Teatro

Garzella: un nuovo teatro d’arte civile per rispondere al populismo

27 Settembre 2020

Conosco Alessandro Garzella da tempo. Sin da quando era il vulcanico e intrattabile direttore del Teatro di Cascina. L’ho ritrovato, tempo dopo, più consapevole e maturo, perché mi invitò a seguire una curiosa esperienza di teatro sociale a Verdello, un percorso – poi raccontato in un libro – all’interno del “Teatro Stalla” creato in un importante centro di salute mentale, Cascina Germoglio. Garzella, regista e autore, è uno degli artisti più rappresentativi di quella scena che non esita a confrontarsi con il disagio fisico e mentale, con le marginalità umane, declinando l’impegno artistico anche in ambito civile. Vive da sempre a Pisa e con la sua città, ha un rapporto teso, di amore e di scontento. Soprattutto da quando la città ha svoltato bruscamente a destra, promovendo politiche “culturali” – se così vogliamo dire – piuttosto scoraggianti.

Garzella, con la compagnia Animali Celesti, ha nel frattempo inventato un vivacissimo programma radiofonico e un solido festival nel Parco della Biodiversità, all’interno del bosco di Coltano, Altre Visioni, anche stavolta mettendo assieme afflato sociale e creazione artistica.

Ma qualcosa non torna: nonostante il successo e la qualità della manifestazione, l’Amministrazione pisana, di destra, ha azzerato il finanziamento, e sembra sempre più distratta, sorda, addirittura ostile, nei confronti di un progetto che coinvolge una umanità molteplice, che insiste sulla libera espressione e sulla pedagogia, toccando i codici del teatro, della danza contemporanea, della musica, della drammaturgia.

Lo scorso anno, il Comune di Pisa ha tagliato del 70% (!) il contributo concesso al progetto e ridotto drasticamente anche le risorse destinate per bando all’associazione e quest’anno, con tutte le difficoltà e i dolori portati dal Covid, solo a fine luglio Garzella ha scoperto che l’amministrazione aveva “finito il budget” (che a confronto, il famoso “bambole non c’è una lira” è una dichiarazione d’affetto).

Eppure questi anomali Animali Celesti – Chiara Pistoia, Francesca Mainetti, Sara Capanna, Giulia Benetti, Anna Teotti, ed altri compagni di cammino –  non si sono arresi e continuano a proporre un teatro aguzzo, ispido, lirico ma tagliente, poetico ma profondamente calato nella realtà, ottenendo risultati scenici e sociali davvero egregi. Gli ospiti all’ultima edizione del Festival, poi, – artisti come Marco Martinelli, Michela Lucenti, Chiara Bersani e molti altri –  hanno confermato il valore di Altre Visioni.

Ci sarebbe  – e c’è – da gridare allo scandalo, se non fossimo ormai assuefatti all’ottusità e alla malagestione politica. Dunque, mi è sembrato urgente indagare con Sandro Garzella quale sia lo “stato dell’arte” e quali le relazioni con l’amministrazione comunale. Allora Garzella, come va a Pisa? In che mani siete?

A fine luglio ho scritto al Sindaco e all’Assessore alla Cultura denunciando la desertificazione culturale della città. Non mi hanno neanche risposto. Evidentemente non hanno chiaro d’essere a capo di un’istituzione pubblica, che governa tutti i cittadini, dissidenti inclusi. Mi pare molto grave l’arroganza che stanno manifestando verso molte manifestazioni culturali cittadine. Il loro obiettivo è settario, valorizzare il folclore, diffondere un decoro ornamentale, coinvolgere gruppi amatoriali, assegnando a loro una funzione puramente strumentale al consenso. In città già si respira la voglia di mandarli a casa ma resteranno ancora tre anni e faranno danni. Ovviamente la parte debole del teatro, resa ancora più debole dal Covid, asseconda il ricatto. Però se vivi la città davvero vedi il deserto: teatro, biblioteche, musei, università stoppinati a doppia mandata. Il nulla. E invece sarebbe proprio questo il momento in cui la cultura si dovrebbe diffondere e impegnarsi. Fossi il Sindaco chiamerei tutti. Ci sarebbe bisogno proprio di tutti. Ma questi non ne sono capaci.

 

Sandro Garzella

 

Cosa è successo con la compagnia Animali Celesti?

