Teatro
Addio a Maurizio Scaparro
È morto oggi, il 17 febbraio 2023, Maurizio Scaparro, uomo di teatro e d’arte tra i più importanti della sua generazione. Per celebrarlo, vi riproponiamo il ritratto dedicatogli in occasione del suo novantesimo compleanno, il 7 settembre scorso.
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Maurizio Scaparro ha da qualche giorno felicemente festeggiato i suoi novanta anni (è nato il 2 settembre del 1932). E ovviamente ha passato la giornata facendo, instancabilmente, progetti di teatro.
Scaparro, si sa, è artista dalla cifra poetica, regista e organizzatore, raffinato sognatore di mondi e tessitore instancabile di legami geografici e umani all’insegna della fantasia.
Gli devo molto: quando, giovane iscritto a giurisprudenza, avevo scoperto il teatro (e c’ero già caduto con tutte le scarpe) non sapevo bene come comportarmi, gli chiesi consiglio. Dopo una conferenza, a Urbino, si fermò a parlare con me. Mi ascoltò, nonostante fossi uno sprovveduto studentello e mi disse più o meno: «intanto laureati, così i tuoi genitori sono contenti e tu hai un titolo. Poi prenditi un anno per il teatro: se resisti agli arrivismi, alle competizioni, ai colpi bassi, agli egoismi, alle frustrazioni, alle delusioni, vuol dire che sei vaccinato, e puoi continuare a occupartene. Altrimenti avrai solo perso un anno, ma sei laureato». Sono passati oltre trenta anni da allora e sono qui a scrivere di questo regista che ha, dalla sua, non pochi successi. Lo ritrovai, tempo dopo, commissario dell’Ente Teatrale Italiano e in mille altre occasioni.
Ricordo con piacere alcuni suoi spettacoli: La Venexiana, di Anonimo del 500 (in una ripresa recente); il Teatro Comico di Goldoni, con Valeria Moriconi; il Cyrano con Pino Micol, Amerika da Kafka e molti altri, tra cui, ovviamente, quel capolavoro che è stato Le Memorie di Adriano, con Giorgio Albertazzi, spettacolo che ha avuto oltre 600 repliche dal 1989.
Ma di Maurizio, che peraltro aveva iniziato facendo il critico teatrale per L’Avanti!, vale la pena ricordare anche la grande verve organizzativa. Questa estate, la Biennale Teatro lo ha giustamente celebrato per la direzione di quel triennio che va dal 1980 al 1982, che fu davvero meraviglioso: perché Maurizio Scaparro ha, di fatto, reinventato il carnevale veneziano.
Il Carnevale come festa popolare, come momento di incontro tra genti e culture diverse: in quegli anni, con felice intuizione, scelse di mettere in corto circuito le tre parole magiche, presenti nell’immaginario collettivo: Carnevale, Teatro e Venezia.
Nella mostra, assieme a articoli, manifesti e locandine, erano esposte foto e video d’archivio, spesso in bianco e nero o virate con colori che segnano il tempo passato. Ed erano foto bellissime, che testimoniano la straordinaria affluenza di pubblico – Piazza San Marco, i campi, le calli pienissime – e l’originalità della proposta artistica. Ma non solo: con la sua direzione veneziana, Scaparro seppe dare un contributo all’affrancamento del Paese dalle stagioni violente del terrorismo e della strategia della tensione. Contemporaneamente a quanto faceva Renato Nicolini con il suo “effimero” meraviglioso urbano a Roma; a quanto accadeva al Festival di Santarcangelo che gioiva della frenesia dello spettacolo in Piazza, Scaparro e la Biennale inventarono in breve ed efficacemente l’occasione per riconquistare piacere di stare “insieme”, liberamente e apertamente. Il primo “Carnevale del Teatro” (dal 10 al 19 febbraio 1980) si consumò davvero all’aperto, con spettacoli, giocolerie, marionette, burattini, laboratori e momenti di studio e riflessione. Giuliano Scabia con il suo itinerante Giro del diavolo e del suo angelo, Marcel Marceau alla Fenice (con una folla incredibile in attesa per entrare); la spettacolare “ragnatela” inventata da Donato Sartori che “legò” assieme le persone festanti in Piazza San Marco; i primi workshop di trucco e travestimento collettivi; e poi Lindsey Kemp, Dario Fo e Franca Rame, e la spettacolare Tauromachia dei catalani Els Comediants: furono momenti indimenticabili. Come lo fu il miracoloso “Teatro del Mondo”, ideato da Aldo Rossi: una nave-teatro, un contenitore di spettacoli che, trainato dal rimorchiatore Nuevito, prese poi il mare per arrivare a Dubrovnik con un carico di artisti (come Ezio Maria Caserta, Claudio Remondi, Luca De Fusco, Fiorenzo Fiorentini), critici e spettatori.
Il 1981 fu il “Carnevale della Ragione”, con un omaggio al “Viaggio dei comici italiani del 700”, e con ospiti internazionali come Juan Antonio Hormigon o Geraldine Chaplin (ci sono divertentissime foto che raccontano l’arrivo di un elefante a Venezia!) e registi del calibro di Giancarlo Cobelli, alle prese con Gozzi, Paolo Poli che affrontava il Paradosso di Denis Diderot o Edoardo Fadini con il suo “Cabaret Voltaire”.
Nel 1982, poi, Scaparro riuscì finalmente a collegare Venezia ad un’altra città del suo cuore: Napoli. La laguna è invasa da Pulcinella festanti, ma arrivano anche Peppe Barra, Leopoldo Mastelloni, Nello Mascia e Bruno Cirino, Mario Martone e Falso Movimento, Annibale Ruccello e Mimmo Jodice, Luca de Filippo e Eugenio Bennato (poi ci sarà modo di ricambiare: anche Venezia invaderà poi, artisticamente e pacificamente, Napoli).
Nel presentare la mostra estiva, il presidente della Biennale, Roberto Cicutto aveva detto: «festeggiamo i 90 anni di Maurizio Scaparro e il contributo fondamentale dato alla Biennale in qualità di Direttore del Settore Teatro. I Carnevali di Scaparro, oltre a segnare una vera svolta culturale di libertà nella società italiana dell’epoca, hanno steso una ragnatela (anche fisicamente rappresentata nell’opera di Donato Sartori librata nel cielo sopra Piazza San Marco) con altri luoghi del mondo: Napoli, Parigi, la Cina. Per tutte queste ragioni La Biennale lo riaccoglie e lo festeggia nelle proprie sedi e nella città di Venezia, e di diritto lo iscrive nel patrimonio della Storia della Biennale».
Ecco, quello fu un progetto che divenne realtà, che cambiò la realtà, ossia il luogo e le persone, festeggiando la vita e l’arte.
Sono bei ricordi, ma certo Scaparro non è il tipo da rinunciare ai sogni per le nostalgie. E infatti, nelle interviste che ha rilasciato, non nasconde di star accarezzando un nuovo progetto, una nuova utopia – parola a lui carissima. Mi piace pensare, augurandogli buon compleanno – anche se in ritardo – che la grande lezione che Scaparro ha dato al teatro è che le utopie, a volte, si realizzano.
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