Teatro
Decostruire Cechov e provare a capirlo
CATANIA. Una versione “decostruita” de “Il gabbiano” di Čechov. È così che Irina Brook presenta ufficialmente lo spettacolo “Seagull dreams” che, dopo il debutto nella Sala Grande del Teatro Biondo di Palermo (che lo ha prodotto come continuazione del progetto di ricerca drammaturgica “The house of us”), è approdato sulla scena del Teatro Verga di Catania per una settimana di repliche dal 7 al 12 marzo. Una definizione colta, estremamente sintetica, eppure sostanzialmente veritiera: si tratta infatti di uno spettacolo, per molti versi interessante, che trova la sua motivazione di senso nella decostruzione del testo cechoviano e in un ri-montaggio con una tessitura a maglie assai larghe, ma denso di una riflessione sul presente del teatro e della professione teatrale nella cultura contemporanea. In scena ci sono una Pamela Villoresi (Arkadina / l’insegnante di recitazione) in gran spolvero, convincente e assertiva sul senso di questa operazione, Geoffrey Carey (Sorin) attore icona del teatro di questa regista e poi ci sono i ragazzi e le ragazze della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro Biondo: Emanuele Del Castillo (Kostia), Miguel Gobbo Diaz (Trigorin, in video), Monica Granatelli (Masha), Giorgia Indelicato (Nina), Giuseppe Randazzo (Ilya). Uno spettacolo tessuto a maglie larghe si diceva: nel fondo la riflessione/domanda su come il teatro deve presentarsi alle nuove generazioni e con quale energia vitale prima che con quale linguaggio. Ecco, l’energia vitale: esattamente quella forza insopprimibile che Villoresi/Arkadina sembra sprizzare da tutti i pori e da ogni gesto, parola, risata. Una ragazza in età che, pur nella fatica quotidiana della professione teatrale, non sa smettere di sognare, di brillare e di combattere, anche di fronte a dei giovani attori che per molti versi sono già battuti, e comunque appesantiti, dalla vita e si muovono sulla scena come su un campo di battaglia che promette ancora gloria ma che forse non è più il loro. Nella tessitura larga dello spettacolo s’inseriscono delle riflessioni profonde sul senso stesso della vita e sulla presenza benevola e attiva della morte (con cui è necessario “fare pace”), s’inseriscono i ricordi della regista relativamente alla propria esperienza familiare e professionale con il padre Peter (inutile ricordare qui quale gigante del teatro novecentesco e quale maestro sia stato) e la propria madre, l’attrice Natasha Parry. Spicca inoltre la quantità sovrabbondante e per molti versi straniante (nel senso più nobile che la nostra tradizione teatrale assegna a questo aggettivo) di immagini proiettate sulla scenografia. Colori, immagini, frammenti di video e foto, frasi e pensieri che si fanno immagini, personaggi che sono presenti solo come video. L’idea è ovviamente quella di annullare qualsiasi possibilità di adesione acritica a quanto accade in scena e, allo stesso tempo, di riflettere su quel linguaggio per immagini che i giovani e le giovani di oggi sembrano abbondantemente preferire al linguaggio delle parole. Anche quando queste parole sono azioni, sono gesti e sono accadimenti della scena teatrale. «Mi sono perso in un caos d’immagini» dice ad un certo punto – e non a caso – il personaggio di Kostia. Cosa non convince di questo lavoro? Due aspetti: da una parte l’incrociarsi dei piani di costruzione relativamente agli interpreti che non sempre sembrano in grado di rendere pienamente la complessità del concept fondamentale, e dall’altra la presenza in scena di Geoffrey Carey che recita in inglese e che, per quanto sia sottotitolato (e per quanto talvolta anche gli altri interpreti, conseguentemente, si esprimano in inglese), rallenta il dispiegarsi dell’azione teatrale e la percezione da parte del pubblico, senza per altro aggiungere nulla di particolarmente significativo e irrinunciabile.
Seagull Dreams
da Il gabbiano di Anton Čechov, adattamento, regia e video di Irina Brook, traduzione e collaborazione artistica di Alessandro Anglani, aiuto regia Valentina Enea. Personaggi e interpreti: con Pamela Villoresi e Giuseppe Bongiorno, Geoffrey Carey, Emanuele Del Castillo, Miguel Gobbo Diaz, Monica Granatelli, Giorgia Indelicato, Giuseppe Randazzo. Scene e costumi di Irina Brook, luci di Antonio Sposito. Produzione Teatro Biondo Palermo, in collaborazione con Dream New World – Cie Irina Brook. Crediti fotografici: Rosellina Garbo.
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