Teatro

che fare? Alcune preoccupazioni sul teatro italiano in vista di un incontro

16 Febbraio 2017

A volte, o forse spesso, mi chiedo chi me lo faccia fare. Arrivato a cinquanta anni senza uno stipendio e con un lavoro che lavoro poi non è, mi domando perché mi ostini a andare a teatro tutte le sere o quasi, e soprattutto perché mi butti sempre di nuovo in imprese piuttosto utopiche.

Poi vedo che non sono proprio solo a fare queste cose, e allora mi chiedo chi ce lo fa fare. Ostinarsi a promuovere il teatro, a scriverne, oppure – per gli artisti e i tecnici – a farlo, ad andare in scena.

Mentre il Paese va dichiaratamente altrove, continuiamo questa specie di battaglia da trincea: siamo ormai veterani di un fronte da prima guerra mondiale, fermi nel fango (anche se oggi c’è il sole), in mezzo al vuoto, a tenere uno straccio di posizione. Così ci troviamo a pensare a un prossimo incontro-assemblea (chiamatela come volete) al Teatro India di Roma, proprio per parlare dello stato del teatro. Perché succedono cose strane, quantomeno curiose.

L’altro giorno, in una partecipatissima conferenza stampa, il direttore del Teatro di Roma – con tutto il Cda uscente, presieduto da Marino Sinibaldi – ha illustrato una serie di dati di assoluto successo del triennio appena trascorso : ed è vero, bisogna render merito a chi quel lavoro l’ha fatto.

In tre anni un incremento del 128% nel numero di presenze, del 186% nel numero degli spettacoli, e del 444% nelle cosiddette “alzate di sipario”. C’è solo da dire bravi, sinceramente. Poi alla conferenza è intervenuta l’assessora regionale Lidia Ravera, che ha rimarcato con forza l’impegno dell’ente territoriale nel riaprire teatri in tutto il Lazio, e nel sostenere con un milione di euro il Nazionale romano. Infine l’assessore e vicesindaco Luca Bergamo, che ha spiegato la sua complessa e per molti aspetti interessante visione del sistema teatro a Roma, che si sta, finalmente, ripensando.

Bene, benissimo. Se mettiamo questo racconto assieme ai famosi “sold out” che si leggono ovunque (di cui peraltro si ironizza in rete) sembrerebbe andare tutto a gonfie vele.

Poi però, uscito dall’Argentina, vedo gente alla canna del gas. Attori, attrici, tecnici, danzatori, maestranze, scenografi, costumisti che si arrabattano, letteralmente, per sopravvivere.

Artisti bravi, gente in gamba e motivata, magari con un ricco curriculum o neodiplomati alle tante scuole di teatro, ormai disillusa a tutto, amareggiata, stanca, addirittura cinica e depressa. Le menti migliori della mia generazione, diceva il poeta. Qualcosa non torna, no? E allora che fare?

Mi fa tornare al grande divario cinque-seicentesco tra Commedia dell’Arte e Commedia Erudita. Il teatro a corte, che viveva di splendori, e i comici che morivano di fame. È così?

Per carità, non è un giudizio di merito (per quanto il nostro cuore batta per i comici): il teatro che si fa a “corte” è di assoluto livello, ci piace e ci affascina. Però quel divario sembra sempre più incolmabile. Difficile allora rassegnarsi.

Se la situazione è questa non è detto che non cambi. Lo diceva Brecht: raccontare il mondo per cambiarlo. Così insistiamo, ci ostiniamo.

E con dei colleghi critici e studiosi – Attilio Scarpellini, Sergio Lo Gatto, Graziano Graziani – abbiamo provato a promuovere quella assemblea, il prossimo 25 febbraio, al teatro India, incontrando subito l’adesione e l’attenzione  di Antonio Calbi e Luca Bergamo.

Proviamo, assieme, a discutere di tutto questo e di molto altro: a elaborare domande, a fare ancora una volta progetti. A ritrovare (o forse ricreare) assieme una scintilla di entusiasmo collettivo e individuale.

Ma si profilano già un paio di problemi (sono ben di più, ma intanto parto da questi due).

Intanto la centralità e la specificità di Roma – amiamo questa città sfatta, e vorremmo fosse una capitale europea della cultura – che si intreccia con temi di carattere nazionale, rischiando così di sovrapporre gli uni all’altra. Ma Roma è paradigma di una miriade di situazioni.

Scrivo queste note mentre viene definitivamente sgomberato quel che resta del Rialto, un vivacissimo spazio culturale e teatrale: un’altra perdita per Roma. Sarebbe bello che con la stessa passione, entusiasmo e indignazione con cui si parla del nuovo Stadio si discutesse degli spazi culturali da aprire o ristrutturare e non da sgomberare.

