Teatro
Biennale, ecco la danza scelta da Wayne McGregor
VENEZIA _ Il grande mistero della vita umana, la complessità dell’esistenza a cominciare dal nostro corpo. Questi sono gli oggetti di indagine dle diciottesimo festival internazionale di Danza Contemporanea a Venezia dal 18 al 3 agosto cotto la direzione per il quarto anno del coreografo britannico Wayne McGregor che a pochi giorni dall’inizio di Biennale Danza si ritrova confermato per le altre due prossime edizioni. A stabilirlo è stato il Consiglio di Amministrazione presieduto da Pietrangelo Buttafuoco che a questo proposito ha dichiarato che “Wayne McGregor è riuscito a costruire per la Biennale Danza un progetto di grande respiro, mettendo in campo una sensibilità straordinaria che guarda con attenzione alle generazioni più giovani nella scena del mondo. Vederlo all’opera in queste ultime settimane, studiarne la stupefacente immaginazione e la fatica sua di Maestro nella esclusiva scuola qual’è il College di Biennale Danza, mi ha permesso di capire che il suo lavoro merita altro tempo per consolidare pratiche e visioni importanti per la nostra istituzione”.
Una estate davvero ricca di sorprese questa di Wayne McGregor che lo scorso 15 giugno ha ricevuto la nomina di baronetto da Sua Maestà Re Carlo III “per il suo contributo pionieristico nel campo della danza”. Lo scorso 21 giugno ha presentato in prima mondiale a Montplellier Danse il nuovo lavoro “Deepstaria” con la sua compagnia e subito dopo anche il debutto alla Metropolitana Opera House di New York di “Woolf Work” con Oliver Award e ospite d’onore Alessandra Ferri. Nel novembre 2024 infine McGregor porterà in scena la visione post-apocalittica di Margaret Atwood nel balletto in tre atti “MADDADDAM”, in prima europea alla Royal Opera House di Londra.
Felice di continuare a lavorare a Venezia McGregor ha dichiarato che “Nei prossimi due anni continueremo la nostra missione di investimento nei nuovi talenti della danza contemporanea, dando spazio alle loro voci attraverso Biennale College e i nostri programmi di formazione pensati ad hoc. Non vedo l’ora di lavorare con la brillante squadra della Biennale per portare avanti una visione potente e in continua trasformazione della danza oggi”.
Calandosi più precisamente nei panni di direttore artistico della Biennale Danza, che questo anno ha intitolato la sua programmazione “We Humans”, Sir McGregor ha spiegato che “Per migliaia di anni, Noi Umani abbiamo comunicato muovendo i nostri corpi a ritmo, insieme. Abbiamo implorato gli dei perché ci dessero il sole e la pioggia, abbiamo mostrato la forza bruta in temibili unisoni, abbiamo ostentato il nostro amore, stuzzicato la fertilità, celebrato le gioie e i dolori condivisi su questa terra e ci siamo lanciati verso l’estasi, liberandoci dal dolore della morte. Tuttavia, non c’è più bisogno che lo facciamo: disponiamo di molti modi, artificiali e digitali, per comunicare i nostri desideri, le nostre riflessioni, le nostre emozioni e le nostre intenzioni. Per attrarre, esplorare e nutrire la connessione autentica, l’intimità. Eppure persistiamo. Perché la danza è sempre dentro di noi. Questa modalità espressiva, questa via di mezzo, è talmente immediata, risonante, versatile e potente che le parole da sole non potranno mai sostituirla. Infatti, quando non ci sono parole – ovvero quando i nostri sentimenti sono troppo forti, troppo complicati, troppo pesanti da sopportare – troviamo il sollievo e la consolazione attraverso il corpo: sia nel tocco curativo degli altri, sia attraverso il nostro movimento mentre corriamo, ci agitiamo, ci allunghiamo, respiriamo, danziamo. Noi Umani siamo movimento”.
