Teatro
Cenacoli Fiorentini, la danza di Virgilio Sieni per abitare il mondo
Ripensare il mondo. Per piccoli episodi, immersi in una confort zone di scarto temporale alla ricerca del proprio sé, in dialogo aperto e curioso con quello degli altri che ci passano accanto, giorno per giorno, incrociando i nostri sguardi, sfiorandoci appena nel cammino serale verso casa, fermi a un semaforo o ad un incrocio, sorpresi ad osservare una piazza mentre si riempie di folla. Un brulichio di uomini e donne vaganti in tutte le direzioni e di cui fermiamo l’immagine nelle nostre retine per pochissimi secondi. Noi e loro, parte di un tutto più ampio di quanto i nostri occhi possano percepire osservando da un lido la linea blu dell’orizzonte. Siamo corpi in movimento che hanno spesso dimenticato l’importanza di un gesto. Il bisogno di riconoscersi da un leggero spostamento della mano, il movimento di una gamba che si piega in avanti, l’allargarsi delle braccia in sincrono con i nostri respiri. Da queste articolazioni possiamo ritrovare noi stessi, valutare lo spazio circostante scrutando chi è accanto. Frammenti di un discorso amoroso che riguardano l’uomo e il suo presente collocato davanti a uno specchio temporale tra passato antico e futuro prossimo. Laddove la Storia è già passata lasciando un segno forte. Succede in “L’ultima Cena” grande adagio popolare allestito in due tempi a Firenze alla fine di luglio, ulteriore tassello di quel romanzo che il coreografo e danzatore Virgilio Sieni sta costruendo, da alcuni anni, assieme ai suoi concittadini. Un dittico pensato e condiviso con corpi fragili. Due importanti tappe dentro dei cenacoli: quello di Andrea del Sarto in posizione periferica e l’altro, nel cuore dell’urbe, di Santa Apollonia con il dipinto di Andrea del Castagno.
In una Firenze infocata, aggredita da temperature torride, questi appuntamenti di danza sono sollievo e ristoro per il corpo e lo spirito, soprattutto. Protagonista l’arte di Sieni, coreografo d’Italia, tra i migliori, contando le dita di una sola mano, e verso il quale in tanti dovrebbero guardare e imparare iniziando dai giovani che continuano a balbettare sui palcoscenici spettacoli sgrammaticati, magari studiando il lavoro di ricerca di questo artista definito da un intellettuale autorevole come Goffredo Fofi “tra i pochissimi capaci tramite il movimento di dar vita a composizioni che parlano ancora dell’‘umano’, delle sue debolezze e fragilità”.
I Luoghi. Perchè i Cenacoli? Ecco le indicazioni.
“Lo spazio del Cenacolo – dice Virgilio Sieni – è fonte inesauribile di ascolti. Induce al profondo e si presta ad essere abitato dalla misura ritrovata dei corpi che lo frequentano. Il luogo colloca la persona in una dimensione di presenza rinnovata, che si rivolge all’attenzione dei gesti, al farsi custodi del respiro. In questo senso, ci trasforma in presenze sensibili allo spazio e a ciò che da vicino diventa lontananza”.
