Teatro

IlTeatro degli Animali Celesti: Lucignoli, Pinocchi e Fatine a caccia dell’eros

10 Maggio 2024

CAGLIARI. Siamo Pinocchi o Lucignoli? La domanda, lanciata così a freddo, nel bel mezzo di uno spettacolo hardcore che fila a ritmi elevati come quello messo in campo per diversi giorni di fila alla ex Manifattura Tabacchi di Cagliari dagli Animali Celesti guidati da quell’anarchico geniale di Alessandro Garzella, è tale da lasciare interdetti chi assiste allo spettacolo. Lì per lì spiazza e muove a cascata una serie di domande che escono improvvise, dagli archivi polverosi delle nostre miserabili esistenze. La più istintiva e, apparentemente senza logica, è quella di “Siamo uomini o caporali”? Sul momento non si capisce per quale misteriosa congettura o associazione di idee possa venire spontaneo alla mente il motto inventato dal grande Totò, Principe de Curtis. O forse è perché esiste una certa simmetrica complicità tra quell’aria fintamente sbrindellata di ironia e satira agitate in palcoscenico dalla compagnia toscana e quel film di Camillo Mastrocinque del 1955 che metteva insieme in modo ardito realismo e commedia, farsa e male di vivere quotidiano: faceva ridere (e come! Ben cinque milioni furono allora i biglietti staccati al botteghino) ma lasciava l’amaro in bocca. Storia di un ultimo, Totò Esposito, che capita per sfiga sempre nel posto e nel momento sbagliato. Catturato per caso dai fascisti mentre cerca di saltare la fila in una bottega di alimentari, finisce in un campo di concentramento (ed è una delle primissime volte che i lager vengono mostrati al pubblico italiano in una pellicola) da dove fugge in compagnia di una donna di cui si innamora. Giunti a Roma, città appena liberata, il pover’uomo colleziona una ingiustizia dopo l’altra: umiliato da un alto ufficiale americano e vittima di un raggiro vede la sua amata convolare a nozze con un altro. In un film punteggiato da alcuni memorabili episodi si giunge alla frase chiave, spiegata ad uno psichiatra in un memorabile monologo. Uomini o caporali.

Il momento del debutto dello spettacolo in residenza alla Manifattura di Cagliari “Lucignoli”, scritto e diretto da Alessandro Garzella (fotografia di Sandro Vitali)

Dice Totò: “Gli uomini sono quegli esseri costretti a lavorare tutta la vita come bestie, senza vedere mai un raggio di sole, senza la minima soddisfazione, sempre nell’ombra grigia di un’esistenza grama.
I caporali sono appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza avere l’autorità, l’abilità o l’intelligenza, ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza, pronti a vessare il povero uomo qualunque”.

Storie di poveracci insomma. Di ultimi e diversi. Nell’atto teatrale “Lucignoli” le figure a tratti si intrecciano, si scambiano i ruoli, un po’ come avviene in “Pinocchio” romanzo di formazione che poi ne ha ispirato l’avventura. Nel libro di Collodi, Lucignolo (una spigolosa e intrigante Chiara Pistoia lo disegna in scena strafottente quanto sperduto, dall’anima maledetta e dark) è alter ego della marionetta di legno, dentro quella trinità che si chiude con il burattino e la sua Fata Turchina madre ma anche sposa e amante (interpretata con lasciva ambiguità da Francesca Mainetti). Sponda consolatrice e angelo protettore che nel divenire del racconto scenico indossa ogni volta panni diversi, da quelli compassionevoli della tutrice ad altri sensuali di un’amante passionale. Monade leggera di un allestimento che in fondo proprio sull’eros costruisce il viaggio incerto di una parabola del nostro tempo.

Alessandro Garzella, centrale in scena, è il motore di un dramma immerso fino in fondo nel liquido più scuro della narrazione collodiana. E’ a volte il terribile Mangiafuoco che tutto governa e comanda, ma poi per alcuni attimi è Pinocchio e Lucignolo, o quanto rimane di un coro teatrale andato in parte disperso. Muove con destrezza di marionetta il corpo di paraplegico lasciando la carrozzella per montare sopra un tavolo, podio e talamo collocato al centro della scena. E’ qui che gioca insidiando grazie muliebri e scoprendo con gioia il sesso liberatorio che certifica la trasmutazione da pezzo di legno ad essere umano. Un passaggio di stato.