Più precisamente, riferendosi alla programmazione il coreografo inglese ha spiegato come “Questo quarto anno come Direttore del Settore Danza della Biennale di Venezia culmina in un festival epico che esplora la natura stessa di ciò che significa essere umani. Un’eterna indagine che per millenni ha impegnato sacerdoti e poeti, filosofi e politici, scienziati e artisti, ognuno dei quali ha tentato, a modo suo, di mappare e raccontare, di individuare e disfare, di teorizzare e percepire la vastità dell’esperienza umana. Eppure Noi Umani in qualche modo ancora non riusciamo a cogliere il tutto, il paesaggio è troppo macro o forse la sua portata può essere compresa solo da una moltitudine di individui che collaborino tra di loro nell’interpretazione dell’infinito. Da un’intelligenza collettiva che illumini tutti, da uno sguardo condiviso che permetta al pianeta di vedere”.
A questo proposito McGregor ha precisato che “tutti gli artisti e le compagnie di quest’anno adottano il mezzo della danza come atto filosofico di comunicazione, mettendo alla prova i fondamenti della nostra conoscenza, sfidando le nostre nozioni di realtà ed estendendo la comprensione della nostra esistenza. Attraverso il loro lavoro ci sollecitano a chiederci da dove noi veniamo e dove siamo diretti, sondando il fulcro dell’essenziale, il cosa e il perché della sensibilità”.
Cinque sono i filoni su cui ha lavorato la Biennale 2024: Live, Film, Installazione, Biennale College, Collaborazioni, Incontri/Workshop. Questi i Leoni della Danza. Leone d’oro alla carriera va all’italiana Cristina Caprioli. “Danzatrice, coreografa, teorica sperimentale, accademica e curatrice, le sue opere promuovono un’idea di coreografia come “discorso critico in continuo movimento”, nell’ambito del quale l’atto creativo non è mai disgiunto dalla riflessione.
“Caprioli – ha spiegato McGregor– utilizzerà i luoghi di Venezia e Mestre come tele per i suoi incontri fortuiti, gli scambi intimi, le aperture teoriche e le miniature sensibili al luogo. Siamo lieti di presentare tre dei suoi lavori più recenti e stimolanti, “Deadlock” (il 18 alle 17 e il 25 alle 15 e il 26 alle 18 , il 27 alle 18, il 28 alle 18, il 1 alle 15, il 2 alle 15 e il 3 alle 15 al Teatro alle Tese) “Flat Haze” (prima italiana il 23 alle 18 (Sala d’armi E) fino a sabato 3 agosto dalle 11 alle 19/20 escluso il 29 luglio) e “Silver” (il 27 alle 18,il 28 alle 18 a Forte Marghera. Il 19 luglio alle 12 e alle 14, il 21 alle 12 in via Garibaldi prima assoluta di “The Bench”.
Leone d’argento è invece Trajal Harrell che presenta due opere di forte impatto emotivo per ambienti diversi. “Sister or He Buried the Body” – che inaugura il festival il 18 alle 15 e alle 18 (Arsenale, Sala d’armi E) e in replica l’indomani alle 16 e alle 19, è un assolo ferocemente personale per/da Harrell stesso, eseguito in un contesto intimo e ravvicinato, mentre “Tambourines” (prima italiana il2 e il 3 alle 18 a Tese dei Soppalchi) una versione cruda e spoglia de “La lettera scarlatta” di Nathaniel Hawthorne vede la compagnia di Harrell immergersi nei temi della razza, del genere e della politica nell’America coloniale.
Un nuovo modo di sperimentare la danza ai tempi dell’Intelligenza artificiale è offerto anche dalla formazione taiwanese Cloud Gate, che festeggia i suoi cinquant’anni con la danza cosmica di “Waves”, concepita dal coreografo Cheng Tsung-lung con l’artista digitale Daito Manabe. I movimenti dei danzatori, tradotti in dati informatici, sono rielaborati dall’IA e trasmutati in nuove forme danzanti in dialogo con i danzatori in scena. (prima europea il 18 e 19 luglio alle 21 al teatro Malibran). Il progetto punta a raccogliere i movimenti del corpo danzante come dati digitali, riutilizzati poi attraverso l’intelligenza artificiale “mettendo in primo piano una prospettiva alternativa di come vediamo il mondo attorno a noi”.
