Teatro

Gli Argonauti conquistano Matera

27 Luglio 2017

Mentre un’anziana signora, che pure ha una minima rilevanza politica, discetta sulla “razza” degli italiani, a Matera si discute – animatamente e appassionatamente – di inclusione e integrazione, mettendo in pratica teorie, mescolandole con prassi sperimentate in divenire, ormai necessarie.

Durante un incontro del Festival Nessuno Resti Fuori, infatti, sono intervenuti due operatori che quotidianamente e “sul campo”, si confrontano con la realtà delle migrazioni, cercando di dare senso e valore a parole ormai desuete come accoglienza, ascolto, integrazione, collaborazione. Situazioni difficili e complesse quelle raccontate, ad esempio, da Michele Plati, dell’Associazione Il Sicomoro: «Bisogna che quello della migrazione diventi un tema di portata nazionale, ossia una questione culturale, che deve coinvolgere tutti e non può essere lasciata agli estremismi della politica o solo al volontariato». Per Plati si tratta di agire nelle comunità e, per farlo, il teatro è forse il mezzo principale, se non l’unico: «con la pratica teatrale i mondi possono incontrarsi, conoscersi, le persone possono ascoltarsi. Da qui dobbiamo ripartire per pensare nuove società». Gli fa eco Grazia Tinelli, docente di italiano per minori migranti: «ci dobbiamo confrontare quotidianamente con il diniego dei documenti, con le aspettative mancate di queste persone che arrivano in Italia disperati. Per quel che mi riguarda, non mi limito certo a insegnare “grammatica”, ma provo a dar loro un modo di raccontarsi in un’altra lingua, di esprimere le proprie emozioni e idee. L’obiettivo è convivere, stare insieme, e in questa prospettiva il teatro è il luogo d’eccellenza nello stabilire relazioni per un racconto individuale e collettivo».

Allora Matera Capitale europea della Cultura è terreno di sperimentazione anche in chiave di nuove cittadinanze e, certo non secondariamente, di nuove professionalità da costruire per affrontare al meglio simili questioni. Lo ricordava anche Paolo Verri, direttore di Matera2019, con uno slogan incisivo: «nobody fears, everybody cares». Avere cura è la strada tracciata, l’ipotesi non solo da teorizzare ma da applicare.

E una dimostrazione è arrivata proprio dal piccolo e coraggioso festival Nessuno Resti Fuori. Nel quartiere Serra Venerdì, non molto lontano dagli storici Sassi, in una piazza gremita da oltre 400 spettatori, con anziani e bambini, giovanotti fieri sui loro motorini, curiosi di passaggio, gente affacciata alle finestre, e tanti che si sono portati le sedie da casa, è avvenuto il piccolo miracolo de Le Argonautiche, di Apollonio Rodio. Lo spettacolo è stato allestito dagli ottimi Alessandro Argnani ed Emanuele Valenti (registi e attori che ben conosciamo), dopo un lungo laboratorio, promosso proprio dall’associazione Il Sicomoro di Plati, con la collaborazione del Teatro delle Albe di Ravenna, della compagnia Punta Corsara e dello Iac-Centro Arti Integrate che organizza il festival materano. Si tratta di una tappa della Non-Scuola, ovvero dell’ormai notissimo percorso di formazione creato da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari con le Albe. Una Non-Scuola che ha avuto una prima fase di lavoro nel piccolissimo centro lucano di San Chirico Raparo ed è approdato in questo rinnovato allestimento a Matera.

Un momento delle Argonautiche

Grazie ad Argnani e Valenti, le Argonautiche hanno assunto il carattere corale di una impresa commovente e divertente. Un viaggio, allora, affrontato da adolescenti coraggiosi e incoscienti, attraverso il mare, per conquistare quel Vello d’oro che oggi assume valenze altre, cogenti, drammatiche. Un coro di ragazzi e ragazze, un paio di bambini, al seguito di un Giasone nero e vivacissimo – interprete di qualità, il giovane Ali Sohna, già attivo come attore all’interno dello Iac: speriamo continui – che si mette a capo della mitica impresa. Il gruppo attraversa prove difficili, magari sconfigge i giganti ma si perde nelle braccia delle belle donne di Lemno, salvo riprendere il viaggio in mare e approdare finalmente alla corte del re della Colchide. Qui, grazie a un Eros (ironicamente più da Ramazzotti che non da Olimpo) e la compassione di due dee bimbe, nella complicità di una Medea da fumetto, l’impresa si compie ma solo dopo aver dato spazio ai “saggi”, ossia a due anziani abitanti di San Chirico – l’istrionico ottantenne Giuseppe detto Peppino e la soave maestra del paese che recita Alda Merini: «sorridi alla vita», dice.

Come sempre per la Non-Scuola, il codice è energico, sprizza entusiasmo e felicità in ogni istante, partecipazione ed emozione sono costanti che fanno superare agilmente qualche piccolo intoppo o qualche imperfezione del tutto perdonabile. L’impianto generale delle Argonautiche è una meraviglia, alcune soluzioni sono brillantissime, certe sequenze lasciano il segno: e non è raro, guardando i volti degli spettatori, scorgere qualche lacrimuccia.

Vale la pena, allora, citare tutti i partecipanti a questo rito popolare e d’arte. Eccoli, in rigoroso ordine alfabetico per nome: Angelo Andrulli, Antonella Visceglia, Arcangela Genco, Arianna Longo, Carlotta Campobasso, Emanuela Noviello, Ernest Niaba, Ferdinanado Mazzitelli, Francesca Pagone, Francesco Scalcione, Giada Cipriani, Giovanna La Fortuna, Hassan Kromah, Hassan Walikhan, Kheireddine Guellour, Luca Marchello, Marika Maiullari, Marinella Trivigno, Michele Colasurdo, Roberto Di Perna, Rosanna Fraccascia, Vanessa Clemente, Vincenzo Quarta, Maurizio Cicchetti, Seedy Keita, Ali Sohno, Said Elshazly.

Teatro delle Albe, Punta Corsara e Iac possono dunque festeggiare un nuovo capitolo di formazione e contaminazione teatrale di rara intensità: una festa vera, sentita, condivisa. C’è una necessità e una urgenza, qui, che raramente si trova altrove. 

Poi, spenti i riflettori, il diciannovenne Ali ci racconta la sua storia. Parla in un bell’italiano, con un sorriso antico e struggente, da bambino troppo in fretta cresciuto: viene dal Gambia, ha lasciato un fratello in mare, non sa dove sia la madre. «Ho studiato geografia facendola a piedi – scherza – e il teatro mi ha salvato la vita. Ci guardiamo negli occhi, ci parliamo. Quando vedo gli altri ragazzi africani finalmente sorridere, dopo lo spettacolo, sono felice. Come me, hanno attraversato il mare, scappando da situazioni incredibili. Non è un viaggio, il nostro, è una fuga obbligata che abbiamo dovuto affrontare. Ma trovarci qui, tutti, a festeggiare – materani e africani assieme – è straordinario».

 

Per informazioni:

www.nessunorestifuori.it

www.matera-basilicata2019.it

www.ilsicomoro.net

 

 

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