Teatro

Biennale, i Leoni alla carriera a Elizabeth LeCompte e Ursina Lardi

30 Gennaio 2025

VENEZIA _ Elizabeth LeCompte e Ursina Lardi sono i nuovi Leoni alla carriera della Biennale Teatro di Venezia. Americana la prima, regista e fondatrice del Wooster Group, riceverà quello d’oro, mentre alla seconda, attrice e autrice e di origine svizzera sarà attribuito quello d’argento. Così ha stabilito il Consiglio di Amministrazione della Biennale accogliendo le proposte del nuovo direttore Willem DafoeElizabeth LeCompte, artista innovativa e sperimentale di fama è una figura di spicco della scena contemporanea a stelle e strisce. Nata nel New Jersey (1944) fonda a New York nel 1975, assieme a Spalding Gray (entrambi già componenti del mitico The Performance Group) il Wooster Group stabilendo la propria sede in uno spazio post industriale a Soho ribattezzato “The Performing Garage” giusto per comunicare l’idea di una officina di sperimentazione. La compagnia nasce sulla scia di ensemble famosi come il Living Theatre di Julian Beck e Judith Malina come l’Open Theatre di Joseph Chaikin. Stessa temperie culturale e politica, cementata dalle proteste pacifiste contro la guerra del Vietnam, ma Wooster Group si distacca da quelle formazioni per originalità. I loro lavori infatti metttono insieme performance e tecnologia multimediale in cui vengono utilizzati diversi media, dalla danza alla pittura, la musica e le tecniche digitali ricostruendo in modo nuovo spettacoli teatrali, anche classici dall’”Amleto” shakespiriano alla “Madre” di Bertolt Brecht. Ma il laboratorio produsse anche performance come “A Wing and a Prayer” di LeCompte e “Sakonnet Point” scritto e diretto da Gray e Elisabeth LeCompte. Un altro spettacolo farà parte in seguito della trilogia “Rhode Island” con “Rumstick Road” (1977) e “Nayatt School” (1978), che segna nei fatti la rottura con Richard Schechner direttore del Performance Groupe e il rafforzamento del Wooster Group a cui aderirono anche alcuni membri del Performance Group.

Un’immagine della regista americana Elizabeth LeCompte fondatrice di The Wooster Group che riceverà a Venezia il Leone d’oro alla carriera nell’ambito di Biennale Teatro

Gray e LeCompte, infatti influenzati dal lavoro di Foreman e Wilson, “svincolano la performance dalla contestazione ideologico-politica di ascendenza brechtiana e la riscrivono vestendola di sfumature socio- culturali. The Wooster Group va oltre l’ideologia, dentro l’idea uomo, inserisce elementi nuovi nel corpus della struttura antropologica della performance, creando una sorta di corpo mobile che fluisce all’interno delle diverse performance in una sorta di affresco teatrale in continua evoluzione. Gray e LeCompte compongono un linguaggio alternativo al realismo extra-quotidiano del post-moderno” (Anna Sica in “Cultural Studies.it” richiama Aronson 2000).

Sono oltre la cinquantina gli allestimenti di questa compagnia, attiva dalla fine dei Settanta ad oggi. Opere famose come “North Atlantic”, “L.S.D (Just the High Points”), “La Didone” del 2009, prima produzione operistica diretta da LeCompte, e il tributo a Kantor “Pink Chair” (2016). Ma anche “Brace Up!” basato sulle “Tre Sorelle” di Cechov fino al recente “Symphony of Rats” di Richard Foreman in scena proprio in questi giorni fino a sabato 31 gennaio (tutto sold out dal 7 gennaio) nello spazio della compagnia “The Performing Garage”. Questo spettacolo inaugurerà il 31 maggio, in prima europea, il programma della Biennale di Venezia nel Teatro alle Tese, presso l’Arsenale.

Elizabeth LeCompte, è considerata un vero punto di riferimento per il teatro contemporaneo. Le sue opere, un punto focale del confronto tra ricerca e tradizione in cui ogni allestimento sfida le convenzioni mettendo al centro il corpo dell’attore in dialogo con la tecnologia.

Un momento di “Brace Up!” messo in scena da The Wooster Group con la direzione di Elizabeth Le Compte che mette insieme linguaggio del corpo e tecnologia (dal video dell’opera)

Integrando i codici della musica, della pittura, della danza e dei media – così si legge nella motivazione – Elizabeth LeCompte compone lavori accolti con grande favore da pubblico e critica mondiali o anche duramente discussi, ma che connotano sempre più quello che sarà un punto di riferimento del teatro d’avanguardia attraverso i decenni. A partire dagli anni Settanta e Ottanta, Elizabeth LeCompte ha saputo influenzare la creazione teatrale aprendola al dibattito politico e culturale, in un percorso coerente e caparbio, frutto di studio approfondito, di tecnica innovativa – sempre incentrata sull’integrazione della tecnologia moderna con l’arte fisica dell’attore, all’interno di una mise en scène di sua ideazione”.

