i cui nomi, per creare un legame empatico ancor più stretto fra pubblico e scena, vengono mantenuti, in una perfetta sintesi di persona e personaggio, partiranno dalle riflessioni intime sui desideri individuali, su frustrazioni, velleità, sogni negati, per andare alla ricerca di un senso generale dello stare al mondo in un contesto privo di punti di riferimento. Al centro una giovane coppia sposata, un uomo e una donna comuni, con il loro lavoro, il loro quotidiano. Un mondo per nulla unico e speciale, che diventa però emblema di una crisi rispetto alla quale lo spettacolo non può e non vuole dare risposte univoche.
La vita ordinaria, vissuta secondo un patto sociale fatto di aspettative, passaggi, modelli di comportamento ai quali riteniamo di doverci adeguare, viene infatti sconvolta dalla minaccia apocalittica, rivelando, con durezza, la nostra abdicazione al desiderio, il nostro costante bisogno di adeguarci senza chiederci mai se il sistema nel quale viviamo inseriti, sia esso pubblico o privato, abbia senso per noi. Le piccole ipocrisie borghesi, svelate non senza un certo fastidio, rendono estremamente umano e vicino all’esperienza quotidiana il discorso esistenziale alla base del dramma, che finisce sospeso, con una domanda e nessuna verità rivelata. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con il regista Marco Lorenzi per capire meglio cosa aspettarci da questo suo Kollaps.
Innanzitutto una domanda: si tratta del primo ritorno in scena della compagnia dopo la chiusura dei teatri causata dalla pandemia?
Sì e non a caso quando mi è stato chiesto di riflettere su un’opera da portare in scena per questa “ripartenza” non ho dovuto pensare a lungo. Kollaps mi è sembrato immediatamente in linea con le esigenze politico-sociali del teatro di oggi, con il bisogno di domande importanti, di senso, che una società traumatizzata dai recentissimi eventi richiede. Abbiamo vissuto momenti di spaesamento fortissimi, una crisi profonda delle nostre sicurezze e un fermo – impensabile un anno fa – rispetto alla vita come la conoscevamo. Parlarne attraverso questa piccola fine del mondo mi è parso il modo migliore per riallacciare il legame interrotto con il pubblico.
La pandemia ha rivelato tutti i limiti di un sistema che, apparentemente, sembrava intoccabile nel suo complesso. L’apocalisse poteva avvenire nelle vite dei singoli, magari per singole realtà economiche, sociali, geografiche, ma questo virus ci ha messi di fronte alla fragilità universale, alla frustrazione e all’impotenza…
L’apocalisse, della malattia, della scena, rivela sempre qualcosa. Ci permette di attingere, sulla scia del trauma per il venir meno delle certezze, alle domande essenziali, quelle legate al desiderio. Nel quotidiano siamo portati a vivere di corsa, verso qualcosa, in costate affanno rispetto al domani e alla risposta a questioni che sentiamo ci vengono poste (e imposte) dalla realtà nella quale siamo immersi. Abdichiamo al desiderio, come direbbe Marcuse, e ci dimentichiamo che gran parte delle nostre frustrazioni, delle difficoltà del presente, derivano proprio da questo forzato allontanamento da ciò che realmente vogliamo. Dalla domanda stessa su ciò che vogliamo.
Quindi questa piccola apocalisse ci mette di fronte a qualcosa di terribile e al tempo stesso straordinario: una libertà che ci lascia interdetti…
Sì è così. Nel momento in cui ci rendiamo conto, dentro e fuori la scena, che il mondo non è finito, che è possibile tornare alla “normalità”, sentiamo la spinta ad abdicare per una seconda volta. Il desiderio, il bisogno riscoperto nel momento di crisi viene nuovamente silenziato e le persone ritornano nelle loro gabbie sociali. Così, come recentemente ha sostenuto lo scrittore francese Houellebecq, tutto tornerà come prima, ma un po’ peggio.
Qualcuno si salva?
Non c’è una risposta. Volutamente abbiamo deciso di lasciare sospesa la questione e il dramma si chiude, in anticipo rispetto al finale del testo, con una domanda. Certo c’è chi decide di cambiare. La coppia di protagonisti non sopravviverà indenne all’apocalisse, ma si dividerà prima che cali il sipario. Tuttavia il cambiamento non è generale, non è per tutti. Sembra anzi che da una parte il mondo non veda l’ora di distruggere il sistema vigente, dall’altra che non riesca a reggere la possibilità di inventarne un altro, partendo appunto da un contatto più vero con il desiderio.
Un tema molto attuale…
Estremamente attuale. In questi mesi di parziale ripresa di una normalità – che non è tale – abbiamo visto come il cambiamento possa spaventare, al punto di pensare di poter sacrificare parte di ciò che siamo per mantenere intatti certi punti di riferimento. E non sappiamo bene nemmeno perché li abbiamo assunti… La domanda di senso quindi è urgente e aperta per tutti noi.
TEATRO CARIGNANO | 28 luglio – 2 agosto 2020 | ore 21.00
KOLLAPS (COLLASSO)
di Philipp Löhle
traduzione Clelia Notarbartolo
con (in ordine alfabetico) Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Raffaele Musella, Angelo Maria Tronca e Gianmaria Ferrario al contrabbasso, pedaliera, distorsioni e effetti sonori
regia Marco Lorenzi
assistente alla regia Emily Tartamelli – dramaturg Thea Dellavalle, musiche composte ed eseguite dal vivo da Gianmaria Ferrario, visual concept e video Eleonora Diana, sound designer Giorgio Tedesco, luci Link-Boy (Eleonora Diana & Giorgio Tedesco)
uno spettacolo de Il Mulino di Amleto; una produzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale
Ph. Andrea Macchia
Devi fare login per commentare
Accedi