Teatro

Il dinamico equilibro nella danza di Roberta Ferrara

12 Ottobre 2020

La compagnia Equilibrio Dinamico rende davvero merito al suo nome: in costante dinamismo, in movimento – fisico e immaginifico – attraversa continenti e teatri, pur mantenendosi strutturalmente in un “equilibrio” che è certezza di prospettiva e intensità di scavo creativo. Guidata da Roberta Ferrara con intensità e partecipazione, la compagnia si sta facendo sempre più notare non solo per le creazioni coreografiche, ma anche e sopratutto per una vocazione pedagogica che sa essere, al tempo stesso, fortemente radicata nel territorio della Regione Puglia, ma anche costantemente aperta al mondo, ad insegnamenti e insegnanti che provando dai quattro angoli del mondo. A Bari, da metà settembre, allora, è partito – con il rispetto delle normative anti-Covid, nonostante la diffidenza del Sindaco di Barletta che invitava a non frequentare le scuole di danza (poi, ovviamente, si è scusato) – l’articolato progetto “Equilibrio Dinamico Ensemble”, giunto alla settima edizione e previsto fino a Gennaio 2021. Si tratta, nelle parole dell’organizzazione, di «offrire a dei giovani danzatori un luogo dove riconoscersi, sperimentare, approfondire le proprie capacità e punti di forza, maturare conoscenza e consapevolezza del corpo». Con un calendario aperto a importanti  ospiti internazionali, chiamati a tenere workshop o masterclass, il progetto ha coinvolto danzatori e danzatrici provenienti da Germani, Francia, Olanda, Inghilterra, Spagna, Israele, Stati Uniti e ovviamente Italia.

Mi sembra importante approfondire il piano concettuale della iniziativa, proprio in un momento in cui il “corpo” nelle sue infinite declinazioni e possibilità, è visto e vissuto come corpo “malato”, pericoloso, contagioso, fragile. Allora, per avviare questa discussione, chiedo a Roberta Ferrare di presentare per sommi capi il progetto pugliese.

«Equilibrio Dinamico nasce come un cantiere, una fucina di idee e sempre aperto a confronti e collaborazioni. Sento come necessario il garantire a chi entra in contatto con noi ,artisti e pubblico, una realtà che segue i cicli naturali dove i processi arrivano poi a sbocciare, un team in grado di lavorare efficientemente in coworking. Siamo pian piano diventati una macchina umana dove produzione, formazione e progetti speciali camminano insieme per regalare e regalarci, attraverso l’arte, attimi di bellezza emozione, passione, anche furore. E aggiungerei salvezza. Da buona nostalgica per me l’arte sa proteggere».

Roberta Ferrara

Quel che mi sembra interessante, nel suo percorso, è la capacità di coniugare una attività decisamente internazionale, globale direi, e un forte radicamento nel territorio locale, in Puglia. Come far convivere questi due aspetti? necessità? Vocazione?

«Quando si parla della Puglia come una terra che conserva un’energia particolare è solo un eufemismo. Questa regione conserva effettivamente una serie di condizioni ambientali, naturali, di esposizione e energetiche che attivano un clima dove l’anima si ritrova, si concilia, rientra in contatto. Tutto questo senza nulla togliere agli altri spazi nel mondo, ognuno caratterizzato da una sua personale meraviglia. Lo scambio culturale e il nostro lavoro fuori Italia sono testimonianza di un grande amore verso ciò che è il viaggio inteso come conoscenza e scoperta dell’altro e di sé. Ho scelto dunque di investire nella mia terra per necessità. Un danzatore, contemporaneo soprattutto, in perenne confronto con una multitudine di linguaggi e poetiche artistiche, deve imparare a sentire il proprio corpo in vari habitat e coglierne le percezioni, ma ha bisogno prima di tutto di conoscerlo quel corpo, di sentirlo proprio e prenderne consapevolezza, toccare il suo perimetro e il suo spazio nel mondo. Per eseguire al meglio il suo lavoro c’è bisogno di riconciliazione. Una cura dell’ascolto è quindi necessaria, e qui in Puglia il danzatore è favorito ad un lavoro di benessere, di riconquista di una propria atavicità, viene agevolato nel processo di conoscenza di sé attraverso un programma, “Equilibrio Dinamico Ensemble”, di qualità e internazionale, dove danzatori professionisti portano la loro esperienza, un confronto con i linguaggi della danza che regalano allo spirito e di conseguenza al corpo un respiro più ampio».

Nodale è infatti l’aspetto pedagogico: la pratica creativa sembra inscindibile da quella dell’insegnamento. Cosa insegnare? Come? 

«La pedagogia è alla base di ogni forma d’Arte dal mio punto di vista. Come dicevo l’Arte può salvare ed è in questa salvezza che si racchiude per me la pratica creativa che non discosta dall’insegnamento. Io cerco di creare in primis un ambiente confortevole, sano e inclusivo, queste sono le basi per un lavoro a mio avviso onesto e viscerale. I codici devono essere sufficienti per iniziare un’ esplorazione sempre nuova della propria danza ma io cerco di variarli, di metterli costantemente in discussione per evitare che tutto posso svolgersi in meccanismi certi, è sempre fuori dalla comfort zone che ho imparato ad ascoltarmi e ad ascoltare. Non credo ci sia più la necessità di parlare di classe forse è più interessante parlare di incontri, la classe se frontale non è immersiva, preferisco un lavoro cooperativo dove ci si sente coinvolti, partecipi e testimoni al contempo».

Particolarmente attuale e scottante è la questione, che grossolanamente possiamo definire “di genere”. La danza, da sempre, esprime e fa esplodere il corpo come presenza magnetica e mai scontata. Cosa è per lei il “corpo”? Cosa rappresenta? Il corpo – del danzatore e della danzatrice – è un corpo politico? 

«Il corpo è mezzo eccellente di trasmissione, è immediato e responsabile. Mi piace definirlo “sociale” perché in grado di fare interagire la diversità. Le opposizioni in danza diventano armonie non ci sono barriere ma punti differenti di incontro. A mio parere la presenza del gesto fanno da sfondo ad un qualsiasi corpo consapevole. La prima residenza della nuova edizione Ensemble, ad esempio, è stata inaugurata da un’ospite straordinaria, Imre Van Opstal, danzatrice e coreografa del Netherlands Dance Theatre. Proprio Imre, oltre alla sua indagine sull’onestà  del gesto, indaga la danza non soltanto come arte, ma anche come momento di ritrovo per amici della comunità LGBT abbandonati da familiari e parenti. Ed è importante per me che i danzatori dell’Ensemble, che sono giovani danzatori in fase di crescita e sviluppo, si confrontino appunto con personalità che hanno una consapevolezza critica e una visione anche politica oltre che estetica della danza e della vita. Sviluppare una coscienza e una conoscenza, ampliare il proprio spettri di conoscenza, rispettare il proprio corpo e quello altrui, indagando anche la moltitudine di corpi possibili».

 

Per ulteriori informazioni: www.equilibriodinamico.org; email: equilibriodinamicocompany@gmail.com

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