Teatro
Firenze, va in scena la “Walking Thérapie”
Sedie retrattili in spalla, cuffie in radiofrequenza nelle orecchie e il teatro è servito. Cinquanta persone a zonzo in una Firenze notturna, tra le vie e i piccoli slarghi che si incrociano attorno al cuore medievale e rinascimentale della città. Da Piazzale della Signoria a Palazzo Vecchio gli spettatori sono partecipi e complici di un gioco a perdere di genuino divertissment eppure impegnato quale è il “Walking Thérapie”, andato in scena per tutto il mese di luglio nel capoluogo toscano, per iniziativa di Pupi e Fresedde, Giancarlo Mordini e Angelo Savelli, solitamente tra i più attenti in Italia a percepire e far conoscere quanto di originale si muova oltre le Alpi in termini di drammaturgia e novità teatrali. Anche stavolta hanno fatto centro facendo proprio questo dissacrante e straordinario esempio di teatro itinerante presentato lo scorso anno _ e replicato anche questa estate _ ad Avignone da tre teatranti belgi: Nicolas Buysse (autore pure della regia fiorentina), Fabrice Murgia e Fabio Zenoni. Angelo Savelli ha provveduto alla traduzione e all’adattamento. Prodotto nell’ambito dell’Estate Fiorentina e da Open City 2019 ha avuto due edizioni. La prima all’inizio del mese con un percorso tutto tranviario iniziando dal teatro di Rifredi, base operativa di Pupi e Fresedde e in arrivo a Scandicci.
L’altra, invece, nel centro storico fiorentino con primo appuntamento al caffè Quinoa dove tutti i partecipanti dovevano registrarsi e ritirare gli “attrezzi” indispensabili per una passeggiata fuori dagli schemi. Da qui il via all’avventura. Ma, attenzione, il vero punto di partenza non è l’angolo di una Firenze trecentesca incastonato tra due vicoli dove, davanti a un portale, ognuno dei partecipanti è invitato a superare e attraversare, come una sorta di iniziazione, un ingresso a gradini. No. Il luogo del decollo sta dentro ciascuno di noi: sono le insicurezze, le difficoltà del vivere quotidiano, i demoni che fabbricano infelicità e di cui difficilmente si è avvezzi a parlarne a cuor leggero. Le paure primordiali come quelle legate al viver quotidiano, riguardanti la sfera affettiva o il mondo del lavoro: da un capo tiranno al compagno o la compagna che ti piantano. Bene, finalmente c’è un rimedio: basta praticare la “walking thérapie”, terapia psicanalitica importata dall’America (si poteva dubitarne?). Questa si sviluppa attraverso alcuni passaggi: riconoscimento delle paure fino alla consapevolezza e accettazione del dolore e dell’infelicità. Per farlo ecco due guide che, come Dante e Virgilio accompagnerà il gruppo nel suo vagare notturno. Il primo, Luca Avagliano, è colui che invita a salire e scendere quei primi gradini da lui stesso battezzati il “ponticello dell’empatia”.
Sguardo ispirato, una montagna di ricci in testa, Luca è un ex paziente, uno che si è riscattato e ora con un fare un po’ goffo e impacciato (salvo dare vita a un energico e convincente rap) fiancheggia il proprio guru, Gregori Eve: il proprietario del brand, il burattinaio che tira i fili dando gli ordini a Luca, senza rinunciare a fustigarlo, richiamandolo duramente quando questi si lascia prendere troppo dalla improvvisazione. Puntualmente accade durante gli incontri casuali che avvengono con diversi curiosi attratti dalle evoluzioni dell’insolito gruppo intento a muoversi come un solo uomo battendo le mani etc… E’ Gregori a scegliere l’itinerario, portando con sè la scatola nera dei comandi del gioco, una borsa da cui spuntano fili e altre diavolerie elettroniche. Nei momenti di alta tensione il suo sguardo assume persino bagliori luciferini come un capopopolo che ai seguaci distribuisce ordini e fa ripetere movimenti di braccia, come uccelli in volo o cantando a squarciagola per “liberare” quell’ego rimasto chiuso nel profondo. Quasi esaltandosi, come fosse un piccolo leader sovranista, un po’ ruffiano e sgangherato, in realtà alla prova dei fatti un piccolo uomo di cartapesta che sfiora la farsa quando lo scudiero si ribella…
Ma questo meglio lasciarlo in sospeso perché dello spettacolo non si può svelare né la trama né il canovaccio. Bisogna assolutamente partecipare per capire e apprezzare quanto divertente e geniale sia “Walking Thérapie”: un gioco di specchi riflettenti in cui alla fine della corsa è mostrata la nostra ordinaria quotidiana contemporaneità. Lo spettacolo è quindi uno scrigno di sorprese. Ogni volta può mutare aprendo a inediti sguardi ed esperienze d’ascolto. Soprattutto per la bella capacità dei due conduttori nell’improvvisare agganciando persone comuni dalla strada e collocandole al centro di una rappresentazione teatrale. “Walking Thérapie” infatti è più di una performance, meglio di un happening. E’ teatro. Con i tempi giusti del narrare, i puntuali colpi di scena. Per due ore si ride, e anche molto, restando contaminati dal blues dei ricordi personali di Luca scaricato dalla propria compagna di vita e alle spalle una catena di fallimenti prima di incontrare la terapia. Si sperimenta in diretta come funziona l’illusione di formule e formulette che quotidianamente abili imbonitori somministrano per via televisiva o network digitale. Slogan facili da ripetere, vuote parole d’ordine che continuamente ripetute e rese prassi e ideologia comune ci fanno marciare verso possibili baratri di ignoranza e maledizione. Provare per credere “Walking Thérapie” finchè si è in tempo. Si diverte e (magari) si rinsavisce. In programma anche la prossima estate. Da non perdere assolutamente.
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