Sulla scena di “Lucignoli”: gli attori Alessandro Garzella, Francesca Mainetti e Chiara Pistoia, un trio teatrale perfettamente affiatato (fotografia a cura di Massimo Loi)

Un po’ come nel film “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders, l’attore Bruno Ganz -nei panni dell’angelo Damiel– incontra virtualmente in un chiosco di hot dogs l’ex angelo Peter Falk: questo – che non lo vede ma ne avverte la presenza – lo convincerà, per amore della trapezista Marion a farsi umano e gustare la vita come un buon caffè. Raccontando la propria decisione ad un altro collega angelo, Cassiel, Damiel dirà: “Risalirò il fiume. È una vecchia massima umana, sentita spesso, ma che capisco solo oggi: ora o mai. E l’attimo del guado. Ma non ci sarà un’altra riva: c’è solo il guado, finché stiamo dentro il fiume. Avanti: nel guado del tempo, il guado della morte. Noi che non siamo ancora nati, scendiamo dalla torretta: guardare non è guardare dall’alto, ma ad altezza d’occhi. Innanzitutto farò un bagno…”.

Dentro e fuori dalla vicenda di Collodi. Coinvolti nella contemporaneità e dal senso politico dei nostri giorni, gli attori di questa compagnia di teatro civile mettono a nudo crudamente il loro “Pinocchio rovesciato”. Così appaiono il burattino incantato dal consumismo e l’amico Lucignolo, disadattato senza bussola, spinto da una cronica fame di scintillanti ed effimeri divertimenti che lo porteranno alla rovina e alla morte.

Sensale e guida di un mondo sgangherato anche nella sessualità è la Fata Turchina, che in un momento appare come una Madonna blasfema: ma non salverà i due amici condannati a una diversità che è esclusione, isolamento. Niente happy end insomma nel Paese dei balocchi e della stupidità volgare e ruffiana di un regime che, osteggiando la creatività chiude gli spazi ai diritti e alla libera espressione. Ma cosa resta di questa sgangherata fuga dal perbenismo ufficiale, a cosa serve quella mutazione o trasformazione da pezzo di legno in essere umano, se poi si deve sottostare ai “caporali” che gestiscono conto terzi il sistema? La violenza, la paura, la sottomissione. In “Il Tao della liberazione: esplorando l’ecologia della trasformazioneLeonardo Boff e Mark Hathaway segnalano come “la forma forse più pura di impotenza interiorizzata è l’illusione della disperazione. Cominciamo a percepire il mondo come privo di speranza, il cambiamento come una cosa impossibile. Ci si ritrova talmente ingabbiati nella disperazione da considerare “realistica” questa visione del mondo, e utopica e impraticabile qualsiasi proposta alternativa”.

Una madonna blasfema (Francesca Mainetti) tra i due attori Alessandro Garzella, ora Mangiafoco, ora Pinocchio e Chiara Pistoia in quelli di Lucignolo (Foto di Sandro Vitali)

La paura quindi blocca qualsiasi forma di possibile riscatto? Ancora Boff e Hathaway affermano che “La maggior parte dell’umanità deve convivere ogni giorno con pericoli molto concreti. Il mancato soddisfacimento dei bisogni primari, la vulnerabilità a malattie potenzialmente mortali e la minaccia della violenza (sia essa domestica, sociale o politica) rendono la sicurezza una condizione perennemente irraggiungibile. L’esito scontato di questo stato di cose è la paura, la quale sottrae potere alle persone perché le immobilizza e inibisce così l’azione trasformatrice. Certamente la paura che caratterizza l’oppressione interiorizzata è il prodotto dell’impotenza e dell’oppressione strutturali; eppure e da essa distinta. In un certo senso, è l’impronta psicologica lasciata da una lunga storia di soggiogamento e violenza”.

Tutto questo si ritrova tra le pieghe di questo “Lucignoli” opera teatrale complessa fatta di attraversamenti letterari e filosofici che spingono a guardare oltre quel burattino costruito da Mastro Geppetto per riflettere sulla esistenza dei nostri giorni.