Poi, secondo problema in vista dell’incontro, anche questo di respiro nazionale, è il fatto, ben grave che gli artisti sono brutalmente “sotto ricatto”. Non un ricatto armato, ma quasi. Un sottile, ineluttabile, ricatto “a-morale”: chi discute, chi si lamenta, chi chiede condizioni di lavoro adeguate, viene spesso bollato come “rompiscatole” e lasciato a casa. E le già scarse occasioni occupazionali si riducono al lumicino. Ancora una volta: che fare?

Naturalmente – sono certo di parlare a nome dei colleghi – noi critici siamo a disposizione per farci portavoce di situazioni e di emergenze che i diretti interessati possono far fatica a denunciare.  Non è dilazione: è, semmai, una blanda forma di solidarietà.

Altrimenti, occasioni come quelle del 25 febbraio e molte altre, si perdono nell’inutilità. Non possiamo più permetterci perdite di tempo o sprecare momenti di riflessione e confronto mandandole in vacca preventivamente.

E “far finta di essere sani”, come cantava Gaber, non vale più la pena. Sbaglio? Ecco allora il testo che abbiamo elaborato per l’incontro. C’è anche una mail, per adesioni, domande e riflessioni: preoccupazione2017@gmail.com. Scriveteci.

 

Il Teatro di Roma accoglie l’incontro pubblico con gli artisti e gli operatori della cultura e dello spettacolo della Capitale promosso da Graziano Graziani, Sergio Lo Gatto, Andrea Porcheddu, Attilio Scarpellini (PRE-OCCUPAZIONE – Gruppo di studio e di intervento per il teatro).

L’incontro ha come obiettivo quello di allargare il dialogo fra realtà istituzionali e creatività indipendente, in una città che deve disegnare una nuova prospettiva e una nuova politica culturale, in uno scenario in trasformazione, all’insegna del dialogo e della condivisione. In una città in affanno e che esprime gravi disfunzioni, l’incontro vuole provare a definire con gli artisti alcuni punti cardine di un possibile e nuovo sviluppo culturale della metropoli, nella quale la cultura deve svolgere un ruolo di traino e di rilancio.

Roma deve ridefinire la propria identità e missione tanto a livello locale, quanto a livello nazionale e internazionale. Di questa ridefinizione identitaria la cultura, le arti e i saperi non possono che rappresentare il cuore simbolico.

Qual è oggi il ruolo dell’arte all’interno del sistema generale della cultura? Come avviare un nuovo dialogo fra le istituzioni e le istanze che gli artisti esprimono in ogni epoca?Di quali nuovi spazi e infrastrutture questo sviluppo necessità oggi?

Quali gli spazi a disposizione e quali quelli da riconvertire a questa nuova missione?

Come si deve ridefinire una nuova politica culturale in cui la “crescita” si affianca alla conservazione e alla promozione del patrimonio?

Come possono contribuire ulteriormente a questa ridefinizione di sistema le forme del teatro a Roma?

Quale ulteriore contributo può offrire il Teatro di Roma e a quali ulteriori sviluppi e prospettive può ambire il Teatro Nazionale della Capitale?

Quali le azioni da realizzare affinché la scena romana possa ritrovare nuova vitalità e sviluppo?

Quali strumenti di politica culturale attivare per rispondere alle domande delle generazioni del teatro, che non da oggi chiedono spazi e tempi per la creazione, maggiori opportunità di produzione, di scambio e di confronto tra i linguaggi e le urgenze di questo momento storico? Come rilanciare possibilità di sinergia e crescita che sembrano farsi sempre più rarefatte?

Come rendere meno precaria e legata a accadimenti estemporanei la creatività delle nuove generazioni? Come investire sugli artisti del territorio e evitare la loro dispersione o rinuncia? Come rendere Roma più attrattiva a livello nazionale e internazionale?

Come costruire un sistema plurale di luoghi e interventi diffuso sull’intero territorio metropolitano che abbia nel teatro il proprio volano?

Come immaginare nuove prospettive, non soltanto per la creatività contemporanea degli artisti, ma anche per la loro costante formazione e aggiornamento, anche attraverso scambi e relazioni internazionali meno episodiche e più sistematiche?

Quali strategie immaginare per allargare la partecipazione delle diverse comunità che compongo una città unica al mondo e che oggi appare sempre più frammentata?

È possibile immaginare nuovi incubatori delle imprese artistiche? E’ possibile istituire forme integrate di reddito per gli artisti?

Risulta sempre più vivo il bisogno di raccogliere attorno allo stesso tavolo il maggior numero possibile di artisti, operatori, istituzioni e spettatori, per lanciare insieme una riflessione che possa arricchirsi e rinnovarsi.

L’incontro programmato non avrà la forma di un convegno, sarà invece un momento di dialogo, di denuncia e di proposta. Per arrivare alla formazione di un’assemblea cittadina per il teatro.

L’incontro sarà aperto dal direttore del Teatro di Roma, Antonio Calbi, e chiuso dal vicesindaco e assessore alla Crescita Culturale di Roma Capitale, Luca Bergamo.

 

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