Nel corso della sua attività LeCompte ha ricevuto importanti riconoscimenti come il MacArthur Fellowshi, il titolo di Chevalier des Arts et des Lettres in Francia, il prestigioso Dorothy and Lillian Sish Prize nel 2016 e adesso il Leone d’oro alla carriera alla Biennale. Importante riconoscimento a questa straordinaria artista che è stato proposto dal direttore Dafoe. Lo stesso attore che LeCompte incontrò giovanissimo (Dafoe aveva 22 anni mentre LeCompte 33 ) nel Performance Group e con il quale iniziò una lunga storia professionale – entrambi tra i fondatori del Wooster Group– e sentimentale, con il corollario della nascita di un figlio, Jack, nel 1982.

Un momento di “Symphony of Rats” lo spettacolo che The Wooster Group, regia di LeCompte, presenterà in prima europea a Venezia a Giugno (foto di Angel Origgi)

La relazione durò tre decadi, dal 1977 al 2004, anno in cui si separarono. La scelta di indicare la LeCompte al Leone d’oro ha inevitabilmente innescato perplessità e critiche nell’ambiente teatrale (i due artisti americani sono appunto separati da oltre un ventennio e Dafoe è coniugato dal 2005 con la regista e attrice italiana Giada Colagrande): ma non si può certo pensare che il riconoscimento  non sia giusto e dovuto anche per via dell’importante eredità culturale che questa artista lascia alle generazioni future. Per capire lo sguardo e la capacità di andare oltre di Elizabeth LeCompte leggere questo suo pensiero raccolto dal critico del “New Yorker” e collaboratore di “The Paris Review” Hilton Als rilasciata nel marzo del 2017. Così la teatrante definisce il suo lavoro. “Amo il naturalismo e il realismo, ma penso al teatro come a una tela tridimensionale dove tutto può accadere, dove le cose possono essere fuori da un ordine “naturale”. Voglio creare un’atmosfera che trascenda la vita ordinaria”.

Radicalità ed empatia” è la definizione scelta da Willem Dafoe per raccontare in poche parole la carriera di Ursina Lardi, l’artista svizzera a cui andrà il Leone d’argento. Non solo attrice teatrale ma anche protagonista di primo piano nel cinema e in serie televisive di successo. Considerata attualmente una delle migliori in Svizzera sua terra d’origine. Nasce nel 1970 a Samedan ma cresce nel cantone italiano dei Grigioni dove inizia la sua carriera teatrale fin da giovanissina. A ventidue anni è a Berlino per studiare all’Accademia drammatica “Ernst Busch”. Dopo gli studi ottiene delle parti in opere presentate in diversi teatri. Dal Maxim-Gorki-Theater di Berlino allo Schauspielhaus di Düsseldorf, lo Schauspiel Frankfurt e di Hannover, il Deutsches Schauspielhaus Hamburg e il Berliner Ensemble.

L’attrice svizzera Ursina Lardi a cui sarà consegnato a giugno a Venezia il Leone d’argento alla carriera della Biennale Teatro (Foto di Debora Mittelstaedt)

A partire dal 2012 entra a far parte in pianta stabile della compagnia della berlinese Schaubühne. Ha raccolto critiche positive e successo di pubblico per serie tv come “Tatort”, ha interpretato il ruolo della baronessa Marie Luise in “Il nastro bianco” di Michael Haneke. A teatro ha lavorato con Thomas Ostermeier, Luk Perceval, Alvis Hermanis e Milo Rau con il quale debutterà a giugno 2025 in “Die Seherin” (“La veggente”) a Vienna e a Venezia. Di lungo corso la sua collaborazione aon il regista e drammaturgo Thorsten Lensing. Numerose le interpretazioni anche in campo cinematografico e televisivo dove spiccano i nomi di registi come Volker Schlöndorff in “Der namenlose Tag, Cate Shortland in “Lore”.

Ursina Lardi incarna -è scritto nella motivazione del riconoscimento del Leone d’argento – “le mille sfumature di un’epoca giunta al disperato tracollo e svela al tempo stesso le possibilità di una resistenza non solo artistica, ma politica e umana”.

Attrice dalla cifra sempre intensa Lardi è “disponibile a mettersi in gioco, aderendo a piani registici di diversa prospettiva -così recita ancora la motivazione – Ursina Lardi sta connotando in chiave sempre più autorale la propria creatività d’attrice. In tutti i personaggi che ha affrontato -da Lulu di Wedekind alla Salomè di Einar Schleef, da Maria Braun di Fassbinder a Ljuba del “Giardino” cechoviano, a molti altri- Ursina Lardi ha avuto l’infinita grazia e la dolorosa consapevolezza di connotare di grande umanità ogni singola battuta, ogni sfumatura di testi, siano classici o contemporanei. Il suo stare in scena dà al suo corpo la forza di diventare non solo meccanismo teatrale assoluto, ma anche testimonianza e forse sfida, corpo politico per eccellenza”.

Ursina Lardi sarà in scena in prima italiana per il 53. Festival Internazionale del Teatro giovedì 12 giugno con “Die Seherin (La veggente)”, di cui è autrice insieme a Milo Rau (in replica venerdì 13 giugno)

L’attrice svizzera Ursina Lard, Leone d’argento della Biennale Teatro di Venezia in una scena del film giallo “Der Namenlose Tag” del regista tedesco Wolker Schlondorff
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