Teatro
Italiani! Ha da passà ‘a nuttata
Quando mio nonno se n’è andato a 88 anni, aveva la faccia scavata intorno agli zigomi. Non era stata la malattia, ma la fatica di una vita (fatica in napoletano vuol dire lavoro) di operaio comunista. Ogni volta che in questi anni ho guardato un’immagine di Eduardo (non è necessario aggiungere cognome o titolo) ho rivisto il volto di mio nonno, e per questo il trentennale della sua scomparsa ha per me un sapore innanzitutto familiare. Come un poster, che ancora conservo a casa dei miei, di Eduardo e Totò che si dividevano il pane in un frame della versione cinematografica di Napoli Milionaria.
Come il rito laico di vedere ogni santo 25 dicembre il VHS di Natale in casa Cupiello tutti insieme tre generazioni. Come il pernacchio del Professore al duca Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari in una scena memorabile dell’Oro di Napoli, che da sempre mi è sembrato il modo più straordinario per ridicolizzare la boria del potere. E sono portato a pensare che gran parte del mio impegno politico sia dipeso dal fatto che in casa mia le commedie di Eduardo siano state parte integrante della mia formazione. Combattere il conformismo e l’ipocrisia, responsabilizzare l’individuo nella ricostruzione della società, ritrovare e difendere l’umanità in ciascuno, ristabilire rapporti più corretti tra Stato-cittadino e Potere-individuo: tutto ciò ho ritrovato e ritrovo nelle Commedie di Eduardo. Il messaggio del suo teatro civile è ancora oggi attualissimo.
Quando rivedo Gennaro Iovine (Eduardo) nella scena finale di Napoli milionaria, che ripete alla moglie “Amà, ha da passà ‘a nuttata”, per me non è soltanto il saggio monito al Paese che esce dalla seconda guerra mondiale, ma è un messaggio universale che ci dice: per ricostruire un Paese bisogna innanzitutto ricostruire i legami sociali ed il senso di appartenenza alla stessa comunità e allo stesso destino. Difficile non pensare che questo messaggio non sia straordinariamente ricco di significato per l’Italia di oggi.
Ora noi abbiamo un compito urgente. Finite le manifestazioni e le commemorazioni, dobbiamo far conoscere l’arte e il teatro di Eduardo alle nuove generazioni. Ho l’impressione, infatti, che non solo in Italia, ma anche nella mia Napoli Eduardo sia nella maggior parte dei casi qualcuno a cui sia stato dedicato una scuola oppure una piazza e una strada, ma nei fatti sconosciuto ai più. Non possiamo permettercelo, e non solo perché abbiamo il dovere di difendere il suo patrimonio culturale, ma soprattutto perché è necessario che la sua lezione civile viva di vita nuova.
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