Teatro

Si riapre! Ecco il primo spettacolo con il distanziamento

5 Giugno 2020

Inizierà a mezzanotte e un minuto, sessanta secondi dopo la fine del lockdown teatrale: l’Amat, il circuito teatrale delle Marche, risponde così al bisogno di riapertura delle sale, organizzando uno spettacolo “non appena possibile”.

Complice Ascanio Celestini, che salirà sul palco del Teatro Sperimentale di Pesaro con il suo Radio Clandestina, opera ventennale basata sul bel libro “L’ordine è già stato eseguito” di Sandro Portelli, e che vide la luce nelle ex carceri naziste di  via Tasso a Roma, oggi museo della Liberazione. Se lo spettacolo raccontava, per non dimenticare, l’attacco di via Rasella, l’eccidio delle Fosse Ardeatine, e apriva alla rinascita di Roma dopo la Guerra, oggi Celestini sembra invitare a un nuovo coraggio, a una nuova consapevolezza che, metaforicamente e simbolicamente, si staglia bene nella riapertura del teatro.

Una riapertura non facile, ma nemmeno difficilissima, stando alle parole di Gilberto Santini, vulcanico e instancabile direttore di Amat-Associazione Marchigiana Attività Teatrali e di Ascanio Celestini, protagonista dello spettacolo in notturna.

Allora, Santini; per fare teatro occorre essere esperti in sicurezza?

«Abbiamo lavorato alacremente, per rispondere a tutte le esigenze di questo momento. Ma c’è molto entusiasmo, a partire da Ascanio Celestini, che si è lasciato coinvolgere in questa impresa. E avverto un clima di grande commozione, attorno a me: il lavoro di Ascanio, quello spettacolo in particolare, rappresenta per me il ritorno più giusto possibile a teatro dopo questo lungo periodo di dolore collettivo e di chiusura. Non cerchiamo scorciatoie, applichiamo le regole in maniera esatta: siamo ancora in Fase 2 e certo non siamo interessati a trovare escamotage per avere magari un posto in più. Ci sono condizioni assolutamente sostenibili, e sono quelle previste dal Decreto del 17 maggio scorso. Certo, la situazione è un po’ surreale: abbiamo tutti visto, virali sui social, le immagini del Berliner Ensemble, “smontato” delle sue poltrone. E anche noi siamo da quelle parti. Ma c’è una risposta fortissima del pubblico, una grande voglia di esserci, soprattutto per la replica di mezzanotte e un minuto, per quello che di fatto è il primo spettacolo in Italia dopo il lockdown. Mi hanno scritto in molti, con grande emozione. E anche io, quando sono andato a fare il sopralluogo – in quello che è un teatro moderno, semplice e razionale – mi sono davvero emozionato nel vedere quelle poltrone “in attesa”. Questo desiderio del pubblico mi ha molto risollevato. Durante la chiusura sembrava fossimo dei reietti, contagiosi: il teatro, lo stare assieme, tutto quello che amavamo era pericoloso! E invece mi sembra un bel segnale cambiare questo cortocircuito di pensiero: tornare a teatro non è pericoloso».

Gilberto Santini

La sicurezza è garantita non solo in platea, ma anche sul palco…

«Assolutamente sì. Il palcoscenico è trattato in base al protocollo del 24 aprile scorso, come “luogo di lavoro”. Dunque tutto ciò che non è “di scena” è luogo di lavoro: mascherine in conpresenza, gel igienizzanti, sanificazione continua degli spazi, guanti per chi sono prescritti. Ovvio, con Radio Clandestina siamo agevolati dall fatto che quello di Ascanio è un monologo, dunque non serve distanziamento in scena».

Insomma: si può fare?

«Tutto sommato, se ci si mette, senza tanti lamenti, si può fare e anche bene. Non sono prescrizioni astruse. Anzi, voglio spendere un piccolo elogio per il governo: l’allegato che riguarda il Teatro nel decreto è molto agile. Dà poche coordinate molto chiare, che si assolvono semplicemente, con aumento di costi relativo. È una prassi necessaria da seguire, ma se questo significa far lavorare delle persone, lo facciamo volentieri. Dunque, una cosa gestibile. Però, non dimentichiamo che si sacrificano 4/5 degli spazi disponibili e questo lascia sgomenti: ma abbiamo voglia di teatro, di andare in scena, di ricominciare. Tra l’altro, per continuare a sognare, pur nelle limitazioni, ho chiesto a un gruppo agguerrito di studenti del Corso di Scenografia dell’Accademia di Urbino, guidati dal professore Francesco Calcagnini, di “sognare” lo spazio interdetto, ed è emerso un progetto molto bello. Dalle immagini elaborate dagli studenti, realizzeremo dei cartelli per interdire le poltrone. Ci siamo divertiti: anche nelle limitazioni possiamo sognare».

