Medio Oriente
Festival del Teatro di Nascosto. Un’intervista a Annet Henneman
È il 1997 quando Annet Henneman, un ampio curriculum di studi teatrali e umanistici, un profilo artistico e professionale già consolidato sulle scene, decide di cambiare il suo modo di fare teatro.
“Al tempo lavoravamo in un teatro realizzato in un seminterrato al di sotto di una casa di riposo a Volterra. Avevamo già realizzato un importante lavoro nelle carceri e portato avanti una riflessione sul rapporto fra teatro e società. Poi è successo qualcosa, due eventi che hanno segnato un passaggio nella mia vita personale e professionale” racconta Henneman “Una persona cara, ricoverata nella struttura appena sopra di noi, stava morendo e, allo stesso tempo, avvenivano i primi sbarchi di rifugiati sulle coste della Calabria. Noi stavamo lavorando all’allestimento di uno spettacolo per il festival VolterraTeatro e io, ad un tratto, mi sono fermata e mi sono chiesta: Che senso ha questo lavoro? Cosa faccio qua? Mi sono resa conto che la gente viveva in condizioni difficili, di sofferenza. Forse la vicinanza, materiale, della sofferenza mi ha aiutata in questa presa di coscienza. Ho pensato che non volevo più lavorare in modo “isolato”, ma immergermi nel mondo, anche nelle sue contraddizioni, nelle sue violenze. Da lì tutto è cambiato”.
Vent’anni di viaggi, vent’anni di esperienze teatrali per ricostruire, attraverso la mediazione delle scene, la vita di tutti i giorni in contesti difficili, spesso percepiti come lontani rispetto all’Occidente, paesi ricchi di storia, ma anche di conflitti, come quelli del Medioriente. Henneman viaggia e viaggiano i membri della compagnia, alla quale si uniscono attori che, per scelta, hanno deciso di restare a vivere nel loro paese, in zone di conflitto. Esperienze tradizionali si mescolano così a quelle sul campo, alla vita vera.
“Si tratta di un fare teatro che richiede una grande preparazione” ricorda Henneman “un training fisico, psichico, vocale, antropologico e di ricerca giornalistica. Non basta, insomma, la sola preparazione accademica”. Il percorso della compagnia non si ferma e, in un continuo viaggio di sperimentazione, arriva ad abbracciare altri mezzi di comunicazione, come il web: dal 2015 infatti il gruppo gestisce “La Radio” – un nome semplice e diretto – una piattaforma attraverso la quale le persone possono entrare in contatto con i territori del conflitto, di ascoltare storie di vita, ma anche la musica amata dalle persone che lì vivono, riflessioni, speranze, paure.
Oggi questa esperienza si fa Festival, con l’appuntamento del Festival del Teatro di Nascosto che andrà in scena dal 23 al 25 novembre a Volterra. Un ricco programma di spettacoli, incontri, conferenze, concerti e film che animerà la città facendo incontrare esperienze artistiche ed esistenziali. Un mescolarsi di spazi e forme che è nel dna della compagnia: “Abbiamo sempre lavorato in contesti poco “istituzionali”. Collaborando con enti e istituzioni abbiamo portato i nostri spettacoli in luoghi come il Parlamento europeo, le sedi di Amnesty, ma anche nei centri commerciali, nelle piazze” racconta Henneman “Il nostro è un teatro fatto di luoghi parateatrali insomma”.
Di recente però anche il teatro più “tradizionale” si è accorto dell’infinita potenzialità del lavoro di questa compagnia: “Gli spettacoli vengono richiesti dai teatri, questo perché le persone che hanno avuto modo di vederli si sono sentite toccate nel profondo, hanno avuto modo d’immedesimarsi, di sentire quello che sente chi vive lontano, in uno spazio apparentemente alieno, e vogliono seguire lo sviluppo del nostro percorso, del nostro lavoro di reportage”.
Così l’esperienza di una madre in territorio di guerra diventa qualcosa di tangibile: non una notizia da telegiornale, ma il nostro quotidiano, qualcosa di tanto simile a noi da urtare quasi la nostra sensibilità. Siamo abituati a vedere i conflitti come qualcosa di lontano e distante, qualcosa che viene riportato, a volte con una necessaria freddezza, dalla stampa. Dietro però ci sono vite umanissime, come le nostre piene di gioie, sofferenze e contraddizioni. “I nostri attori non declamano” prosegue Henneman “ma parlano al pubblico. Le persone si fermano, riflettono, dicono Non pensavo si vivesse così… Spesso pensiamo che il pubblico sia distaccato, disattento, ma le persone invece vogliono sapere, vogliono informarsi”.
Durante la rassegna saranno presenti i 28 attori del gruppo che lavorano e vivono in Palestina e Kurdistan. Persone che hanno deciso di combattere nella loro terra una battaglia culturale e civile per il cambiamento.
“Questo ci da speranza, così come il riscontro che abbiamo, ad ogni spettacolo, da parte del pubblico. Siamo di fronte a un cambiamento e la presa di coscienza, si sa, è il primo passo verso cambiamenti, anche radicali”.
Per il programma completo e maggiori informazioni www.teatrodinascosto.com
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