Teatro
E se Eugenio Barba tornasse a Roma?
L’Ista, la International School of Theatre Antropology è stata fondata nel 1979 da Eugenio Barba, regista e anima dell’Odin Teatret di Holstebro. La scuola, sin dalla sua prima edizione, ha natura itinerante e periodica ed è l’occasione per un confronto tra artisti, studiosi, appassionati di teatro, tra pedagogia, dimostrazioni di lavoro, spettacoli. Al centro delle sessioni di lavoro vi è sempre stata l’amorevole, attenta, partecipe riflessione sull’arte dell’Attore in una dimensione sempre di grande respiro internazionale. È il “popolo segreto” dell’Odin che si ritrova e si ri-scopre ogni volta. Adesso, si sta lavorando alla edizione 2020 e un giovanissimo e coraggioso gruppo teatrale romano, la compagnia indipendente LineeLibere, vuole farsi carico di portare l’importante manifestazione in Italia. Ne abbiamo parlato con Irene Di Lelio, regista del gruppo, che è pronta a farsi carico della difficile e complessa organizzazione.
Cosa rappresenta per te, giovanissima, e per un gruppo giovane come il vostro, l’Ista? perché avete deciso di organizzarla?
Misurarsi all’energia e alla consapevolezza tecnica del lavoro dell’ISTA è un’esperienza che può cambiare la vita. A me l’ha cambiata. Ha cambiato il modo di vedere e percepire il lavoro artistico, come anche la sensibilità nei confronti di abitudini, filosofie, e approccio alla vita professionale che hanno attori ed essere umani provenienti da altre culture. È stato fondamentale per il mio percorso artistico incontrare Eugenio Barba e l’Odin Teatret. È stata l’occasione per rapportarmi in modo diverso al mestiere e ha favorito una maggiore coscienza e possibilità di “entrare meglio nella vita e nell’arte”. Ho sperimentato che l’arte può diventare una forma profonda di scambio, di baratto di diversità, un mezzo per entrare in contatto con intere popolazioni, immettendosi nel tessuto sociale di regioni e nazioni e portando il Teatro dove Teatro non c’era. L’Odin Teatret lo ha fatto attraverso spettacoli di strada e spettacoli nei quali dialogano più lingue e linguaggi scenici. Ma per un giovane come me e come i miei collaboratori, che cerchiamo di affilare le armi del mestiere, sono stati determinanti le dimostrazioni tecniche dei suoi attori e la mia partecipazione all’ISTA, un ambiente di incontro, studio e analisi del sapere teatrale che riunisce attori e danzatori di più culture e tradizioni. Vedere differenti approcci tecnici e filosofici alla tradizione e alla vita artistica mi ha permesso di capire che lavorare a uno spettacolo non significa ancorarsi al concetto di stile, spesso lontano da un’idea di approfondimento di un contenuto artistico, che invece sembra essere centrale nella definizione di un progetto teatrale contemporaneo. La motivazione che spinge dall’interno un teatrante ad approcciarsi a un progetto piuttosto che a un altro, sembra spesso non essere fondamentale. Lo è invece nel momento in cui ragioniamo che il prodotto artistico non è qualcosa che offriamo al pubblico più o meno colto per intrattenerlo intellettualmente ma per regalargli una scossa emotiva e farlo entrare in un flusso vitale differente da tutto ciò che respira durante il giorno. Lo è nel momento in cui il processo che porta alla composizione di uno spettacolo diventa per noi un lavoro documentaristico, basato sulla raccolta di storie vere di spettatori o sul corpo dell’attore in scena che non viene guardato solo per il suo livello tecnico ma come essere umano pieno di esperienze di vita che lo rendono unico. Questo approccio “contenutistico” al lavoro e non solo “formale” ci consente di usare il Teatro come una lingua con la quale si può parlare a diversi strati dell’anima dello spettatore. Ci permette di allontanarci dall’idea di “prodotto” ben costruito, che verrà valutato in base ai nuovi canoni della “contemporaneità” di un’opera. Noi, come giovane gruppo nato nel 2015, mettiamo in atto questa filosofia lavorando in spazi non convenzionali, che ci permettono di dialogare in maniera diretta con lo spazio che ha una sua storia, un suo ritmo e una sua anima. Pensando che i Maestri sono delle pietre d’oro da portare con noi nel personale percorso artistico e non necessariamente da pugnalare per avanzare in una ricerca che procede forse confusamente. E in ultimo lo attuiamo con il rispetto viscerale per qualsiasi elemento presente nella creazione dei lavori: attore, testo, collaboratore, spettatore. Come teatranti non possiamo prescindere dall’umano. Abbiamo la possibilità di approfondire una lingua che si trasforma continuamente a seconda degli individui, degli spazi e delle storie che incontra. E lo facciamo non rinnegando la nostra identità stilistica, ma pensandola come un filtro con cui guariamo la realtà che ci circonda e la restituiamo poi all’esterno tramite il Teatro.
E cosa lega una compagni indipendente romana a un gruppo che ha segnato la storia del teatro mondiale come l’Odin Teatret?