Quello di via San Salvi colpisce per il silenzio in cui è immerso: appena fuori le mura in un’anonima e ordinata via di periferia. La struttura edificata dai frati vallombrosani e dedicata a San Salvi accoglie con un fresco giardino il cui prato è delimitato da un porticato da domus romana dal quale si accede poi allo stanzone del Cenacolo. Aveva solo venti anni il pittore Andrea Del Sarto quando venne chiamato a realizzare “per il monasterio di San Salvi, fuor della porta alla Croce nel refettorio, l’arco d’una volta e la facciata, per farvi un Cenacolo”. Correva l’anno 1511. Per veder completata l’opera occorrerà attendere. Interrotti nel 1518 i lavori ripresero all’epoca dell’ultima Repubblica. Del Sarto potè rimettere mano all’opera nel 1526 per completare il tutto nel giro di dodici mesi. Giorgio Vasari descrisse così il dipinto: “Grandezza, maestà e grazia infinita di tutte le figure”. Ed è davvero sontuoso, figure ben delineate, delicati chiaroscuri. Giuda Iscariota siede alla destra di Cristo, la mano sul petto e l’espressione incredula, mentre riceve dal Salvatore un pezzo di pane. Si racconta che in occasione dell’assedio di Firenze da parte delle armate di Carlo V, nel 1530, venne stipulato un accordo con gli assediati affinché il Cenacolo venisse risparmiato dal tiro degli artiglieri. Austero ma accogliente. Invita al silenzio e alla meditazione. E’ qui che il coreografo ha incontrato persone con diverse storie fisiche dall’Alzheimer all’autismo. Queste diventano sulla scena una “fonte inaspettata di conoscenza e materia che si irrora nel gesto della danza”. Accanto a loro danzatori e “caregivers” agiscono secondo un fare che è ascolto e attesa. E’ un gruppo nutrito di oltre una decina di persone che, risvegliato dal colpo d’archetto dell’eccellente violinista Emanuele Parrini – con grazia e maestria porgerà le colonne sonore originali nelle due serate – dà vita a una tessitura leggera di trame di gesti: sono scambi alla pari e ripetizioni che diventano costruzione coreografica e atto teatrale. La danza prende vita sotto l’imponente affresco a cui l’occhio di chi osserva va costantemente, quasi a individuare il filo di ispirazione e di contatto tra il mondo di ieri e quello di oggi: ed è un movimento che procede lento ma inarrestabile, come il susseguirsi ondulatorio di un moto marino o l’avanzare austero di un Quinto Stato.
Situazione più ricercata ed intima quella condivisa la sera dopo nel cenacolo di Santa Apollonia con l’incontro tra Sieni. Uliano e Mudra, “due corpi conosciuti, incontrati e vissuti che, insieme per la prima volta, lo accompagnano in un viaggio nelle scomposizioni del corpo, nell’uso sapiente dell’appoggio e nella disattivazione degli arti come atto di reinvenzione della figura umana”.
Anche qui è centrale il confronto con la pittura, i suoi volti e gesti per scoprire “un atlante fisico rinnovato e sensibile”. Azioni coreografiche capaci di generare nuove emozioni, conoscenza di altre modalità espressive che possono solo arricchire e dare inedito slancio per costruire un nuovo modo di abitare il mondo.
Anche in questo caso i Cenacoli sono dei formidabili accumulatori di energia. Capsule del tempo che custodiscono grammatiche e linguaggi dimenticati, uno stimolo alla riflessione più profonda sulla natura del nostro essere e le sue potenzialità relazionali. Il Cenacolo di Sant’Apollonia, a poche decine di metri dalla centrale piazza San Marco, ospita un capolavoro assoluto qual’è il dipinto di Andrea del Castagno che incredibilmente venne conosciuto pubblicamente solo a partire dal 1866. Fino a quella data infatti il cenacolo, il primo rinascimentale di Firenze, apparteneva al convento abitato dalle suore di clausura benedettine sin dal 1339. Del Castagno venne chiamato ad eseguire il dipinto nel 1447. L’opera è di quei capolavori che suscitano meraviglia per la perfezione e l’uso dei colori provocando persino la vertigine in chi osserva con attenzione il disegno architettonico che il pittore ideò in questo affresco di forte illusione prospettica. L’Ultima Cena si svolge sotto un pergolato. Attorno a Gesù assisi a semicerchio stanno gli apostoli. Solo, in uno sgabello siede davanti a Cristo colui che lo tradirà: Giuda. Tutti i volti sono dotati di forte magnetismo e trasmettono energia.