Abbiamo raddoppiato l’impegno creativo e le attività sul territorio. Il Comune ci ha azzerato la convenzione e noi abbiamo presentato un’edizione del nostro contro festival nei boschi di Coltano ancora più forte e impegnativa, coinvolgendo artisti e compagnie a noi affini. Abbiamo promosso opere e laboratori con Chiara Bersani, Le Albe, Teatro Nucleo, Michela Lucenti mentre il nostro Comune strappava la convenzione con noi e propagandava il progetto di una compagnia amatoriale. Tutto questo mi dà un’energia particolare, che ho messo nell’opera che abbiamo presentato: Akeldamà sui tanti modi di tradire in versi. Abbiamo dedicato a Giuda questo nostro nuovo lavoro che riprenderemo sicuramente, avendo dovuto presentarlo ad un pubblico limitato dalle normative.

Come sta vivendo il teatro questo momento politico? La Toscana è rimasta “rossa”…

Non lo so. L’impressione è di un si salvi chi può per le compagnie. La maggior parte dei grandi teatri si sono presi i contributi dello Stato stando sostanzialmente chiusi o facendo finta di fare progetti innovativi, basati però sul minimo costo. Vedo rassegne di artisti simpaticoni che inseguono il mercato e fanno le battutine come in tv. Sostanzialmente mi pare che in Italia, non so altrove, il teatro resti come sospeso, anche se c’è un gran fiorire di festival. Di ricerca artistica non se ne parla nemmeno, mi pare: il così detto teatro sociale, o anche il teatro ragazzi, soffrono fortemente per una relazione con i destinatari condizionata da un terremoto che sta portando il Paese indietro di molti anni sul piano economico e sociale. Tra i nostri “non attori” ci sono state molte regressioni, TSO, crisi personali anche di educatori storici. Per adesso non vedo la fine del tunnel. Vedo una fase in cui il progetto più avanzato sembra l’assistenzialismo ai lavoratori che, giustamente, rivendicano diritti mai riconosciuti nel nostro Paese. Noi stiamo cercando di reagire a tutto questo andando sempre più contro vento.

Si è appena chiuso il festival Altre Visioni: quale risposta del pubblico?

Come sanno tutti coloro che stanno facendo teatro, il pubblico contingentato, sanificato, distanziato non è il massimo dell’emozione. Noi gli abbiamo fornito le cuffie perché, per 50 minuti, vivessero la nostra presenza come un’essenza sonora martellante, imbalsamata nella visione. Quando poi abbiamo chiesto di togliersi le cuffie e tornare in presenza è stato molto forte: gli spettatori avevano davanti, nel bosco, in una notte di fine estate, la tavola dell’ultima cena. Giuda che litiga col Creatore sull’innocenza e sulla colpa e rivendica al suo corpo l’ostia della comunione. Il pubblico, all’euforico delirio del nostro finale, ha reagito con una partecipazione di grandissima gioia, insolita per noi. Forse c’è davvero bisogno di un rituale di festa dionisiaca, ma per essere tale non si può eludere l’attraversamento della tragedia. Gli spettatori sono sempre più convocati dal comico, dalla leggerezza della commedia, ma il teatro sta pagando molto cara la soppressione del tragico.

Dunque quali prospettive future?

Per una compagnia d’autore i tempi sono durissimi. O sei tra i teatranti contemporanei riconosciuti dal giro – ricordo una volta che Carmelo Bene li infamò come “le pottine incipriate con le facce di saponetta” ma oggi nessuno credo meriti quell’onorevole disonore – oppure condividi con pochi artisti amici la tua visione, che per noi è un’idea di scuola d’arte in natura. Il programma del prossimo anno mi vedrà impegnato in scena da solo, evocando Tiresia le sue veggenze, la sua ambiguità e soprattutto la sua capacità di stare nei conflitti politici e umani in maniera caparbia, ineludibile, spesso divisiva e fastidiosa. Un lavoro che voglio dedicare alla vecchiaia come ipotesi di riscossa e motore d’energia. Poi cercheremo di mantenere viva la ricerca attraverso la radio, la pubblicazione di un mio libro che si intitolerà “Il corpo in testa, il turbamento nel teatro d’arte civile” e faremo un lavoro particolarmente serio e approfondito sul nostro repertorio che, forse, metteremo al centro del prossimo progetto. Vogliamo rendere Coltano un luogo ancor più unico, teatralmente esclusivo, grazie alla nostra ricerca, alle comunità che coinvolgiamo e agli artisti che con noi condividono questa nostra ambiziosa prospettiva d’eresia.

 

Per ulteriori info: http://www.animalicelestiteatrodartecivile.it

 

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