Teatro
Di padre in figlia: lettere a Nour di Rachid Benzine
Non è facile ricostruire l’intimo rapporto e le dinamiche emotive fra un padre e una figlia ormai cresciuta, meno che mai quando questo comporta affrontare un tema complesso ed urgentemente attuale come quello del conflitto fra fede e integralismo. Lettere a Nour di Rachid Benzine affronta, con una semplicità che arriva in modo estremamente diretto allo spettatore, questo argomento attraverso un dialogo epistolare fra la protagonista – Nour, giovane ventenne che ha deciso di partire per l’Iraq e unirsi al marito nella lotta jihadista – e suo padre, musulmano praticante, accademico e studioso di religioni, che l’ha cresciuta da solo dopo la morte della madre trasmettendole i valori fondanti dell’Islam, ma anche la libertà di pensiero. Un dialogo che tocca il rapporto fra fede e ragione, fra il desiderio di realizzazione attraverso una causa ritenuta giusta di una giovane donna e quello di protezione di un anziano padre, ma anche il conflitto tutto interno all’Occidente fra laicità e tolleranza e chiusura e diffidenza.
Sul palco i protagonisti – Franco Branciaroli e Marina Occhionero – si muovono in uno spazio sospeso, fra la poltrona di casa e un “altrove” dai contorni solo accennati dal racconto iniziale, che via via trasformandosi in prigione, mentre il tempo viene scandito – di mese in mese – dalle date sulle lettere che i due si scambiano. Le domande esistenziali che i due rivolgono l’uno all’altra coinvolgono lo spettatore creando un ponte emotivo forte e immediato con il pubblico. Quale padre in fondo non si è mai chiesto se i valori trasmessi ai propri figli non siano stati per loro fuorvianti (se mal interpretati) o di impedimento per una vita più tranquilla? Quale figlio non si è trovato a mettere in discussione le sue radici per poi tornare a volte sui propri passi nel momento di crisi? La forza di questo spettacolo nasce proprio dall’immediatezza dell’esperienza trasmessa. La Jihad, l’Iraq e il fondamentalismo possono essere lontani e profondamente estranei allo spettatore, ma la mediazione di un rapporto familiare del tutto “tradizionale”, gli elementi emotivi semplici e diretti, l’assoluta ordinarietà del rapporto che vediamo andare in scena avvicinano anche lo spettatore più disinteressato alla questione. Le musiche che chiosano il dialogo – a cura del Trio Mothra – contribuiscono a questa immediatezza e, allo stesso tempo, danno movimento alla scena. Se un difetto può essere trovato a questa rappresentazione, sta nel suo stesso punto di forza: a tratti può sembrare eccessivamente patetica, come se – con una parola in più, una certa intonazione – volesse spingerci forzatamente alla commozione.
Ma il teatro va sempre contestualizzato e lo spettatore non deve mai avere la supponenza di ritenersi solo di fronte alla scena. Il teatro si rivolge al mondo e in un mondo dove è sempre più difficile trovare spazio per trasmettere un sentimento di accoglienza e apertura, di comprensione del diverso e di analisi sulla nostra stessa società occidentale, arrivare con poche frasi alle corde del cuore può essere un importante atto per il risveglio della coscienza. Ritrovarci padri e figli, davanti alla violenza di un presente conflittuale con cui non possiamo evitare di fare i conti, ci impone un momento di silenzio. Lo spettacolo non spiega ciò che ne può nascere, ma lascia agli spettatori un messaggio di speranza, che aleggia nelle stesse domande e nelle riflessioni che – sul finale – i protagonisti non smettono di “raccontarsi” anche quando la distanza diventa incolmabile. Una scelta coraggiosa anche da parte del Teatro Due di Parma, nel proporre, per la stagione estiva – tradizionalmente più “disimpegnata” sulle scene – uno spettacolo di questo spessore. Coraggiosa, ma in un certo senso necessaria, per fare della cultura strumento vivo per il nostro presente.
Ph. Serena Pea
Lettere a Nour, con Franco Branciaroli, Marina Occhionero e il Trio Mothra, per la regia di Giorgio Sangati è una produzione ERT, Centro teatrale bresciano, Teatro de Gli incamminati in collaborazione con Ravenna Festival.
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