Nello spazio destinato al dramma brulicano i corpi degli attori: misurano lo spazio in modo nervoso disegnando figure a semicerchio senza chiuderle mai. Certificano la presenza di un lato oscuro e di questioni irrisolte. Pensieri e luoghi comuni di una umanità che si chiude a riccio preventivamente per difendersi dal diverso, da chi non gli somiglia, può essere un migrante, un nero o avere un corpo fuori dalle norme convenzionali. Si mobilita la difesa di una razza, di una Patria, di luoghi considerati sacri. Baluginano le riflessioni di Georges Bataille che mettono in guardia invitando, nel caso di malformazioni corporee, a fermarsi e superare il rifiuto fino a cogliere proprio in queste gli elementi di umanità che ci legano e accomunano. Scrive su “Le deviazioni della natura” in “Documents”, la rivista di cui è segretario a cavallo degli anni Trenta: “Un “fenomeno” da fiera qualsiasi provoca un’impressione positiva di incongruità aggressiva, un po’ comica, ma soprattutto generatrice di malessere. Questo malessere è oscuramente legato a una seduzione profonda. E, se si può parlare di dialettica delle forme, è evidente che bisogna tener conto in primo luogo di tali capricci di cui la natura, benché siano solitamente definiti come contro natura, è incontestabilmente responsabile”.

“Lucignoli” scritto da Alessandro Garzella per gli Animali Celesti e a fine di aprile una settimana in residenza a Cagliari è uno spettacolo costruito fortemente sull’eros (foto Sandro Vitali)

Riflessione liberatoria sulla natura che, anche se nello spettacolo resta in un’ombra appena sottesa, sta lì come un monito aprendo la mente ad altre infinite possibilità di comprensione. Come suggerisce quell’opera illuminante e ricca di spunti filosofici contemporanei che è “Il Sogno d’Alembert” (1769) di Dennis Diderot, pubblicato da Sellerio dove il filosofo dialogando di materialismo con mademoiselle de l’Espinasse espone questa lucida intuizione su differenze e natura umana.

“Ogni animale è più o meno uomo; ogni minerale è più o meno pianta, ogni pianta è più o meno animale. Non v’è niente di preciso in natura… […] dunque non vi è essenza di un essere particolare… No, senza dubbio, poiché non vi è alcuna qualità della quale ogni essere non sia partecipe […] Parlate di individui, poveri filosofi; lasciate perdere i vostri individui e rispondetemi. Esiste in natura un atomo rigorosamente simile a un altro atomo? … Non siete d’accordo che tutto è collegato in natura e che è impossibile che vi sia un vuoto nella catena?

 

Per una settimana alla fine di aprile gli Animali Celesti, la compagnia di teatro d’arte civile diretta da Alessandro Garzella, una vita dedicata al teatro sociale d’arte come regista, attore impegnato in una ricerca “sul rapporto tra teatro e follia in contesti di marginalità e disagio sociale” e autore del libro “Il corpo in testa” (edizioni Cuepress) ha soggiornato negli spazi della ex Manifattura Tabacchi di Cagliari confrontandosi con i colleghi di Carovana SMI diretta dalla coreografa Ornella D’Agostino. In particolare durante la residenza artistica, è stato tenuto uno spettacolo in replica alla fine di ogni giornata, risultato del work in progress sulla creazione “Lucignoli”, scritta e diretta dallo stesso Garzella. Lo spettacolo, è prodotto dalla compagnia stessa con il sostegno del Mic, Regione Toscana, Comune di Pisa, Asl Nordovest toscana, Università di Pisa, Carovana Smi, Teatro Nucleo, Aedo. Il lavoro è inserito nel programma pluriennale Accademia del Tempo Osservatorio della Contemporaneità e del modulo inDifferenze-Azioni multidisciplinari a favore dell’inclusione di persone e artisti con disabilità. Nelle giornate dell’8, 9, 15 e 16 giugno nel bosco di Coltano la compagnia replicherà lo spettacolo “Dionis/io favola sul finimondo” liberamente ispirato alle “Baccanti” (prenotazioni presso: info@animalicelestiteatrodartecivile) e dal 2 al 5 settembre “Lucignoli”). “Lucignoli” sarà in residenza a Lucca dal 21 al 27 luglio, e infine a Ferrara dal 16 al 22 settembre.

Un primo piano degli attori Alessandro Garzella e Chiara Pistoia in “Lucignoli” degli Animali Celesti alla Manifattura di Cagliari (Foto di Sandro Vitali)

 

 

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