Teatro
Dux Pink: il volto inedito del regime
Parlare di storia per riflettere sul presente, affrontare – da un punto di vista inedito – vicende e biografie poco o parzialmente note per allenare lo sguardo alla pluralità di prospettiva: questo l’intento del lavoro della compagnia bolognese (S)Blocco5, che sarà ospite, nel mese di ottobre, al Teatro Fontana di Milano per un focus in tre spettacoli. 20/20, Dux Pink, Frankenstein, tre opere che si fondando, secondo la linea poetica della compagnia, su linguaggi ibridi e che mescolano, attraverso una drammaturgia originale, storia e contemporaneità. 20/20 e Dux Pink rappresentano, in questo senso, un dittico che vuole affrontare gli ultimi 100 anni di storia del nostro paese partendo dall’oggi, con l’urgenza di una riflessione sul mondo post pandemico, per risalire, a ritroso, alla nascita del fascismo. Un viaggio nella memoria realizzato all’interno del bando promosso dalla Regione Emilia Romagna e dedicato proprio alla conservazione ed elaborazione del nostro passato. 20/20 avvia una riflessione sulle problematiche socio economiche sollevate (o solo rese palesi?) dall’ondata pandemica, mentre Dux Pink affronta, in modo inedito, i percorsi che hanno portato all’ascesa del fascismo attraverso le figure femminili poco (o parzialmente) note, che sostennero, con immagine accettabile e garbata, gli inizi del regime.
Di questo spettacolo abbiamo parlato con la regista e drammaturga Ivonne Capece, per capire meglio le ragioni di una scelta artistica che oggi evoca elementi di grande contemporaneità.
Da dove nasce l’idea del dittico 20/20 e Dux Pink e come si è sviluppata?
Il dittico in sé è nato ed è stato programmato già nel 2020, nell’ambito di un progetto finanziato dalla regione Emilia Romagna sulla memoria. Si tratta di un percorso triennale e i due spettacoli sono stati inizialmente pensati come performances per spazi museali. La regione aveva avviato questa riflessione sulla memoria, che si è sviluppata non solo all’interno di spettacoli teatrali, ma anche in riferimento a progetti culturali e artistici supportati da altri linguaggi e incentrati sull’analisi di fascismo, antifascismo e post fascismo. Inevitabilmente, considerati i tempi, il progetto 20/20 è caduto in piena pandemia, evolvendosi nel corso del lockdown e portando quindi con sé ulteriori spunti di riflessione connessi alla pandemia, all’isolamento, alle norme pandemiche.Il dittico si colloca quindi esattamente nello spazio che intercorre fra ventennio e crisi pandemica. Al momento delle prime chiusure da Covid Dux Pink era agli inizi, con le prime residenze dedicate al post fascismo. Non è nato subito come riflessione sul femminile in rapporto al regime: l’elemento “rosa” è emerso via via dal lavoro di studio e approfondimento, dall’importante ricerca storica condotta a supporto del lavoro teatrale. Da questo viaggio di riscoperta sono emerse figure femminili in forma inaspettata. La memoria storica ha infatti occultato in larga parte il ruolo svolto dalle donne nel fascismo, in parte per una tendenza alla marginalizzazione della figura femminile propria di un certo contesto culturale, in parte come forma di protezione di un femminile immaginario, meno “colpevole” rispetto ai corresponsabili maschili. In generale, a differenza dell’antifascismo e del racconto partigiano, la funzione politica centrale e importante rivestita dalle donne fasciste è stata sminuita. A vantaggio di un certo sentimento di “perdono”, a causa di un approccio di de-responsabilizzazione del sesso considerato debole. Oggi il ruolo femminile in politica è di forte attualità ed emerge in particolar modo affiancato a ideologie che, convenzionalmente, consideriamo maschiocentriche e conservatrici. Inutile dire che il cortocircuito è molto forte. Se pensiamo al ruolo svolto da Rachele Mussolini nel post fascismo, il suo ridimensionamento delle colpe delle donne nell’affermazione del culto fascista qualche domanda dovrebbe sorgere…
Un femminile diverso, che dopo 100 anni emerge alla luce del sole, nonostante una marginalizzazione ideologica ultra decennale?
Sicuramente lo spettacolo aiuta a recuperare la Storia fuori da stereotipi di genere. Da sempre la storia con la S maiuscola pone l’uomo al centro di forze politiche ed economiche, che muovono il sistema: lo spettacolo evidenzia come esistano narrazioni culturali che emarginano i soggetti e ridimensionano le responsabilità. Dux Pink racconta una presenza del femminile diversa, nelle scelte attive, nelle trasformazioni ideologiche. Le donne di regime non sono state “angeli” del focolare fascista, ma figure complesse, spesso artefici in prima persona di progetti di stampo razzista o ideologhe alle spalle dei colleghi maschi. Occorre restituire questa complessità: quella della donna angelo che sostiene patria e famiglia e che opprime. Si può essere cattive anche da donne, insomma, per sintetizzare.
Una memoria necessaria, che però testimonia anche una forte mistificazione avvenuta nel secolo scorso…
Questo spettacolo spinge a ricordare. Il suo scopo è interrogare nel presente lo spettatore a partire dal dubbio insito nella complessità del fatto storico. Il mondo non è bianco o nero e la storia non si può ridurre a figure bidimensionali. È triste in questo senso che bastino 100 anni per dimenticare le origini dei fenomeni. Il fascismo è nato e si è sviluppato, pur nel culto dell’uomo forte, grazie a un forte contributo femminile.
Raccontare la debolezza della donna, ridurla a personaggio di cornice, marginale, è anche un modo per minimizzarne le responsabilità…
La minimizzazione nella narrazione degli avvenimenti è volta al ridimensionamento delle responsabilità collettive. Pensiamo all’equiparazione dell’esperienza delle vittime e dei carnefici. Affiancare i morti repubblichini ai caduti della Resistenza serviva a “perdonarsi” e legittimare il venir meno di un senso di responsabilità generale. Emblematica in questo senso la figura di Claretta Petacci, dipinta come sfortunata donna innamorata, pronta a sacrificarsi per restare a fianco del suo uomo. Dimentichiamo che la Petacci è stata donna di ideologia di regime e che dal regime ha guadagnato, in modo calcolato, morendo poi in una esecuzione di guerra.
Uno sguardo inconsueto su un passato di cui crediamo di sapere molto…
Il lavoro è stato sorprendente per questo: ha creato sconcerto, ci ha allontanato da una narrazione storica consolidata. È difficile ancora oggi immaginare che dietro al fascismo ci potesse essere il volto di una donna ebrea.
Difficile in questo trovare spiegazioni…
Lo spettacolo non può e non ambisce a spiegare le vicende storiche e la complessità dei personaggi che le hanno animate, ma a spingere lo spettatore a non fermarsi all’apparenza delle cose, a invitarlo a studiare, ad andare al di là della semplificazione, superando le apparenze. Ieri come oggi. Il valore dello spettacolo di può riassumere in un appello: “incuriositevi” scavate, la storia non è mai come sembra e dalla storia ha origine molto del presente.
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