Lungo l’intero arco del festival si vedrà “De Humani Corporis Fabrica” film/installazione di Véréna Paravel e Lucien Castaing-Taylor, registi e antropologi che firmano documentari sperimentali. McGregor afferma che “per tutta la durata della Biennale Danza 2024, il lavoro sperimentale di questi eccezionali registi e antropologi fornirà la spina dorsale emotiva e riflessiva di We Humans ”. Debutto il 19 alle 14 nella Sala d’Armi A (fino a sabato 3 agosto, dalle 11 alle 19/20 escluso il 29 luglio).
“Natural Order of Things” della compagnia indipendente con sede a Barcellona del libanese Guy Nader e la catalana Maria Campos è il nuovo lavoro inteso come “un’ode alla vita e alla sua fragile atmosfera”, un incontro fra danzatori che impiegando schemi di movimento ripetitivi e ciclici, evoca un’atmosfera ipnotica che altera la nostra percezione visiva trasformandola in un paesaggio di entità viventi (Teatro alle Tese il 19 luglio alle ore 18. replica il 20 alle 15) Seguirà una conversazione con gli artisti.
Vincitrice del nostro bando internazionale per nuovi progetti d’eccezione, la regista, artista visiva, specializzata nell’installazione e danzatrice contemporanea argentina Melisa Zulberti sfida le convenzioni attraverso il suo lavoro multimodale e socialmente consapevole. L’innovativo progetto interdisciplinare “Posguerra”, una riflessione sul concetto di tempo, ideato ad hoc per la Biennale (Tese ai Soppalchi, il 20 luglio alle 17, il 21 alle 21).
La compagnia di Alan Lucien Øyen sbarca per la prima volta in laguna con la sua interpretazione del vuoto crescente tra il mondo e gli esseri umani, tra la natura e noi stessi, attraverso la danza, il Butō e il teatro contemporaneo. “Still Life” (una co-commissione della Biennale Danza) è un’opera che si rivela per mezzo della bellezza e della natura. O, come afferma Øyen, è “un tentativo di riconnettersi con il nostro io poetico”. Interpreti: Daniel Proietto e Mirai Moryama. Regista, coreografo e artista, esponente di punta del Nord Europa, Alan Lucien Øyen è uno dei due coreografi chiamato a creare per il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, oltre che coreografo stabile all’Opera e al Balletto nazionale norvegese e fondatore di un collettivo di artisti, “winter guests”. (Teatro alle Tese, 23 luglio ore 21, il 24 alle 17).
La danza cyborg della svizzera Nicole Seiler apre nuove strade e pone nuovi interrogativi. In “Human in the Loop” la Seiler sottopone a uno “stress test” l’IA, provando a farne l’innesco del processo creativo con i danzatori in scena. Vengono superati i confini tra l’umano e l’artificiale, per esplorare il corpo tecnologico e il corpo biologico (Tese dei Soppalchi il 24 luglio alle ore 19).
All’incrocio fra danza contemporanea e radici afro si colloca la ricerca del coreografo colombiano e attivista Rafael Palacios, allievo di Germaine Acogny e Irène Tassembédo, che in vent’anni di carriera ha affermato la diversità della danza afro-colombiana. Con la sua compagnia Sankofa Danzafro, per la prima volta in Italia, Palacios presenta “Behind the South: Dances for Manuel”, ispirato al romanzo epico di Manuel Zapata Olivella, “Changó, el Gran Putas” (Piccolo Arsenale 24 luglio, ore 21, il 25 alle ore 19).
