Teatro

Iacchetti alla regia: Natale in casa Marx

3 Gennaio 2019

Venerdì 21 dicembre ha debuttato al teatro Guanella di Milano, per la regia di Enzo Iacchetti, “Natale in casa Marx”, una commedia brillante di Lorenzo Beccati con le musiche di Piero Alloisio; ha poi replicato il 22 e il 23 dicembre, ma tornerà prossimamente al Teatro della tosse di Genova il 13 febbraio, il 21 e 22 febbraio al teatro Delfino di Milano e il 30 marzo al teatro Ambra di Albenga.

È la notte di Natale, la neve cade placida fuori dalla finestra, un camino scoppietta. L’uomo barbuto non è però chi solitamente ci aspetteremmo in questa occasione: seduto alla scrivania c’è niente meno che Karl Marx (Francesco Errico)! È intento a scrivere un lettera alla madre, mentre la moglie Jenny (Livia Morotti) con il figlioletto in braccio lo assiste dal divano. Storicamente Marx si trova a Bruxelles in un piccolo appartamento, è già dovuto fuggire per le sue idee dalla Germania e in Francia è impegnato nelle faccende politiche della “Lega dei comunisti” insieme al suo vecchio amico Engels (Martino Iacchetti). È proprio l’altro padre del socialismo scientifico che è atteso quella sera; insieme devono infatti rivedere e completare il più celebrato degli scritti comuni, “Il manifesto del partito comunista”.
Il filosofo di Treviri non appare granché ispirato nel trovare le giuste parole, e gli vengono difficili anche quelle per chiedere alla tirchia genitrice (da lui stesso così definita) un prestito che allievi le sue ristrettezze economiche. Se il sopraggiungere dell’amico Friedrich risolverà il problema pecuniario con un dono natalizio, scarso invece sarà il suo apporto alla causa socialista in termini di fantasia letteraria. Queste difficoltà sul testo, che man mano riguarderanno i più celebri motti del manifesto, saranno risolte dal quarto e ultimo personaggio di questa commedia: la governante (e amante) di Marx, Lenchen (Elena Martelli), che quasi spensieratamente, tra una spolverata e un addobbo, suggerirà i più famosi passaggi del fondamentale testo socialista. I personaggi si alterneranno in scena per due atti, riuscendo a creare un clima giocoso e domestico con una mescolanza di espedienti che va dal suono delle zampogne ad anacronismi marxisti sulla propaganda e sull’iconografia che tutti conosciamo; con qualche inframezzo di canzoni che, in maniera un poco più seria, esprimono l’affetto reciproco ricordando, insieme alla neve alla finestra e all’albero nell’angolo, l’atmosfera laica del Natale.

A duecento anni dalla nascita di Marx sembra sia giunto il momento anche per un timido riaffacciarsi di qualche, se non pretesa, speranza socialista; come se quella fine della storia annunciata da Francis Fukuyama sia in realtà da rimandare al vaglio del materialismo storico, cosa che egli stesso ha ribadito di recente, suscitando non poche ironie. Ma è forse proprio dall’ironia che bisogna ripartire: infatti Marx ed Engels sono qui rappresentati non come rampanti giovani hegeliani di sinistra, ma come due spiantati, imbranati, che si affannano maldestri sia negli scritti politici che nelle vicende famigliari. Un’immagine nuova per i due filosofi, che si può estendere metonimicamente alla loro teoria comunista, la quale risulta depurata da quel sentore stantio da libro di storia, dove ormai è relegata spesso con biasimo. Se si gioca con la mitologia che la propaganda marxista ci ha fatto conoscere, a partire da Marx ed Engels stessi, allora si esorcizza anche tutto il peso ideologico che grava oggi giorno quando si apre la bocca per parlare di comunismo e così i valori ingarbugliati nella matassa teorica posso riemergere rinfrescati, ripuliti dai preconcetti: il vecchio Marx che con un volto nuovo viene portato a riaffacciarsi nell’attualità.

Non è affatto un caso che questi sintomi di un ritorno a Marx passi per mezzi comunicativi modernissimi, come i meme del web o un anime del governo cinese che lo ha come protagonista; senza dimenticare il film “Il giovane Karl Marx” che rinnova la sua immagine perché lo presenta giovane, come anche è rinnovata in questa commedia perché giocosa e piacevole. Una risata che fa riflettere anche su chi viene in aiuto ai due barbuti filosofi: Lenchen è la figura del riscatto; è sempre lei che toglie l’impaccio dagli inciampi nel testo del Manifesto, e che anche nella realtà storica aiutò a elaborare. Chi se non una rappresentante della classe lavoratrice, già vituperata due volte perché donna e perché serva, potrebbe offrire uno spunto significativo agli spettatori di una commedia sui padri del comunismo? Questa parola che nel corso del tempo abbiamo imparato prima a dimenticare e poi a quasi a disprezzare, fino ad essere tabù per la sinistra attuale che aspira al classismo meritocratico anziché all’uguaglianza sostanziale. Anche per questo pian piano è scivolata ad un ruolo inferiore non solo elettorale, che le è sempre appartenuto, ma anche ideologico. Dimentica dei lavoratori, o degli sfruttati, la sinistra che almeno riparta da Lenchen se non vuol ripartire da Marx.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.