 

Immagine di Maria Arena, allieva del Corso di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino,

 

Ascanio Celestini è dunque parte in causa di questa subitane apertura: uno spettacolo notturno, per non perdere un solo minuto. Tornare in scena, tornare al lavoro nonostante tutto. L’attore-autore-regista ci tiene a riflettere su una prospettiva più ampia: il teatro è lavoro, dunque importante che si torni a lavorare.

Allora, Celestini, che effetto fa riaprire il teatro dopo il lockdown?

«Mi sembra importante che, cambiate le condizioni, si torni a lavorare prima possibile. Come abbiamo fatto per il supermercato, per la farmacia, per qualsiasi altro posto di lavoro. Con le stesse attenzioni che abbiamo per tutto quello che facciamo, e senza fare differenziazioni per la scena. Importante è ricominciare prima possibile. Con le cautele dovute, è un lavoro che si può fare».

Ascanio Celestini

In questi mesi abbiamo riflettuto e scritto tanto sul necessario cambiamento del sistema. Si avverte il risveglio di una sorta di “lotta di classe”, si sono chiesti interventi e sostegni. Che ci portiamo dietro nella Fase 2?

«Mi sembra che non stia cambiando niente, nel senso che si è parlato troppo spesso del teatro come qualcosa che non fosse un lavoro. Ne abbiamo parlato pensando quasi esclusivamente a chi va sul palco e non all’intera categoria dei lavoratori. Questo ci fa capire che c’è un problema di mercato del lavoro: prevedere che un lavoratore deve aver fatto almeno 30 giornate, e poi accorgersi che molti teatranti, soprattutto quelli che vanno sul palco, non riescono a raggiungere quei minimi significa che c’è un evidente problema nell’approcciarsi a questo settore».

Che suggeriemtno si sente di voler dare per i prossimi mesi?

«Bisognerebbe fare una mappatura seria per cercare di capire cosa succede in Italia, a prescindere dal Covid. Quanti fanno questo lavoro, in quale maniera, come ci vivono… E poi pensare qual è il bisogno di spettacolo dal vivo in questo paese, dando vita a una sorta di “piano regolatore della cultura”, per capire come collocarla nel contesto nazionale».

C’è una grande richiesta, una bella attesa per il suo spettacolo a Pesaro. Se lo aspettava?

«Direi di sì. Quello che abbiamo vissuto in questi mesi non ha dato segnali opposti. Il problema è che si è confuso il bisogno di uscire di casa con il bisogno di partecipare a un evento culturale. Per questo dovremmo capire come collocare il teatro nei bisogni sociali. Capire se è semplicemente la necessità di uscire – il mio commercialista mi ha detto: “io se posso uscire vado a mangiare la pizza non a teatro” – o se è uno dei motivi che ci spingono fuori casa. C’è voglia di partecipazione»

Radio Clandestina racconta di un’altra liberazione, di una società allora come oggi in cerca di se stessa. Che significato ha venti anni dopo il debutto?

«Per me Radio Clandestina è sempre stato uno spettacolo che risponde a una urgenza. L’ho portato in qualsiasi spazio: pensavo anzi che sarebbe stato difficile portarlo in un teatro, ma che fosse un lavoro da fare soprattutto in spazi non teatrali. Nasceva per essere allestito in una stanza, nelle carceri di via Tasso. Insomma, qualcosa legato a una idea di teatro di emergenza. Dopo via Tasso lo feci alla libreria del Manifesto: dovetti segare di un paio di centimetri la struttura scenica perché non c’entrava. Uno spettacolo pensato per stare ovunque…»

Sarà tutto uguale?

«Adesso è un po’ più alto! La struttura segue le normative vigenti, ed è un po’ più alta, fatta di metallo e non di legno. Insoma, è cresciuto in altezza. Chissà, in vent’anni si è fatto grande».

 

(L’immagine di copertina è di Barbara Vaccalluzzo, studentessa del Corso di Scenografia dell’Accademia di Belle arti di Urbino)

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.