Teatro
Ivonne Capece e il suo Thinking Blind al Teatro Fontana
Il 20 e 21 aprile al Teatro Fontana di Milano andrà in scena Derek Jarman/Thinking blind, performance omaggio al film Blue di Derek Jarman, prodotta dalla compagnia bolognese (S)Blocco5, per la regia di Ivonne Capece, neo direttrice artistica del Fontana. Lo spettacolo, che si sviluppa attraverso molteplici piani linguistici, visivi, sonori, affronta, a partire dalla rielaborazione del film Blue, il tema della malattia, del confronto fra uomo e natura nel venire meno delle facoltà dell’individuo, nel progressivo avvicinarsi alla fine. Jarman, nel suo ultimo film, raccontava infatti il costante progredire dell’HIV, arrivato a intaccare la vista portandolo a una visione integralmente in color blue klein. In un contesto immersivo in cui l’elemento sonoro risulta dominante, Capece accompagna lo spettatore alla ricerca di un significato personale da attribuire al faticoso passaggio esistenziale della malattia. Abbiamo intervistato la regista e direttrice per capire meglio il percorso di genesi di questo spettacolo e approfondire la nuova proposta artistica del Teatro Fontana.
Prima di parlare dello spettacolo mi piacerebbe che potessi raccontarci qualcosa di questi primi mesi come direttrice artistica del Teatro Fontana. Come è nato e si è sviluppato il tuo rapporto con Elsinor e il teatro a partire dall’esperienza di Sblocco5?
Il mio percorso di formazione è iniziato a Napoli, per poi proseguire a Bologna, città d’adozione, scelta per poter approfondire il mio lavoro di regia e ricerca. Lì nel 2013, con Micol Vighi, abbiamo fondato la compagnia indipendente Sblocco5, uno spazio di performance, ma anche e soprattutto di formazione. L’idea era di offrire un luogo di approfondimento e sperimentazione anche per i più giovani professionisti, un punto di partenza forte e solido. La premessa è necessaria per capire con quali idee sono approdata al Teatro Fontana. Sei anni fa ho proposto uno spettacolo alla allora direttrice Rossella Lepore, una performance sperimentale, che ha avuto un ottimo riscontro da parte del pubblico. Da quel momento si è instaurato un rapporto molto positivo con Elsinor, con ospitalità e collaborazioni da parte delle due realtà teatrali, poi è arrivata la direzione didattica della Scuola900 e nel 2023 la proposta della direzione artistica. Tutto questo per dire che si è trattato di un avvicinamento graduale, basato sulla condivisione di idee e progetti e sulla volontà di indagare i nuovi linguaggi scenici, le nuove possibilità offerte dalla mescolanza delle forme espressive.
Immagino che i primi mesi di direzione siano stati di “passaggio”, anche in virtù dei percorsi di collaborazione pregressi, e che ora si apra una riflessione sui prossimi passi al Teatro Fontana…
Sì, in queste settimane sono proprio al lavoro sulla prossima stagione. Si tratterà di una stagione ibrida, che combinerà elementi del passato e del futuro. Vorrei andare ad approfondire il piano d’innovazione contemporanea, le nuove drammaturgie, anche attraverso l’esplorazione delle nuove tecnologie. Il teatro che esce dalla scena, che si mescola con le arti visive, il multimediale, abbinando agli spettacoli della stagione eventi extra palco. Altri elementi su cui voglio lavorare sono la dimensione internazionale del teatro, fondamentale per elaborare percorsi ibridi e di collaborazione generativa, e la dimensione dell’integrazione con altri luoghi di studio e formazione come scuole, accademie, corsi di fotografia…
Thinking Blind si inserisce perfettamente in questo quadro…
Di sicuro si tratta di una performance che può trovare un contesto fertile al Fontana. Lo spettacolo è nato per la biennale college durante la pandemia. Non era pensato per un teatro, ma per uno spazio esterno ed è caratterizzato da una scenografia semplice che si coniuga a una sofisticata ricerca sonora volta a creare una forte immersione nello spettatore. Un ruolo importante è giocato dall’elemento tecnologico, grazie all’utilizzo delle cuffie wireless che consentono una riproduzione del suono precisa e, appunto, immersiva, e dal continuo sconfinamento nel cinema. D’altra parte non avrebbe potuto nascere in modo diverso ispirandosi al lavoro di un regista che, per primo, è stato anche pittore, autore… Il film Blue partiva da un presupposto biografico: la malattia del regista che aveva trasformato il suo sguardo rendendo possibile solo la visione del colore blue klein e, di conseguenza, aveva reso necessario un approfondimento forte di un differente canale sensoriale, l’udito, attraverso la ricerca sonora. Blue era cinema da ascoltare che qui diventa teatro da ascoltare. Grazie alla tecnologia lo spettatore verrà accompagnato proprio in questo spazio: quello della dimensione dell’ascolto.
Impossibile non fare un collegamento fra l’utilizzo delle tecnologie in scena e il dibattito, oggi attualissimo, sull’intelligenza artificiale e le sue applicazioni nelle arti. Come ti poni rispetto all’utilizzo di device e software in campo teatrale?
Io sono convinta che tecnologia e robotica possano ampliare i codici artistici e diventare la vera innovazione del nostro tempo. Dal punto di vista del corpo in scena il Novecento ha infatti attraversato tutto. Quello che la tecnologia può fare è portare a una evoluzione profonda dell’idea di corpo artistico. L’intelligenza artificiale e la sua programmazione è da considerarsi al pari della robotica o dell’ologramma, uno strumento per il teatro, non una minaccia. Anche il cinema, se ci pensiamo, è stato un elemento di virtualizzazione del corpo fisico nel secolo scorso, ma non si sono per questo annullate le altre forme di espressione. L’attore sullo schermo non annulla il corpo. La robotica in fondo non si discosta dal corpo “avatar” parlante e danzante di una marionetta o un burattino. Si tratta quindi, paradossalmente, di qualcosa di antichissimo.
Il corpo in Thinking Blind è anche un corpo malato, che perde alcune sue possibilità e funzioni, che si avvicina alla fine…
La performance nasce nel post covid e la pandemia ha portato, almeno per Sblocco5, all’avvio di una linea di ricerca completamente nuova, non solo in funzione delle nuove tecnologie. I confini e gli orizzonti si sono dilatati, si è creato un nuovo legame con lo spettatore, anche grazie all’elemento multimediale. Abbiamo maturato nuove riflessioni sul rapporto uomo/natura e sulla vita in generale, sul senso di minaccia dato dalle malattie pandemiche. In questo spettacolo si parla di HIV, che è stata la pandemia degli anni Ottanta, riflettendo sulle modalità attraverso le quali la malattia ci impone di rivedere il nostro rapporto con la natura e il suo ciclo, con la morte. La malattia sposta gli equilibri, cambia il significato della vita stessa e in questo spettacolo tutto questo diventa “percepibile” attraverso il suono e lo sguardo nel quale lo spettatore viene immerso, per riemergere poi con le sue personali riflessioni.
DEREK JARMAN|THINKING BLIND
Omaggio all’artista Derek Jarman
Produzione (S) Blocco5 Regia Ivonne Capece
drammaturgia Ivonne Capece – con Giulio Santolini, Ivonne Capece
costumi e concept visivo Micol Vighi – Sound designer Simone Arganini
foto di scena Luca Del Pia – performance in cuffie wireless
FINALISTA BIENNALE COLLEGE TEATRO 2021 Sezione performance internazionale Under40
Ph. Luca Del Pia
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