In anteprima italiana (una co-commissione della Biennale Danza) e prima opera teatrale in otto anni dell’artista giapponese che sfida i generi Shiro Takatani (fondatore di Dumb Type), “Tangent” esplora il tema dello spazio liminare. Radicata nell’interrelazione tra arte, scienza e tecnologia, è un’opera scenica serena, bella e drammatica, che trascende con destrezza il confine tra arti visive e performative (Teatro Malibran: 25 e 26 luglio ore 21).
Biennale College coreografi. “Lethe-A search for the Waters of Oblivion” un lavoro immersivo di Dorotea Saykaly; “This was meant to find you” di Enrique López Flores & Javier Ara Sauco con Sofia Baglietto, Daniele Bracciale, Somer February, Piera Gentile, Kannen Glanz, Victoria Martino Troncoso, Francesco Polese, Alberto Serrano Musica Alex Aller, Javier Ara Sauco. Costumi Marantico; luci Irene Ferrer (Isolotto-Arsenale. 26 luglio e 28 luglio alle ore 21).
Cinema d’animazione, teatro, musica, danza sono compresenti in “Antechamber”, operadegli artisti e musicisti Romain Bermond e Jean-Baptiste Maillet, noti come Stereoptik. Lo spettacolo è il “making of “di un corto, che narra il risveglio alle meraviglie del mondo di un ragazzo, e immerge il pubblico nel prender forma delle idee, nel materializzarsi di un personaggio, nell’evolversi di una storia, svelando il processo creativo della coppia. (Teatro del Parco di Mestre, 27 e 28 luglio alle ore 21).
Il duo Miller de Nobili (MdN), vincitore del bando nazionale per una coreografia inedita, con una visione che mescola break dance, danza contemporanea e danza urbana a tecniche teatrali, presenterà “There Was Still Time”, ispirato al mondo di Samuel Beckett (Tese dei Soppalchi, il 30 luglio alle 18, il 31 alle 15).
Noemi Dalla Vecchia e Matteo Vignali, alias Vidavé, anche loro vincitori del bando nazionale per una nuova coreografia, scavano nel passato con “Folklore Dynamics”, fra storie, proverbi, giochi, superstizioni e gesti delle diverse tradizioni che prendono forma nel movimento (Piccolo Arsenale, 30 luglio alle 21, il 31 alle 15).
Pioniere audace e vulnerabile del teatro hip hop e in seguito fotografo, Benji Reid mescola immagini afrofuturiste con racconti della propria vita che colpiscono nel segno. Combinando fotografia, coreografia e teatro penetrante nell’intento di creare immagini surreali in tempo reale, Reid ha inventato un nuovo sorprendente mezzo di espressione fisica. “Find Your Eyes” s’ispira alla sua vita – esplorando vulnerabilità, tragedia e successo attraverso la lente del fotografo. Coreografando tre performer, Reid trasforma il palcoscenico nel suo studio fotografico (Teatro alle Tese, 31 luglio alle 17 e 1 agosto alle 18).
Riattiva invece il mito classico “Ruination”, che la compagnia britannica di teatro danza Lost Dog, per la regia e la coreografia del fondatore Ben Duke, porta in scena con spirito anticonformista e in chiave contemporanea. Il mito di Medea trova espressione in un dramma giudiziario, riscritto con fantasia e umorismo in un mix di danza, musica, teatro (Teatro Malibran, 1 agosto, ore 21).
“We Humans are Movement” è infine la nuova creazione di Wayne McGregor pensata per la Sala Grande del Palazzo del Cinema al Lido e realizzata in collaborazione con gli stessi danzatori del College unitamente ai componenti della Company Wayne McGregor. (Palazzo del Cinema, 2 e 3 agosto alle ore 21).
Come ogni anno il festival sarà accompagnato da laboratori per specialisti ma anche aperti a tutti con alcune delle compagnie ospiti. Incontri e conversazioni permetteranno di avvicinare il pubblico agli spettacoli in programma. Infine, Indigo Lewis e Ravi Deprees, maghi dell’obiettivo fotografico l’una e del video il secondo, testimonieranno lungo l’intero arco del festival, compagnie e artisti invitati per l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale.
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