Gruppi di insieme a due o più suggeriscono e replicano momenti di pittura sacra. In entrambi gli episodi coreografici si vivono attimi di intensa poesia in quadri e composizioni che ci riguardano in modo diretto e profondo. Non è un caso, d’altra parte, che i cenacoli siano luoghi di condivisione e incontro, chiave per accedere a conoscenza e rapporti interpersonali e far nascere sentimenti di compassione, misericordia e tolleranza. Questa è una delle vie possibili perché l’umanità possa ricomporre le proprie fratture e lenire le ferite. Nella sera che avanza un ultimo raggio di luce filtra dai finestroni del Cenacolo di Santa Apollonia illuminando la scena mentre, al termine di un pas a deux, Uliano, Mudra e Virgilio formano una emozionante composizione a tre. La luce sciabola la scena avvolgendola in una atmosfera inattesa quasi mistica.
Ognuno dei Cenacoli prescelti suggerisce e accompagna la genesi coreografica . Sempre uguale sempre diversa. Identica strategia di costruzione, diverse le linee di fuga. Dipende dai corpi, dalla sensibilità. E tantissimo, naturalmente, dal cuore.
Virgilio Sieni è una presenza/assenza che mette se stesso in una posizione di baricentro prospettico tra il dipinto sulla grande parete e gli altri danzatori. Sempre presente, dai movimenti armonici e aerei se si tratta di guidare un passo a tre o a quattro, restando concentrato nei casi più difficili. Eppure capace di scomparire quando i danzatori come uccelli che abbiano rotto l’uovo compiono i primi timidi passi in sorvegliata solitudine. Coadiuvato da bravissime danzatrici (Delfina Stella e Maria Vittoria Feltre a Sant’Apollonia, e con Agnese Lanza a San Salvi) l’artista lascia che la costruzione coreografica raggiunga il climax giusto provocando lievitar di cuori ed emozioni tra gli spettatori. E’ l’energia dolce di Sieni. La danza che fa tornare la vita. Sfidando le leggi fisiche, quelle dello spazio tempo mostra un altro modo possibile di abitare il mondo. È una avvolgente ragnatela di sensazioni: quasi una corrente elettrica che dalla agibilità sacra dei luoghi conduce allo sguardo dei commensali che appaiono essi stessi testimoni partecipi di un miracolo in progress. Risucchiati in questa sorta di vortice emozionale pure gli spettatori sono catapultati in realtà e universo altri, diventando tutt’uno in un inedito paesaggio d’arte, parti di un elemento coreografico, anche. Il coreografo fiorentino entra così leggero nella dimensione sacrale, sociale e solidale senza per questo rinunciare alla ricerca sulla spazialità, sul gesto e la traduzione in danza e coreografia di tutto ciò che è elemento pittorico.
Ma questo è anche e soprattutto un atto fortemente politico che riguarda direttamente le scelte di chi partecipa in questi gruppi (siano di quindici e più o anche di soli tre): qui si incontrano e a partire dal proprio corpo trovano un altro modo di stare nel mondo sperimentando le proprie espressioni. Uomini e donne, anche di diverse età mescolati in modo eterogeneo, cambiano il paesaggio vivendo il proprio territorio nel quotidiano, scoprendo nuove gestualità e relazioni. La libertà inizia dal proprio corpo. Prestando attenzione ai gesti utilizzati ogni giorno, dal lavoro al tempo libero o per comunicare con i nostri simili, ma anche quelli ritratti nei personaggi dipinti nei cenacoli così si costruisce una coreografia collettiva: e questa altro non è che comunicazione, partecipazione e presa di coscienza. Un atto concreto di cittadinanza attiva.
19 Luglio
CENACOLO DI ANDREA DEL SARTO
via di San Salvi, 16 – Firenze. Coreografia e regia: Virgilio Sieni con:Virgilio Sieni, Delfina Stella, Maria Vittoria Feltre, Agnese Lanza, Luca Carli Ballola, Franco Gentile, Mariella Celsan, Patrizio Pampaloni, Riccardo Aglietti, Francesco Frittelli, Lucy Taviani, Gabriele Tacconi, Barbara Padovani . Musica dal vivo: Emanuele Parrini
20 Luglio
CENACOLO DI SANT’APOLLONIA
via XXVII Aprile, 1 – Firenze. Coreografia e regia: Virgilio Sieni con: Virgilio Sieni, Uliano Vescovini, Mudra Patel. Musica eseguita dal vivo: Emanuele Parrini
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