Lo stimolo che ci guida è lo spirito creativo e non distruttivo. Se guardiamo un progetto, uno spettacolo o un attore in scena, non ci concentriamo sul negativo ma su cosa c’è di positivo e cosa risulta migliorabile. La forza creatrice ci permette di andare oltre le difficoltà. L’odio è un sentimento che si presenta quotidianamente sotto varie forme. Alcune più sfumate, anche se più facili da percepire, come la competizione che non include l’Altro ma lo esclude da qualunque opportunità di dialogo. Altre più macroscopiche come l’isolamento dello “straniero” che viene percepito come qualcosa di diverso, di sbagliato e che non si concentra sulla ricchezza che un essere umano di diversa cultura può regalarci. L’insegnamento più grande che abbiamo appreso dall’Odin Teatret che resiste al tempo e alle continue difficoltà che questo mestiere impone, è la concezione che si possa fare Teatro dovunque e con qualunque tema. La forma dei lavori che facciamo si trasforma perché siamo noi che ci trasformiamo con essi. Organizzare un evento interculturale come l’’ISTA permette di scoprire la nostra forza di giovani teatranti di agire e smuovere qualcosa in un momento storico in cui l’odio, il razzismo e la paura del diverso sono sempre più impellenti. Asseconda la ricchezza che come esseri umani abbiamo di aprirci all’ascolto di altri modi di vita e di pensiero e lasciarci ispirare da tecniche di tradizioni poco note. Questa è un’opportunità che non riusciremmo mai a procacciarci attraverso i settori teatrali socialmente riconosciuti dove l’impulso creativo non supera quello distruttivo.
Quale percorso, dunque? Come pensate di strutturare l’Ista 2020?
La 16a sessione dell’ISTA tratterà questo tema a noi molto caro: “La presenza scenica e la presenza sociale dell’attore”. La linea su cui si muoverà l’ISTA 2020 è di raccogliere Maestri di diverse tradizioni di teatro e danza che, in collaborazione con Eugenio Barba, introdurranno i partecipanti al livello pre-espressivo dei loro stili, ovvero al livello della presenza scenica. I principi tecnici che governano l’arte di un attore/danzatore non si presentano mai allo stato puro, ma compaiono sempre sotto le vesti di uno stile. Quando le vesti appartengono a stili e tradizioni che ci sono estranei, questi principi elementari rischiano di restarci nascosti per l’estraneità delle forme che li contengono. Quando le vesti ci sono familiari, è questa stessa familiarità ad affievolire la nostra attenzione. I primi giorni di apprendistato dei danzatori e degli attori sono decisivi. È su questa soglia che si incontrano i principi elementari della presenza scenica. La presenza scenica è la base su cui attori e danzatori costruiscono la relazione con gli spettatori e di conseguenza una presenza sociale. Nella XVI sessione dell’ISTA, maestri di teatro e danza di diverse tradizioni ripercorreranno i primi passi del loro apprendistato. Nel corso della giornata esemplificheranno, con lavoro pratico e dimostrazioni, come hanno imparato e personalizzato la loro tecnica specifica. I partecipanti avranno l’opportunità di vivere l’esperienza del “primo giorno” diventando consapevoli dei principi che animano il saper fare fisico e mentale di un attore/ danzatore. Durante le dimostrazioni e i racconti biografici i partecipanti avranno modo di conoscere percorsi interculturali della presenza sociale dei maestri attori/danzatori. l’obiettivo principale per i partecipanti alla scuola è l’apprendimento di diverse tecniche provenienti da culture teatrali ed artistiche di altri paesi europei ed extra europei. Per i cittadini del luogo ospitante, l’obiettivo è lo scambio interculturale con ragazzi e Maestri provenienti da altri continenti. Attraverso lo studio del territorio ed i baratti a inizio e fine percorso di studio, lavoreremo principalmente sul senso dell’integrazione nel territorio ospitante.
Come si può contribuire alla riuscita dell’iniziativa?
Chiediamo ai singoli artisti, alle associazioni culturali e artistiche e a chi fosse interessato all’iniziativa al punto di vista dell’azione sociale e culturale, di sostenerci in tre modi differenti: impegnandosi nel pubblicizzare questa iniziativa tramando il senso di persona in persona; contribuendo concretamente attraverso il crowdfunding e proponendolo ad altri amici vicini; diffondendo la notizia del progetto e del crowdfunding attraverso canali istituzionali come riviste di spettacolo e arte, giornali regionali e nazionali, comunicazioni radiofoniche, con l’intento di stimolare amici, conoscenti ed estranei a contribuire nell’aiutare a far rimanere attivo l’interesse per una manifestazione che in questo momento storico, riteniamo davvero fondamentale.
In attesa dell’Ista 2020, LineeLibere presenta a Roma, dal 17 al 20 ottobre, al teatro Dei Documenti, un articolato progetto in quattro giornate che ruoteranno intorno al lavoro fatto con il Centro di Medicina Integrata dell’Ospedale di Ortona, “La Beatrice”. Si tratta di uno spettacolo e un documentario sull’esperienza di vita di otto donne colpite da tumore al seno. Dalle interviste fatte con queste donne è nato il testo dello spettacolo, scritto e diretto dalla stessa Di Lelio, mentre tutto il processo è stato documentato da Riccardo Perazza, documentarista di compagnia. Al Teatro dei Documenti anche l’allestimento di una mostra con le foto di scena di Claudio Laureti, e un piccolo concerto di Enrico Silvestri con le elaborazioni dalle musiche di scena.
Per info: www.lineelibere.org
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