Teatro

Favino a Sanremo: un monologo sul disagio collettivo

15 Febbraio 2018

A Sanremo Favino ha recitato un pezzo tratto dal testo teatrale “La notte poco prima della foresta” di Bernard Marie Koltès. C’è una frase in questo brano che traduce lo spirito dei tempi e che spiega bene come il testo selezionato da Favino non parli solo di migranti, come riduttivamente molti hanno inteso. Non deve ingannare l’accento straniero usato dall’attore sul palco, è una scelta di scena, ha preferito così.

Là dove te ne vai sei sempre più straniero: questa frase parla di un disagio collettivo che non si può circoscrivere solo al dramma delle migrazioni. Non è straniero soltanto chi è fisicamente apolide, scarto di una globalizzazione spietata che produce irrefrenabilmente rifiuti umani e non sa come smaltirli, per usare immagini care a Bauman ed espresse in Vite di scarto.
Siamo tutti vittime di un Grande Fratello che opera per la comune infelicità; quello vecchio, orwelliano, mirava all’inclusione forzata, coatta: integrare le persone per metterle dispoticamente in riga, tenercele e ridurle all’obbedienza. Il nuovo Grande Fratello vuole, invece, l’esclusione: individua persone che “non si adattano” al posto loro assegnato, le scaccia, le deporta, le costringe alla fuga, al viaggio perpetuo a cui dà il nome fashion di “flessibilità”. Il nuovo Grande Fratello vuole la precarietà costante, quella che genera angoscia, che ti fa sentire sempre fuori posto, quella che genera paure.

Straniero: il senso di questa parola è tutto nel prefisso STRA, dal latino “extra”, lo stesso di ESTRAneo e di STRAno. Si è sempre “fuori” rispetto a qualcosa, “al di là” di un muro che viene eretto e sembra insormontabile. Siamo tutti outsider, allora.
È outsider il bambino bullizzato, il dipendente che subisce mobbing o vittima di bossing, il lavoratore con il braccialetto al polso, reificato, ridotto a merce/oggetto, il disoccupato, la donna costretta a vestirsi in modo seducente perché così vuole la moda, perché così la vede un sistema intero, con l’occhio dell’uomo; è outsider l’EXTRAcomunitario, migrante, clandestino perenne.

È outsider, esule senza scampo, l’intellettuale che sa di essere diverso, perché diverge da un sistema di cui riconosce le falle, perché esercita il diritto del dissenso, perché è un uomo in rivolta e dice NO.

La vita spesso è ridotta a mera sopravvivenza: straniero, diverso in un mondo di uguali, è chi l’esistenza non se la lascia strappare, chi decide di continuare a splendere, chi conserva il coraggio di vivere e sentire e mostrare, nonostante tutto, la sua disperata passione di essere nel mondo, scriverebbe P.P.Pasolini.

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