Teatro
Firenze, alla Pergola prima mondiale di “Since I’ve Been me” di Bob Wilson
FIRENZE _ Da quando sono me stesso. “Since I’ve been me”. Questo il titolo dell’ultima fatica del Maestro della scena Robert “Bob” Wilson. Spettacolo ispirato e direttamente ripreso dal geniale scrittore portoghese Fernando Pessoa che il teatrante americano ha voluto per questa sua nuova fatica che avrà la sua prima mondiale tutta italiana a Firenze a partire dal 2 maggio e in replica fino al 12 al Teatro della Pergola che l’ha commissionato e prodotto assieme al Theatre de la Ville di Parigi e in coproduzione con il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Bolzano, São Luiz Teatro Municipal de Lisboa, Festival d’Automne à Paris in collaborazione con Les Théâtres de la Ville de Luxembourg (lo spettacolo è in lingua italiana, portoghese, francese e inglese con i sottotitoli in italiano).
A questo proposito afferma Wilson: “L’idea che sia una produzione internazionale, che ci siano attori di Paesi differenti, con background culturali differenti, e che sia uno spettacolo in varie lingue mi sembra giusta per Pessoa. Pessoa era un uomo fatto di tante diverse “persone”, era un portoghese cresciuto in Sudafrica. Come tutti noi – ha aggiunto- era pieno di molti “personaggi”. Quindi, una maniera di approcciare questo lavoro è cercare di capire come trattare questo prisma di personalità. Nella mia testa c’è proprio un prisma con tutte le diverse personalità, i diversi aspetti di Pessoa”.
L’ispirazione che ha condotto due istituzioni teatrali come La Pergola e il Theatre de La Ville – e i due direttori Marco Giorgetti ed Emmanuel Demarcy-Mota– a diventare partner di questa operazione culturale sta nella collaborazione alla nascita del progetto comune de “L’Attrice e l’Attore Europei” e che ha individuato nello scambio tra cultura e medicina il modo di approfondire i punti di contatto tra l’espressione artistica e la salute. Il tutto stimolato dalla Carta 18 XX1, scritta dal direttore del Théâtre de la Ville di Parigi Emmanuel Demarcy-Mota e dall’astrofisico Jean Audouze e condivisa dal Teatro della Toscana- Teatro della Pergola di Firenze che ha attivato un gemellaggio con il teatro parigino. La Carta invita a “collegare le pratiche scientifiche e artistiche, a realizzare “una contaminazione incrociata di prospettive e competenze che si apra a temi urgenti come l’ambiente e la salute”. Con la proposta di realizzare “progetti trasversali che mettano in luce la pluralità di approcci e metodi che variano a seconda delle culture e delle generazioni”. L’iniziativa de “L’Attrice e l’Attore europei” è destinato agli artisti più giovani. Superando e abolendo le barriere di lingua ecco in questo modo la nascita di un cast multinazionale che lo scorso anno ha messo in scena “Ionesco Suite” diretto da Demarcy-Mota, e andato in scena a Parigi, Firenze e Camerun e che ha visto assieme attori del teatro toscano e di quello parigino.
E per l‘Europa il 2024 segna una importante ricorrenza. Questo anno infatti si celebra mezzo secolo dalla Rivoluzione dei garofani che regalò la democrazia al Portogallo. Da qui l’idea dei due teatri di pensare a Pessoa “l’enigmatico poeta dai molti eteronimi, sfuggente sagoma di quella magica temperie culturale che fu il periodo tra le due guerre”. E pure quella di affidare a Bob Wilson la progettazione di un allestimento ad hoc. Un’idea accolta con entusiasmo dal regista americano che ha già lavorato per le prove tra i due teatri europei. Un lavoro andato avanti tutte queste settimane con un ritmo intenso. Fin dal primo momento.
A questo proposito racconta ancora Wilson: “quando comincio a lavorare, la prima cosa che faccio è illuminare lo spazio. Comincio con la luce. Ho studiato architettura e il mio primo giorno il professore disse: “Studenti, cominciate con la luce!” È stata come una martellata nella mia testa. “Cominciate con la luce”. Una volta creato lo spazio, comincio a riempirlo. Il mio lavoro è questo: una costruzione di tempo e spazio. Niente di più. È una costruzione astratta che ha a che fare con cosa vedo e cosa ascolto. La ragione per cui facciamo teatro come artisti è quella di porre delle domande. Non si tratta di dire: “È questo.” Da una parte cerchiamo di rispettare i maestri, in questo caso Pessoa, ma non vogliamo diventarne schiavi. Bisogna anche sapersene allontanare, prenderne le distanze».
A spiegare ancora il senso di questa operazione è il co-regista Charles Chemin: “Abbiamo elaborato insieme una drammaturgia che mescola parole essenziali, nel senso di parole che dicono qualcosa sul “sé” – sui possibili “sé”, sulla pluralità degli altri “sé” ai quali vengono attribuite le sue opere. È così che nello spettacolo si intersecano anche gli aspetti più intimi della vita. Lo spettacolo inizia con un bellissimo testo di Pessoa che non ha titolo e che comincia con queste parole: “What is man himself…”. È un testo scritto in gioventù che rappresenta una profonda riflessione sull’essere umano. C’è un testo che è poi diventato una componente importante, il “Faust”, nel quale – conclude – per definizione esiste una dimensione drammatica».
Secondo il drammaturgo Darryl Pinckney la poesia di Pessoa è “una profonda interrogazione sul linguaggio come esistenza”. La sua inventiva si è espressa notoriamente come “la gestazione e nascita dei molteplici sé” in attesa nella sua testa. Non erano pseudonimi. “Erano lui, ma allo stesso tempo non erano lui”. Pessoa li chiamava eteronimi. Erano i suoi alleati in una grande avventura, la ricerca della voce liberata della poesia. Per Wilson come per Pessoa esiste una grande sensibilità verso il mondo dei sogni e “all’inaffidabilità del concreto”. Nel cast di “Since I’ve been me” troviamo la portoghese Maria de Medeiros, il brasiliano Rodrigo Ferreira, la franco brasiliana Janaina Suasudeau, la francese di origini africane Aline Belibi, l’italiana Sofia Menci, l’italiano di lunga residenza francese Gianfranco Poddighe e l’italo albanese Klaus Martini. Completano il cast: Jacques Reynaud per i costumi, Marcello Lumaca, per la collaborazione alle luci, Nick Sagar, sound design.
Lo spazio e il tempo a teatro. Uno dei grandi filoni di ricerca di Wilson è stata anche in passato l’occasione di una saldatura tra ispirazioni diverse, da una parte lo stesso Wilson, dall’altra il musicista e compositore Philip Glass confluite entrambe in una grande opera, “Einstein on the Beach”, uno di quei rari capolavori assoluti che segnano un’epoca in modo illuminante. Questo fu l’allestimento che diede subito grande fama al suo principale ideatore, Robert Wilson. L’opera ricorda Glass: “E’ una continua esplosione di visioni e visionarietà, con scene che si susseguono alternate da brevi intermezzi vocali o corali (14 solisti e due cori di sei persone) con musica ossessivamente ripetitiva suonata da un’orchestra non convenzionale (costituita da sassofono soprano, organo elettrico, flauto, clarinetto basso, sassofono alto e due tastiere)”.
E il grande critico Franco Quadri così annota: “Wilson o la scoperta del tempo. Lo spazio non è più diviso in punti bensì in attimi e la lunghezza della scena è misurabile nello spazio dell’ora. L’immagine benché ritrovata non è percepibile, se non alla luce della quarta dimensione. E il tempo, da comprendere e di cui appropriarsi nella sua nuova accezione, si pone allo spettatore come chiave per entrare nel teatro di Wilson, attraverso uno sforzo di adesione fisica, superata la passività della contemplazione di un’immagine. Il tempo ovvero un’entità determinante in un discorso musicale”.
Correva l’anno 1976, 25 luglio ad Avignone. Lo spettacolo fu poi ripreso nel 2012. Una produzione imponente, quasi cinque ore di durata: quattro atti, nove scene e cinque interludi. Wilson ricorda la collaborazione per le coreografie di Lucinda Childs. “Con Lucinda ci conosciamo dagli anni Settanta -ricorda il regista- e condividiamo la stessa linea di pensiero. La prima volta collaborarono assieme nell’edizione del 1976 e Lucinda era anche tra gli interpreti. Una collaborazione che nei fatti vide nascere una grande amicizia. Via via il progetto si è esteso…” Dopo quell’opera nacquero molte opere memorabili: dal “Faust” al monologo di “Hamlet”, da “1914” al ”Macbeth” verdiano dalla pucciniana “Turandot” all’”Hamletmachine” di Muller. E ora “Since I’ve been me” dedicato a Fernando Pessoa.
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